I COLTELLI TRADIZIONALI D'ITALIA n° 9 I COLTELLI SARDI (I^)

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GIANNI MERLINI
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I COLTELLI TRADIZIONALI D'ITALIA n° 9 I COLTELLI SARDI (I^)

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I COLTELLI TRADIZIONALI D’ ITALIA = N° 9
I COLTELLI SARDI = PARTE PRIMA
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Nel vasto panorama dei coltelli tradizionali italiani un posto di tutto rispetto occupano quelli sardi, ed in particolare la RESOLZA PATTADESE, nota ed apprezzata, non solo in patria, ma in tutto il mondo, per le sue linee molto eleganti e la sua particolarissima struttura costruttiva, che non si ritrova in altri modelli.
Ma prima di arrivare alla resolza pattadese (impropriamente conosciuta ai più come PATTADA), sarà necessario fare un lungo ed interessante percorso storico, senza il quale non si potrebbe comprendere appieno come tale coltello abbia costituito una netta rivoluzione rispetto alle tecniche costruttive dell’epoca, ed ancora oggi possa segnare un punto di riferimento per molti coltellinai e disegnatori di ferri taglienti.
Devo subito precisare ( e mi perdoneranno gli amanti delle grandi lame) che non si esamineranno, se non per accenni, i tre tipi di spade e pugnali a lama fissa caratteristici dell’isola, cioè la LEPPA, la DAGA e lo STILU.
La prima è in realtà una “piccola” spada (da cm 60 a cm 80) con impugnatura in legno o in corno, di solito abbellita con lamina d’ottone, riccamente lavorata a bulino; la lama è conformata a sciabola con punta sgusciata e anche ageminata. Normalmente presentano un fodero in pelle e cuoio, riccamente decorato con disegni in broccato e velluto, veniva portata infilata alla cintura; si ritiene che fosse prodotta in loco, anche se, forse, quelle più belle e prestigiose venivano da Toledo in Spagna.
La Daga non differisce dai modelli correnti sotto tale nome, ha una misura più piccola della Leppa, circa cm 50, portata senza fodero alla cintura nel costume tradizionale isolano, anche se si sono trovate guaine in legno abbellite da lamine d’ottone lavorate a bulino; per lo più usata per uso di caccia. Manico in legno o corno con calcagno ingrossato e guardia dritta.
Lo Stilu è un corto (cm 25) pugnale a lama stretta, con guardia a S e punta molto acuta, spesso usato per uccidere il maiale. Ricorda per molti aspetti la “Misericordia” rinascimentale; il manico è in legno ed è privo di fodero.
La carenza assoluta di documenti sino alla prima metà dell’800 rende difficile ricostruire le caratteristiche degli antichi coltelli di produzione sarda, anche se è presumibile, con buona approssimazione alla realtà, che gli utensili, prodotti quasi esclusivamente per uso agricolo e pastorale, avessero le caratteristiche che troviamo “certificate” nei documenti posteriori al 1850.
Tre sono le forme delle lame, fra loro ben distinte, nate per soddisfare le diverse esigenze, imposte dall’attività dell’utilizzatore o dalle norme di legge.
La prima, cosiddetta “A FOGGIA ANTICA” è una lama abbastanza panciuta, con la costola smentata, certamente destinata ad operazioni di scuoio, ma valida altresì per un uso generico quotidiano.
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La seconda “A FOGLIA DI GRANO” è la classica lama da pastore, che abbiamo già trovato ed esaminato nei precedenti articoli sugli utensili specifici per la cura delle pecore.
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La terza prende il nome dal paese di Guspini, ove è nata, ha la punta mozzata (editti napoleonici e legge Giolitti) una lama pressoché rettangolare ed è chiamata “GUSPINESA”; viene usata correntemente per staccare dal tronco della quercia le lastre di sughero. Guspini è un paese dell’Iglesiente, regione mineraria, ove le norme locali vietavano ai minatori di portare con sé coltelli appuntiti.Per questo è conosciuta anche come “coltello da minatore”.
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Ma quello che più connota questi vecchi coltelli è il manico, realizzato in legno ( di essenze varie) o in corno di montone o di capra, privo della molla, con fermo d’arresto sulla fascetta metallica, in genere d’ottone.
Il manico può essere realizzato in punta di corno, per quelli di maggior pregio, o in piastra di corno addoppiata a caldo, per quelli più correnti e per la Guspinesa.
Anche in Sardegna si è assistito dopo la fine della seconda guerra mondiale ad un declino drammatico dell’attività dei tradizionali fabbri coltellinai, la cui produzione era indirizzata quasi esclusivamente agli agricoltori ed ai pastori. Nelle mani di pochissimi appassionati era rimasta l’arte dei vecchi coltellinai che purtroppo non trovavano giovani apprendisti ai quali trasmettere la loro arte. Le vicende del mercato, già illustrate parlando dei coltelli abruzzesi, hanno per fortuna creato, dopo gli anni 80, una forte domanda da parte di collezionisti ed appassionati di ferri taglienti, permettendo lo svilupparsi di una nuova – ed in genere giovane- schiera di artigiani che si sono fatti apprezzare, sia a livello nazionale che in quello internazionale.
Ma oltre alle motivazioni sopra accennate, un altro e ben più grave motivo aveva “ucciso” la produzione locale di coltelli: la scarsità della materia prima ed il ricorso alle lame provenienti da altri centri di fabbricazione, ed in particolare da Scarperia. Ancora oggi la maggior parte dei coltelli commerciali venduti in Sardegna hanno lame prodotte nel centro toscano, dove già dai primissimi anni del 900 era nata una linea di coltelli “tradizionali” denominati “DI TIPO SARDO” e “DI TIPO PATTADA”, che saranno oggetto della seconda parte di questo articolo, mentre nella terza ed ultima parte sarà esaminata accuratamente la Resolza Pattadese.
