Comparativa Vixen BCF 20×80 vs Kronos 30×90

Questa è una comparazione effettuata per gli appassionati delle osservazioni astronomiche.

Durante l’autunno dell’anno 2006 ho potuto comparare il mio esemplare di  Vixen BCF  20×80 con un esemplare di Kronos 30×90, venduto dalla ditta il Diaframma di Malnate (VA) sotto il  nome di Intes Kronos 30×90 Astro.

Il Vixen BCF 20×80 è venduto in un scatola di cartone bianco che fa già presagire le sue discrete dimensioni una comoda custodia di pelle nera in dotazione, dotata di cintura a tracolla consente, inoltre, di trasportare lo strumento senza il rischio di cadute ed abrasioni.

Vixen 20x80 e Kronos 30x90
A partire da sinistra: VIxen 20×80, Kronos 30×90

Paragonato ad un rifrattore a corta focale da 80 millimetri questo binocolo denota una minor lunghezza ma un maggior ingombro in larghezza.

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Le lenti, ad una prima analisi visiva, appaiono perfette, il trattamento antiriflesso “multi coated” è di un verde mare, mentre l’estrazione pupillare di 16 millimetri degli oculari concede un’ottima visione anche ai portatori di occhiali. I prismi sono composto da vetri BAK4, rinomati per la loro capacità di riflessione prossima al 100%

La focalizzazione avviene tramite l’oculare destro,dotato di messa a fuoco a vite indipendente, più la ghiera centrale

La pupilla di uscita , appare uniformemente illuminata e circolare a prova della bontà dei prismi.
I paraluce degli obbiettivi e degli oculari sono estraibili, lo scafo appare esteticamente ben curato è inoltre presente di serie un tubo di acciaio filettato con ghiera scorrevole collegabile ai comuni cavalletti.
Il signor Ghisi, mi ha consegnato il Kronos 30×90 in una enorme scatola di cartone, al suo interno è presente una custodia di tessuto nero, dotata di cintura e maniglia per il trasporto, che contiene oltre al binocolo anche un piccolo cavalletto adatto per un utilizzo prettamente terrestre. Il peso è elevato tanto da essere quasi il triplo dello strumento giapponese.

Vixen 20x80 e Kronos 30x90
Una visione frontale dei binocoli.

Le lenti celano un piacevole multi-trattamento dal colore violaco, visualmente appaiono perfette, anche i prismi sono in vetro Bak4. La struttura , invece, è massiccia e poco rifinita, la pupilla di uscita, perfettamente circolare è di 3 mm, l’estrazione pupillare e di 14.5 mm mentre la messa a fuoco su entrambi gli oculari è precisa e morbida:

I suoi prismi, a differenza del binocolo giapponese, si muovono disgiuntamente dai tubi ottici, in questo modo le regolazioni della distanza inter-pupillare sono più agevoli ed immediate; di contro l’assenza della ghiera di messa a fuoco centrale non permette una regolazione rapida.

Purtroppo mancano i paraluce estraibili sia per gli oculari che per le lenti un difetto al quale il costruttore potrebbe porre rimedio con facilità.
Sotto lo scafo sono disponibili due diversi attacchi per collegare il binocolo ad un cavalletto fotografico: a causa del peso ragguardevole (vedi tabella 1) è fondamentale per una buona stabilità dotarsi di un supporto molto robusto.

Vixen 20x80 e Kronos 30x90
Il Kronos consente il fissaggio delle piastre con viti da 1/8 e 3/4

 

Estrazione pupillare ed inquinamento luminoso.
Come i lettori di Binomania sapranno la luminosità di uno strumento è fondamentale per l’osservazione astronomica: le nostre pupille dopo un breve adattamento all’oscurità si dilatano sino a raggiungere nei ragazzi il diametro di 7-8 millimetri e, spesso ma non sempre,nelle persone “Over 35 ” i 4-5 mm, queste prestazioni, però, oltre che per fattori fisiologici soggettivi, sono fortemente ridotte in presenza di cieli suburbani che non permettono ai nostri occhi di raggiungere la massima dilatazione. In questo caso un binocolo con una estrazione pupillare ridotta permette di scurire maggiormente il fondo cielo rendendo più proficue le osservazioni. Per questo motivo, ho ritenuto che il campo ideale di questi due strumenti fosse l’osservazione sotto un cielo che “visualmente” svelasse stelle della quarta magnitudine.

Non ho comunque dimenticato di provare i binocoli sotto un terso cielo di montagna.

Prime impressioni.
A causa della temperatura che raggiungeva i quattro gradi sotto lo zero ho rivelato, nel corso della serata, una diminuzione della scorrevolezza della messa a fuoco dell’oculare destro del Vixen nonché la facilità con la quale gli oculari si appannavano a causa del mio respiro, in prossimità delle osservazioni allo zenit. A temperature meno rigide il difetto non era riscontrabile.

