Pulizia delle argille fossili

Principi di funzionamento, manutenzione, modifica e autocostruzione dei microscopi e dei loro accessori

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Guido Gherlenda
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Pulizia delle argille fossili

Messaggio da Guido Gherlenda »

Per il lavaggio dell’argilla ci sono moltissimi metodi, quello che ho scelto esclude prodotti perticolarmente pericolosi e impiega quanto si può facilmente reperire e a prezzi modici.

Per questo esempio ho utilizzato dell’argilla di Cefalonia, si presenta con un'alta percentuale di limo sottilissimo e particolarmente adesivo che impedisce di visionarla agevolmente al microscopio così com’è.

Nella prima fase cercheremo di disgregare l’argilla, i sistemi più semplici sono due: lasciarla immersa in acqua per un giorno o più miscelando ogni tanto oppure bagnarla con acqua ossigenata, 30 volumi sono più che sufficienti, non è un prodotto particolarmente pericoloso, in ogni caso agiremo all’aperto ponendo il nostro contenitore in un posto dove un’eventuale fuoriuscita di liquido non causi danni, occhiali e guanti sono di buon senso, per i vestiti dipende solo da che moglie avete.

Bagnate l’argilla con l’acqua ossigenata a piccole dosi distanziate una dall’altra, sino a coprirla, la reazione inizia dopo qualche minuto spesso con un vistoso aumento di volume dipendente dalla composizione dell’argilla.
Vasi.jpg
Con acqua ossigenata i tempi vanno da un paio d’ore a una giornata a seconda della composizione e compattezza.

Per il prossimo passo utilizzo due metodi a seconda della quantità di prodotto, in questo caso ho cercato di perderne il meno possibile vista la difficoltà di reperirne altro, mi sono costruito un cilindro con acqua in ingresso dal fondo ed scarico in altro, con un debole flusso le particelle finissime si portano in alto e fuoriescono lasciando pulite le parti più pesanti, pochi litri sono stati sufficienti per una buona pulizia, ho racccolto per sedimentazione anche lo scarto per verificarne l’inutilità.

Un altro sistema molto valido è utilizzare un sacchetto in tessuto sottile o meglio ancora in tessuto non tessuto, si avvolge il materiale e si stringe la pezza attorno ad un tubo connesso ad un rubinetto, una portata d’acqua moderata farà uscire solo le parti più sottili, questo sistema è validissimo in presenza di quantità notevoli di materiale.
E’ possibile utilizzare anche un setaccio molto sottile, inferiore a 100 micron, e aiutarsi con acqua e pennello, nel caso di materiali molto collosi però non è facile, il filtro si intasa facilmente e l’azione meccanica del pennello può rovinare i soggetti più delicati.

Dopo il lavaggio le particelle responsabili della “collosità” saranno eliminate e quanto resta si presenta sciolto, mettiamo il tutto su un foglio di cartone sotto il sole o in forno a 60-70 °C.

Se abbiamo operato bene il nostro campione una volta asciutto non presenta agglomerati.
Adesso dobbiamo dividerlo in base alla gralumetria, una serie di filtri con fori da un millimetro sino a 100 micron sarà più che sufficiente (Andeacos mi ha suggerito le serie di filtri per la separazione delle artemie saline, spesso sono dei set da 4 setacci reperibili nei negozi di acquariofilia o in rete).
Con una prima osservazione di verifica la pulizia, nel caso si può fare un ulteriore lavaggio con acqua ossigenata e risciacquo in acqua distillata prima di ripetere l’essicazione, oppure se la ricerca è rivolta solo a scheletri silicei, spicole, radiolari o diatomee per esempio, si possono eliminare i carbonati con comune acido cloridrico diluito per uso domestico.
Grezzo-scarto.jpg

Nell’immagine la quantità di partenza e la parte più sottile, con consistenza simile a cipria, priva di soggetti interessanti.

Così si presentano al microscopio le parti dopo il passaggio nei vari setacci:
Pesi granulometrie.jpg
La vagliatura può essere semplificata, dipende da cosa si cerca e dal tipo di materiale, per i microfossili di Volterra ho utilizzato 3 setacci, con l’argilla di Cefalonia, con il senno di poi, sono sufficienti quello da 350µm e 70µm, comprendono la granulometria con i soggetti più interessanti.

Le parti al microscopio, tutte riprese con lo stesso ingrandimento:
granulometrie2.jpg
Appare evidente che solo una piccola parte è utilizzabile per le osservazioni, in questo caso la parte più interessante è quella compresa tra i 600 e i 70µm pari a 3.4 gr. l’1.89 %, questo dato rende bene l’importanza del lavaggio e vagliatura, nel materiale grezzo è cercare un ago nel pagliaio, l’aspetto qualitativo è incomparabile, senza questa procedura è quasi impossibile avere dei soggetti isolati e privi di sporco.

Nel caso di materiali già sciolti come la sabbia di mare sarà sufficiente solo un breve lavaggio lasciando semplicemente decantare, importante per impedire la formazione di cristalli di sale, l’ultimo risciacqua lo faccio sempre con acqua distillata per aumentare la brillantezza, una buona essicazione e semplice setacciatura.

Le percentuali delle varie parti sono:
Dati.jpg
Nel caso di materiali già sciolti come la sabbia di mare sarà sufficiente solo un breve lavaggio lasciando semplicemente decantare, importante per impedire la formazione di cristalli di sale, l’ultimo risciacqua lo faccio sempre con acqua distillata per aumentare la brillantezza, una buona essicazione e semplice setacciatura.


Per il nostro uso semplicemente amatoriale i risultati sono buoni senza molto dispendio di tempo, eventuali accessori per semplificare il processo sono semplici e poco costosi ma direi inutili, salvo la soddisfazione di pensarli ed utilizzarli.

Dopo tutto questo lavoro finalmente possiamo dedicarci all’osservazione e riconoscimento:
spicola+foraminifero.jpg
Una spicola, parte scheletrica di una spugna, illuminazione con condensatore episcopico, e un foraminifero con lo scheletro molto simile al guscio di una chiocciola.
foraminifero+globigerina.jpg
Un piccolissimo foraminifero e infine una globigerina, purtroppo non sono stato in grado di rendere la trasparenza vitrea di questo organismo.
Guido Gherlenda
45°46'38.85"N 12°28'59.46"E
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