I coltelli fatti secondo le vecchie usanze, con i tre tipi di lame, di cui sopra, sono oggi abbastanza rari da trovare, poiché il mercato richiede quasi esclusivamente il tipo “Pattada”.
Ho avuto la fortuna di conoscere un appassionato coltellinaio di Guspini, il Sig. Emilio Malacri, che, avendo appreso da ragazzo l’arte dei ferri taglienti, ha ritenuto opportuno, negli anni ’80, trasmettere la sua passione ad altri giovani della zona, ed in primis al figlio Piergiorgio, che prosegue l’attività paterna sotto il marchio “Tre Lame”, proprio per la forma delle tre lame caratteristiche. I Malacri, padre e figlio, realizzano per la maggior parte i coltelli tradizionali secondo la vecchia maniera, pur comprendendo nella loro produzione bellissimi coltelli “da caccia” a lama fissa di generose dimensioni, senza per questo trascurare la Resolza pattadese.
Nel 1996 ho comprato dal sig. Malacri tre coltelli della sua produzione, ed ho assistito di persona alla fabbricazione di una Guspinesa, dalla forgiatura della lama alla realizzazione del manico ed a quella della fascetta di ottone. Questi coltelli, come tutti quelli realizzati artigianalmente, sono in realtà dei pezzi unici, essendo forgiate le lame una ad una, simili fra loro ma non certo uguali; i manici di corno hanno ciascuno caratteristiche diverse, per forma e colore.
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Il “FOGGIA ANTICA” è un simpatico coltello di uso corrente, uno di quelli che ci si mette in tasca, e si usa tranquillamente un po’ per tutto, dall’affettare il pane ed il prosciutto “di montagna”, all’aprire una bella forma di “fiore” sardo, allo scuoio ed alla preparazione di un coniglio, che finirà allo spiedo su braci di legna, dopo essere stato aromatizzato da un trito di aglio, prezzemolo pomodori secchi e lardo.
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La lama del “foggia antica” è decisamente panciuta, donde il nome di “coltello panciutto”, ed in origine si presentava “a scimitarra” con dorso dritto per due terzi e punta allunata con smoscio decisamente curvo ( convesso); il tagliente si allarga progressivamente dalla congiunzione col manico sino ai due terzi, ove raggiunge la massima larghezza, per poi piegare in alto, con una curva decisa, verso la punta. Col tempo lo smoscio della costa ha perduto la su forma concava per trasformarsi in “smentata”, cioè con uno sbieco dritto, più o meno lungo potendo arrivare sino a metà della costa, o addirittura perdendo completamente la smentatura, e quindi presentando un dorso tutto dritto ed il tagliente che termina verso l’alto con una punta”rovesciata".
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Il manico dell’esemplare fotografato e costruito da Piergiorgio Malacri, è realizzato in corno di montone nero, monolitico, cioè in punta di corno non addoppiato, e presenta una sezione ellittica: per tutta la lunghezza; l’impugnatura presenta il solco dove viene alloggiata la lama, quando il coltello è chiuso.
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La linea del dorso è leggermente convessa fin quasi al calcagno, dove piega bruscamente verso il basso, a formare una protuberanza, quasi cilindrica, schiacciata ai lati, per favorire una presa ergonomicamente valida. Nella realizzazione del calcagno i coltellinai si sbizzarriscono, variandola a seconda del proprio gusto. Ne possiamo trovare sfinate, circolari ed anche a forma di testa d’animale ( per lo più cavallo o cinghiale), Dalla fascia di ottone all’inizio del calcagno, il manico presenta, sotto, una convessità notevole, per favorire la presa della mano; il coltello chiuso misura mm 112, di cui mm 22 sono occupati dalla fascia di ottone, decorata con incisioni, tipiche dei coltelli sardi, e sul lato dorsale della quale troviamo riportato il marchio e l’anno di costruzione “96”.
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La fascetta d’ottone è fondamentale per irrobustire la parte di impugnatura dove è fissato il perno della lama e per consentire l’arresto della lama aperta. I Malacri hanno ulteriormente rinforzato la zona della battuta di blocco, ripiegando sul corno la parte superiore della fascetta, proprio dove il dorso della lama batte sulla parte superire del manico: questa ribattuta è quasi un “marchio di fabbrica” dei Malacri, ed assicura che, nonostante un uso prolungato ed anche pesante, la lama non potrà mai aprirsi ulteriormente verso l’alto.
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Il manico e la fascetta sono piacevolmente lucidati, anche se l’ottone dopo svariati anni di utilizzo presenta una leggera ossidazione, facilmente eliminabile con apposite creme lucidanti per metallo.
La lama è priva di tallone, di pianelle e di unghiatura, generalmente di spessore sottile, realizzata sia in acciaio carbonioso che in inox 420, soprattutto perché la clientela “richiede oggi una lama che non faccia ruggine” ( parole di Emilio Malacri), finitura satinata con punzone sul quale si legge “P.G. MALACRI GUSPINI"; la lunghezza della lama è mm 100, la larghezza mm 27.
Le proporzionate misure del coltello ne rendono piacevole l’uso e fanno apprezzare la semplice eleganza delle linee, ed assicurano un’ottima e solida presa sia nelle operazioni di taglio che in quelle di scuoio.