Vixen 20x80 e Kronos 30x90
Il Vixen 20×80 è molto leggero e compatto.

Grazie agli oculari inclinati a 30 gradi il Kronos 30×90 non ha evidenziato gli inconvenienti appena citati, si è mostrato però più sensibile alla turbolenza a causa delle maggiori dimensioni dello scafo.

Dopo aver atteso una decina di minuti per permettere l’adattamento termico dello strumento russo ho esplorato il cuore di Orione, osservando la nebulosa M42: un intreccio delicato riempiva il centro del campo, l’Intes esibiva un fondo cielo più scuro e delle immagini più contrastate, erano, inoltre, ben visibili le quattro stelle del trapezio: un’ottima immagine paragonabile per luminosità a quella di un 114mm a specchio ma resa più affascinante dalla visione binoculare. Il maggiore ingrandimento rispetto al binocolo della Vixen, diminuiva sì il campo inquadrato, ma rendeva più grandi i particolari della nebulosità. In queste condizioni la retina dell’occhio umano è in grado di percepire con migliori risultati gli oggetti che esibiscono un basso contrasto ma una maggiore estensione poiché ne combinano la luce generando un’immagine più chiara.

Dopo queste prime impressioni ho puntato gli strumenti a 4 gradi sud da Sirio verso l’ammasso aperto M41 e sono stato in grado di osservare stelle della decina magnitudine in entrambi gli strumenti anche sotto un cielo mediocre.

M46ed M47 erano invece più affascinanti nel binocolo giapponese: il campo abbracciato superiore li mostrava esattamente nel campo centrale privo di distorsioni, la stessa impressione l’ho avuta anche osservando le Pleiadi.
Sia il Kronos 30×90  che il Vixen BCF 20×80 mostravano in maniera evidente, intorno alle stelle principali, il residuo bluastro della nube che li ha generati, cosa impossibile al 10×50 utilizzato per un rapido confronto.
Osservando ai bordi del campo ho verificato in entrambi una discreta aberrazione geometrica (distorsione), pari a circa il venticinque per cento del campo osservabile, in questo frangente i binocoli Fujinon sono decisamente migliori. Per onor di cronaca avvertiamo i lettori che mesi fa testando brevemente un Vixen 11×80, ho notato come fosse più corretto rispetto al fratello maggiore: le minori prestazioni in questo caso potrebbero essere imputabili al più alto ingrandimento che svela in maggior misura i difetti degli obbiettivi acromatici.

Riservando l’osservazione di oggetti del cielo profondo più evanescenti ad un sito migliore ho provato ad analizzare Giove e Saturno pur consapevole di confluire in un ambito sfavorevole per qualsiasi binocolo.

Le prestazioni del Kronos 30×90 si sono rilevate piacevolmente inaspettate: il gigante gassoso esibiva chiaramente le due bande equatoriali ,seppur avvolto da un alone rosso e blu dovuto allo spettro secondario degli obbiettivi acromatici. Purtroppo osservando nei pressi del pianeta si creavano dei fastidiosi riflessi, presenti in maniera inferiore nel Vixen. Anche Saturno mostrava l’anello e la suddivisione che lo separava dal pianeta era netta ed evidente.

Notando che gli oculari si svitano senza particolari difficoltà ho parlato con Francesco Ghisi della ditta “Il Diaframma” importatore dei binocoli Intes il quale ci ha confermato di voler dotare il binocolo di un raccordo che permetterà l’utilizzo di oculari con focali diverse. In questo caso sarebbe interessate vedere sino a quanti ingrandimenti un’ottica del genere può essere utilizzata con profitto.

Vixen 20x80 e Kronos 30x90
Il mastodontico Kronos 30×90

Di contro gli scarsi ingrandimenti del Vixen, mi costringevano ad acuire maggiormente la vista per mostrare le bande equatoriali del pianeta, la maggior luminosità dello strumento, inoltre, avvolgeva ancor di più il pianeta in un alone bluastro.
Il binocolo giapponese non mi ha particolarmente entusiasmato in questo genere di osservazioni: anche a causa della durezza della messa a fuoco, sopraccitata, non ho potuto ottenere una focheggiatura soddisfacente, di fatto gli anelli si percepivano in maniera confusa, solo in presenza di foschi, eliminando naturalmente la luminosità del pianeta, come per magia appaiono.

Sfruttando la luna nuova del mese di marzo ho avuto la possibilità di vagliare i due strumenti sotto il cielo terso del Passo San Bernardino in Svizzera. (2000 m msl)
Dopo un medio trasferimento autostradale ho incontrato un prato isolato ancora coperto di neve ghiacciata che sembrava fare al caso mio: erano visibili, allo zenith stelle della sesta magnitudine, solo a sud si intravedeva, purtroppo, l’inquinamento luminoso di Milano che diffondeva luce dall’orizzonte per 6 gradi circa.

