Lo spettroscopio e la microscopia
Inviato: 30/03/2015, 0:02
La spettrografia è una branca dell’Ottica che ha diversi punti di contatto con la nostra microscopia, così come li ha, e molto stretti, con l’astronomia.
Ma, per ora, limitiamoci a guardarla con interesse, cercando di carpirne i segreti, divertendoci ed appagando la nostra curiosità. Poi, vedremo come interferisce con la microscopia.
Ogni sorgente di luce è formata da uno o, più spesso, da più colori che si mescolano fra loro in quella che noi, molto semplicemente, chiamiamo luce.
Ma questa luce può, in qualsiasi momento, venir di nuovo scomposta nei suoi colori fondamentali, ad opera di un semplice prisma di vetro, o meglio, da una griglia di diffrazione.
E’ questa un semplice pezzo di plastica, con su incisi dei solchi fra loro paralleli e che hanno la proprietà di riflettere la luce con un angolo diverso e dipendente dal suo colore.
In questo modo, se la sorgente di luce è formata solo da alcuni colori base, scomponendola vedremo solo i colori originali che l’hanno formata, se invece la luce è bianca ed ottenuta da un oggetto incandescente (sole, candela, lampadina, ecc.), la sua scomposizione formerà una specie di arcobaleno, in cui saranno presenti tutti i colori visibili e non, dall’infra rosso, agli ultra violetti.
Queste poche nozioni formano la base della spettrografia, ma gli utilizzi reali sono poi innumerevoli ed utilissimi.
Infatti, se nella sorgente incandescente che genera la luce vi sono particolari sostanze chimiche, queste daranno origine a delle tracce caratteristiche nello spettro, permettendo così, ad esempio, di sapere quali sostanze la compongono.
Costruire un semplice spettroscopio è molto facile, anche il reperimento della griglia di diffrazione è piuttosto semplice se ci si accontenta di una soluzione non certo professionale.
Un disco CD o DVD è infatti una ottima griglia di diffrazione e ben si presta ai primi esperimenti. L’ideale è un disco bulk, senza estese superfici colorate, da dove noi taglieremo un pezzetto possibilmente senza scritte e senza stampe.
Aiutandoci con la lama di un taglierino, asportiamo la sottile lamina di metallo, lasciando nuda la superficie plastica, finemente incisa dai solchi.
Altra soluzione, certamente più professionale, è l’acquisto di una griglia apposita presso ditte specializzate, tipo: http://www.rainbowsymphony.com. Le griglie hanno diversi valori a seconda della finezza delle righe, per i nostri esperimenti vanno benissimo le 500 linee/millimetro, quelle più fitte non vanno bene, hanno una dispersione troppo elevata per come le usiamo noi.
Veniamo ora all’altro componente del nostro spettrometro, la finestra a fessura. Il sistema più semplice per costruirla è quello di usare una lametta spezzata in due parti, oppure utilizzare un paio di lame da taglierino. In entrambi i casi, una delle lame verrà fissata con colla, l’altra è meglio se è mobile, in quanto dovremo fermarla solo dopo aver formato una fessura molto, molto sottile.
Con più la fessura è sottile, più definito sarà lo spettrometro ma, se esageriamo, le due lame si toccheranno e noi non vedremo più nulla.
Un metodo che ho trovato molto comodo, è il fissaggio mediante due piccolissimi magneti al neodimio inseriti in una cavità: possiamo sempre intervenire nel modificare la fessura, i magneti poi manterranno ferma la mezza lametta.
Infine, il corpo dello strumento può essere qualsiasi cosa, purché sia chiuso alla luce e lungo una ventina di centimetri: un tubo, una scatola, ecc.
Nella mia versione “buona” ho utilizzato un tubo da edilizia in plastica arancio da 50 millimetri, ai cui estremi ho fissato da una parte la finestra a fessura, dall’altra la griglia di diffrazione da 500 linee/millimetro.
Solo per la cronaca, ma esiste anche una versione “di prova”, fatta alla bene meglio, con una scatola di cartoncino e nastro adesivo, ma che, nonostante tutto, va benissimo ed è quella che utilizzo più spesso per fotografare gli spettri.
Ma veniamo ora agli spettri veri e propri che possiamo vedere.