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Il secondo coltello a “foggia antica” è stato realizzato da un giovanissimo coltellinaio che purtroppo non ha firmato la sua opera: la costa presenta una smentatura più arretrata rispetto al modello precedente, ed ha una lama leggermente più panciuta. Il manico, in corno addoppiato di montone color miele ha una forma particolare e non tradizionale, mantenendo invariate le dimensioni e l’andamento del corno, da cui è stato ricavato; sul calcagno una lamella in corno sigilla la scanalatura di alloggiamento della lama chiusa. Il dorso dell’impugnatura è convesso, il sotto è concavo, ed ambedue sono lucidati, mentre i lati sono lasciati “grezzi”e leggermente ruvidi, per migliorare la presa. Sui lati del manico dalla metà superiore sino al calcagno sono ricavate due larghe scanalature, lucidate, certamente dettate da motivi estetici, per abbellire questo manico dalle forme insolite, ma certo intriganti.
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Non manca la consueta fascetta di ottone decorata a bulino: diversamente dal coltello del Malacri questa fascetta di rinforzo e di arresto non presenta la ribattitura superiore, ma, anzi, una piccola scanalatura, che accoglie la parte finale del dorso della lama. Troveremo di nuovo questa scanalatura parlando della resolza pattadese.
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Il coltello da scanno, con lama “A FOGLIA DI GRANO”è, come sopra accennato, un “normale” coltello da pastore, con lama estremamente acuminata e “seguita”; la forma è simile a quella “a foglia di salice, o di mirto” con una leggera espansione nel medio, e punta nella mezzeria.
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Sicuramente questo tipo di coltello si evolverà col tempo nella Resolza pattadese, che però presenta peculiari caratteristiche assai diverse.
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Il modello fotografato è stato realizzato dai Malacri nel 1996, e viene considerato un “coltello a stiletto”; il manico, monolitic,o lungo mm 135, fascetta d’ottone compresa, è in punta di corno di montone, nero marezzato di bianco, e presenta nel lato inferiore il solco accogli-lama; è leggermente convesso nel dorso, e maggiormente nel sotto; il calcagno è quasi in linea col dorso, non presentando la netta piega del modello precedente, a forma di cilindro schiacciato ed allungato: buona comunque l’ergonomia della presa.
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La fascetta d’ottone è decorata, come nel modello “ a foggia antica”, con i consueti decori e nella parte superiore presenta il marchio “P.G. MALACRI GUSPINI” e 96, anno di costruzione. Manico e fascetta sono tirati a lucido; la solita linguetta ribattuta sulla sommità del manico migliora l’arresto della lama.
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Quest’ultima, lunga mm 120 e larga mm 22, è priva di tallone e pianelle, ha la finitura satinata e reca inciso il marchio dei Malacri; su questa lama è presente l’unghiatura per l’apertura, anche se i modelli più antichi ne sono privi, ma, come mi confermò Emilio Malacri, “è la clientela che la richiede”.L’acciaio usato è l’inox aisi 420, il filo liscio, estremamente tagliente.
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Pure nell’eleganza delle forme slanciate è un utensile che certamente incute rispetto.
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Ultima lama della famiglia è il modello detto “GUSPINESA” o “COLTELLO DEL MINATORE", a punta mozza; pur rientrando nella categoria delle varie mozzette, sorte dopo il 1908, a seguito della legge Giolitti, ha una linea caratteristica ed inconfondibile.
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Il manico in corno addoppiato di montone biondo, è lungo mm 110, compresa la fascetta d’ottone di mm 21, dalla forma trapezoidale, lucidato: la sagoma ricalca quella della lama, con una piccola smentatura al calcagno; il dorso è leggerissimamente convesso, mentre il sotto, solcato, è perfettamente diritto: l’ergonomia della presa è comunque buona.
La fascetta d’ottone è praticamente identica a quelle sopradescritte, con decori a bulino, marchio Malacri, e anno 96 di costruzione.
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La lama trapezoidale, priva di tallone e pianelle, ha la costola dritta, la punta mozzata leggermente rivolta all’indietro; nel punto di congiunzione dorso-punta è presente un piccola smentatura; il tagliente è leggermente arcuato verso il basso, a filo liscio e l’affilatura è estremamente tagliente. La lunghezza della lama è mm 94, la larghezza massima mm 23, raggiunta in prossimità della punta. L’acciaio è il solito inox aisi 420, con finitura satinata; sulla lama non è presente l’unghiatura, che poco serve, vista la forma del coltello chiuso.
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Usato per il lavoro dei sugherai, è un coltello eccezionale per affettare i salumi e la bottarga, nonché per spalmare la salciccia sul pane, vista la forma a spatola della lama.
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In tutti e tre i coltelli descritti, l’arte dei Malacri di Guspini si è rivelata nell’equilibrio delle forme, nella lavorazione dei manici, nella forgiatura e soprattutto nell’affilatura delle lame, che, a distanza di diciassette anni, mantengono un ottimo filo, nonostante l’uso.
Su FB si trova il profilo “Tre lame di Piergiorgio Malacri”.
Una variante del “foggia antica” è caratteristico della zona di Arbus, paese vicino a Guspini, dove viene realizzata l’ARBURESA, coltello dalla lama panciuta, con smentatura arretrata e manico decisamente curvo.
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Gianni Merlini