Nel corso del test, ho confrontato i binocoli con uno Schmidt Cassegrain da 20 cm: se la comparazione era impari in quanto a risoluzione e separazione angolare il fascino della visione a largo campo delle galassie e degli ammassi stellari era decisamente più avvincente.
Le galassie , M 81 ed M82 nell’Orsa Maggiore erano immerse in un campo colmo di stelle, la illusoria tridimensionalità delle osservazioni binoculari mi mostrava questi oggetti in maniera “più viva” rispetto a quella telescopica. Dopo aver osservato con profitto M101, M108 ed M 51 mi sono soffermato per alcuni minuti sul doppio ammasso di Perseo: Il Vixen 20×80 forniva un’immagine più luminosa ma l’Intes era in grado di separare maggiormente l’ammasso in tantissime stelle: la stessa cosa l’ho notata osservando M35 nei Gemelli e gli ammassi presenti in Auriga: difficile dire quale immagine mi abbia affascinato di più. Lo stesso dicasi per M44 “Il Presepe” purtroppo a causa della presenza di Giove a circa due gradi est il suo diffuso bagliore non mi ha concesso di verificare la magnitudine limite sulle stelle che compongono l’ammasso . Molto interessante, invece, l’osservazione con un binocolo 10×50 che mostrava entrambi gli oggetti nel suo campo di vista di oltre 5 gradi.
Successivamente ho apprezzato M 52, ed M103 in Cassiopea, M76, la nebulosa planetaria in Perseo, invece, appariva in entrambi gli strumenti come una lieve nuvoletta allungata, nulla a che vedere con la splendida immagine esibita dal telescopio da 20 cm.
Per quanto riguarda la facilità nello scandagliare il cielo alla ricerca delle galassie prevaleva lo strumento giapponese, i soli 2.2 gradi dell’Intes e la sua pesantezza non facilitavano certamente la ricerca degli oggetti più elusivi, non mi parrebbe superfluo un piccolo cercatore da porre sullo scafo.
V’è da dire, inoltre che i soli 3mm di uscita pupillare non permettevano di sfruttare al meglio gli ottimi obbiettivi Del Kronos 30×90: venti ingrandimenti sarebbero perfetti per le osservazioni astronomiche sotto un cielo così terso. In presenza di un fondo cielo più chiaro, invece, si è dimostrato più performante dell’antagonista.
L’Osservazione diurna
Dato che il possessore di un binocolo non si limiterà unicamente alle osservazioni astronomiche ho deciso di testare gli strumenti anche di giorno, verificando cosi le loro prestazioni. Suggerisco questo piccolo test a tutti i lettori che intendono acquistarne uno.

Come anticipato nella premessa il rapporto fra il diametro e gli ingrandimenti è essenziale per ottenere una buona luminosità.

La pupilla di uscita di 4mm del Vixen è sufficiente per mostrare le immagini in maniera luminosa ed incisa, anche la rappresentazioni dei colori si avvicina fedelmente alla realtà. L’Intes, di contro, mostra delle immagini poco luminose con una forte tonalità gialla: 3 mm, in ogni modo sono sufficienti per osservazioni diurne.

Ovviamente il maggiore ingrandimento permette di osservare i particolari con più facilità.

Per verificare l’aberrazione geometrica (distorsione) ho portato l’immagine dell’ antenna di un ripetitore ai bordi estremi del campo:la distorsione era lievissima in entrambi i binocoli, minima invece la diminuzione della nitidezza ai bordi del campo nel binocolo russo, assente in quello giapponese.

DI sera osservando un lampione illuminato dal sole ho notato come il Vixen mostrasse delle immagini più corrette: nello strumento russo era evidente la presenza di uno spettro secondario maggiore.

Conclusioni.
In sintesi il Vixen BCF 20×80 mi è parso un buon binocolo, abbastanza compatto, con un campo discretamente corretto ed una media luminosità,; l’unica limitazione nelle osservazioni astronomiche è data dalla assenza di prismi inclinati che rendono difficoltose le osservazioni prossime allo zenith e dal grasso degli oculari che risente sensibilmente delle basse temperatura, per lo meno nello strumento dai noi provato. Attualmente è disponibile la nuova serie ARK

L’Intes 30×90 ha mostrato un’ottima qualità ottica unita ed una messa a fuoco molto precisa, i lati negativi risiedono nella già citata mancanza di paraluce, nel peso e nella scarsa protezione dai riflessi interni. Preferirei una maggior luminosità a discapito degli ingrandimenti, consiglio quindi al costruttore di dotare il binocolo di oculari dalla focale maggior o di concedere la possibilità di estrarre gli oculari per sfruttare l’ingrandimento e la pupilla di uscita più congeniale.