Accostiamo l’occhio alla griglia e guardiamo verso una sorgente luminosa. La luce penetra attraverso la sottile fessura e, colpita la griglia, formerà una nuova immagine, spostata lateralmente più o meno, a seconda della sua lunghezza d’onda. Lo spettro lo vedremo quindi leggermente di lato rispetto alla fessura.
Il più comune è lo spettro emesso da un corpo molto caldo e lo riscontriamo quindi nel sole, in una stella, in una lampadina, nella fiamma di una candela, ecc. E’ questo uno spettro molto simile all’arcobaleno, con tutti i colori dell’iride presenti e ordinatamente distribuiti dal rosso che più rosso non si può (infrarosso), fino al violetto scuro scuro che non vedi nulla (ultravioletto).
Al contrario, vi sono sorgenti luminose in cui la luce non è data dal riscaldamento, ma da altri fenomeni fisici, ad esempio la fluorescenza. In questo caso lo spettro è discontinuo, vi sono ristrette bande luminose ben evidenti, alternate a zone in cui lo spettro è assente ed al suo posto vedremo delle bande completamente buie e nere.
Ad esempio, guardando la luce di una lampada fluorescente a risparmio energetico, sono ben evidenti tre forti bande di emissione (rossa, verde e blu) ed alcune bande di assorbimento nere, che comprendono tutta la zona del giallo ed in parte alcune piccole zone del rosso.
Gli amici astronomi mi perdoneranno se io mi fermo qui nel parlare della spettrometria, trascurando argomenti della massima importanza come l’analisi della composizione delle stelle, l’effetto Doppler, la verifica del movimento delle stelle, ecc. ecc. ecc.
Ma il mio scopo, in questo momento, è solo quello di creare curiosità sulla spettrometria e dare modo di sperimentare nella maniera più semplice possibile e ciò allo scopo di poter meglio comprendere alcune applicazioni nel campo che più ci compete, la microscopia.
La scomposizione della luce è infatti alla base di una particolare tecnica di microscopia resa possibile dagli ultimi sviluppi ottenuti nel campo dei diodi led ed in particolare nella emissione selettiva di luce monocromatica.
Sto lavorando ad un prototipo, spero quanto prima di potervi presentare l’articolo su questo argomento, finisco le ultime foto al microscopio e le ultime considerazioni e potremo vedere, nella pratica, come la scomposizione della luce mediante griglie di diffrazione risolva elegantemente un problema che è rimasto insoluto da oltre un secolo.
Ma, per ora, limitiamoci a guardarla con interesse, cercando di carpirne i segreti, divertendoci ed appagando la nostra curiosità. Poi, vedremo come interferisce con la microscopia.
Ogni sorgente di luce è formata da uno o, più spesso, da più colori che si mescolano fra loro in quella che noi, molto semplicemente, chiamiamo luce.
Ma questa luce può, in qualsiasi momento, venir di nuovo scomposta nei suoi colori fondamentali, ad opera di un semplice prisma di vetro, o meglio, da una griglia di diffrazione.
E’ questa un semplice pezzo di plastica, con su incisi dei solchi fra loro paralleli e che hanno la proprietà di riflettere la luce con un angolo diverso e dipendente dal suo colore.
In questo modo, se la sorgente di luce è formata solo da alcuni colori base, scomponendola vedremo solo i colori originali che l’hanno formata, se invece la luce è bianca ed ottenuta da un oggetto incandescente (sole, candela, lampadina, ecc.), la sua scomposizione formerà una specie di arcobaleno, in cui saranno presenti tutti i colori visibili e non, dall’infra rosso, agli ultra violetti.
Queste poche nozioni formano la base della spettrografia, ma gli utilizzi reali sono poi innumerevoli ed utilissimi.
Infatti, se nella sorgente incandescente che genera la luce vi sono particolari sostanze chimiche, queste daranno origine a delle tracce caratteristiche nello spettro, permettendo così, ad esempio, di sapere quali sostanze la compongono.
Costruire un semplice spettroscopio è molto facile, anche il reperimento della griglia di diffrazione è piuttosto semplice se ci si accontenta di una soluzione non certo professionale.
Un disco CD o DVD è infatti una ottima griglia di diffrazione e ben si presta ai primi esperimenti. L’ideale è un disco bulk, senza estese superfici colorate, da dove noi taglieremo un pezzetto possibilmente senza scritte e senza stampe.
Aiutandoci con la lama di un taglierino, asportiamo la sottile lamina di metallo, lasciando nuda la superficie plastica, finemente incisa dai solchi.