Malo malo malo ire, quam mala mala malis malis mandere.
(Preferisco morire d'un brutto male, che mangiare mele cattive con denti guasti)

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Re: I COLTELLI TRADIZIONALI D'ITALIA n° 8 I COLTELLI SARDI

Messaggio da abramo giusto »

Come promesso...ti ho aspettato al varco !!!
Ecco il mio Piccolo gioiello :P
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Spero che qualcuno non pensi che sia un porta chiavi..
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Re: I COLTELLI TRADIZIONALI D'ITALIA n° 8 I COLTELLI SARDI

Messaggio da GIANNI MERLINI »

Un "vecchia maniera", con lama a metà fra il "foggia antica" e "la foglia di grano". SIMPATICISSIMO!!
Ma ora prendigli un fratello maggiore.....
Ciao, grazie!!
Gianni Merlini

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corax
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Re: I COLTELLI TRADIZIONALI D'ITALIA n° 8 I COLTELLI SARDI

Messaggio da corax »

Càspita, Gianni, che bella rassegna: sai che leggendola mi è venuta un gran voglia di avere sia un serramanico di foggia antica come nella foto n. 6 (filo panciuto e costa smentata) e un bel pecorino stagionato, sardo originale anch'esso, naturalmente, e di divertirmi a ...colpire, affondare, tagliare e...assaggiare, magari accompagnando il rito con Vermentino di Gallura: prosit! :dance:
Grazie dell'articolo e cordiali saluti,
Alessandro.
A seconda delle esigenze, degli ambienti da esplorare e delle ...voglie, posso scegliere tra sette binocoli, da 6,5x32 a 15x56, e tra due cannocchiali: 20x/40x50 o 30/20-60x65.
GIANNI MERLINI
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Re: I COLTELLI TRADIZIONALI D'ITALIA n° 8 I COLTELLI SARDI

Messaggio da GIANNI MERLINI »

E pensa che ho ancora gli indirizzi giusti per il pecorino ed i coltelli.........
Sarebbe bello fare una salto (posto ponte) nella Sardegna meridionale, entroterra di Villasimius e Medio Campidano, per abbuffarsi di golosità locali, annaffiate da vino bianco fatto in casa e fileferru...dello zio! Bellissimi ricordi di Guspini!
Pensare che a distanza di diciassette anni ancora Emilio Malacri si ricorda di me!
Gianni Merlini

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