Altra soluzione, certamente più professionale, è l’acquisto di una griglia apposita presso ditte specializzate, tipo: http://www.rainbowsymphony.com. Le griglie hanno diversi valori a seconda della finezza delle righe, per i nostri esperimenti vanno benissimo le 500 linee/millimetro, quelle più fitte non vanno bene, hanno una dispersione troppo elevata per come le usiamo noi.
Veniamo ora all’altro componente del nostro spettrometro, la finestra a fessura. Il sistema più semplice per costruirla è quello di usare una lametta spezzata in due parti, oppure utilizzare un paio di lame da taglierino. In entrambi i casi, una delle lame verrà fissata con colla, l’altra è meglio se è mobile, in quanto dovremo fermarla solo dopo aver formato una fessura molto, molto sottile.
Con più la fessura è sottile, più definito sarà lo spettrometro ma, se esageriamo, le due lame si toccheranno e noi non vedremo più nulla.
Un metodo che ho trovato molto comodo, è il fissaggio mediante due piccolissimi magneti al neodimio inseriti in una cavità: possiamo sempre intervenire nel modificare la fessura, i magneti poi manterranno ferma la mezza lametta.
Infine, il corpo dello strumento può essere qualsiasi cosa, purché sia chiuso alla luce e lungo una ventina di centimetri: un tubo, una scatola, ecc.
Nella mia versione “buona” ho utilizzato un tubo da edilizia in plastica arancio da 50 millimetri, ai cui estremi ho fissato da una parte la finestra a fessura, dall’altra la griglia di diffrazione da 500 linee/millimetro.
Solo per la cronaca, ma esiste anche una versione “di prova”, fatta alla bene meglio, con una scatola di cartoncino e nastro adesivo, ma che, nonostante tutto, va benissimo ed è quella che utilizzo più spesso per fotografare gli spettri.
Ma veniamo ora agli spettri veri e propri che possiamo vedere.
Accostiamo l’occhio alla griglia e guardiamo verso una sorgente luminosa. La luce penetra attraverso la sottile fessura e, colpita la griglia, formerà una nuova immagine, spostata lateralmente più o meno, a seconda della sua lunghezza d’onda. Lo spettro lo vedremo quindi leggermente di lato rispetto alla fessura.
Il più comune è lo spettro emesso da un corpo molto caldo e lo riscontriamo quindi nel sole, in una stella, in una lampadina, nella fiamma di una candela, ecc. E’ questo uno spettro molto simile all’arcobaleno, con tutti i colori dell’iride presenti e ordinatamente distribuiti dal rosso che più rosso non si può (infrarosso), fino al violetto scuro scuro che non vedi nulla (ultravioletto).
Al contrario, vi sono sorgenti luminose in cui la luce non è data dal riscaldamento, ma da altri fenomeni fisici, ad esempio la fluorescenza. In questo caso lo spettro è discontinuo, vi sono ristrette bande luminose ben evidenti, alternate a zone in cui lo spettro è assente ed al suo posto vedremo delle bande completamente buie e nere.
Ad esempio, guardando la luce di una lampada fluorescente a risparmio energetico, sono ben evidenti tre forti bande di emissione (rossa, verde e blu) ed alcune bande di assorbimento nere, che comprendono tutta la zona del giallo ed in parte alcune piccole zone del rosso.
Gli amici astronomi mi perdoneranno se io mi fermo qui nel parlare della spettrometria, trascurando argomenti della massima importanza come l’analisi della composizione delle stelle, l’effetto Doppler, la verifica del movimento delle stelle, ecc. ecc. ecc.
Ma il mio scopo, in questo momento, è solo quello di creare curiosità sulla spettrometria e dare modo di sperimentare nella maniera più semplice possibile e ciò allo scopo di poter meglio comprendere alcune applicazioni nel campo che più ci compete, la microscopia.
La scomposizione della luce è infatti alla base di una particolare tecnica di microscopia resa possibile dagli ultimi sviluppi ottenuti nel campo dei diodi led ed in particolare nella emissione selettiva di luce monocromatica.
Sto lavorando ad un prototipo, spero quanto prima di potervi presentare l’articolo su questo argomento, finisco le ultime foto al microscopio e le ultime considerazioni e potremo vedere, nella pratica, come la scomposizione della luce mediante griglie di diffrazione risolva elegantemente un problema che è rimasto insoluto da oltre un secolo.