Re: Mercurio di giorno
Inviato: 30/05/2020, 13:38
È documentato (inventariato), come l'arciduca Alberto VII, fratello del Sacro Romano Imperatore Rodolfo II di Praga, già attorno al 1616, disponesse di uno strumento "Kepleriano", dunque quello di Scheiner non costituirebbe una novità sua esclusiva.
La questione è che il "Novae Coelestium, Terrestriumque rerum osservazioni, e fortasse hactenus non vulgate a Francisco Fontana specillis a se inventis, et ad summam perfectionem perductis" (1646) di Fontana, dedicato al cardinale Camillo Francesco Maria Pamphili, si apre con quattro testimonianze a sostegno di quanto dichiarato esplicitamente nel titolo dell'opera, ovvero che il suo autore è inventore ed artefice degli strumenti menzionativi, affermazione che è altresì ripetuta in diversi passaggi del libro.
La prima testimonianza è del Gesuita Giovanni Battista Zupi, in vita all'epoca della stampa dell'opera, il quale afferma di aver usato per la prima volta un telescopio di Fontana nel 1614 insieme al suo maestro Padre Gesuita Giovanni Giacomo Staserio, attribuendo a Fontana il primato dell'impiego di due lenti convesse in tubi ottici (telescopio "Kepleriano") a far data almeno dal citato anno, avendo al tempo Zupi e Staserio ispezionato personalmente il telescopio, trovandolo fabbricato proprio con quel tipo di lenti, circostanza che rappresenterebbe il più antico riferimento all'uso di uno strumento "Kepleriano".
Zupi aggiunge pure che attraverso le sue osservazioni dirette, può confermare tutte le scoperte annunciate nel libro da Fontana.
Una seconda dichiarazione è quella del Gesuita Gerolamo Sersale (in vita al momento della pubblicazione del libro) che afferma come Fontana inventò sia il telescopio a lenti convesse ("Kepleriano"), che il microscopio.
Le rimanenti testimonianze sono più che altro due elogi, uno di uno studioso anonimo e l'altro del monaco Ippolito Vigiliis, il quale sostiene la veridicità delle numerose scoperte annunciate dall'autore del volume, affermando che Fontana progettò e costruì il suo telescopio da sè, pur mancando di datare l'avvenimento.
È risaputo come la prima descrizione dell'impiego di un cannocchiale a noi nota, sia quella fatta nell'opuscolo "Ambassades du Roy de Siam envoyé à l'excellence du Prince Maurice, arrivé à la Haye le 10. Septemb. 1608" (1608) e che in detto resoconto già si parla di un suo possibile uso in ambito astronomico.
Galileo Galiei quando costruì il suo primo cannocchiale perfezionato, era al corrente della vicenda del "conte Maurizio" e come lui, verosimilmente anche parecchie altre persone.
Considerando la data di pubblicazione del libretto "Ambassades du Roy de Siam" ed il suo dominio pubblico, non è possibile escludere a priori che Francesco Fontana venutone a conoscenza e nel tentativo di replicare lo strumento ivi descritto, abbia impiegato lenti convesse, seguitando negli anni a perfezionarlo sino al raggiungimento attorno al 1614 di prestazioni soddisfacenti, datazione confermata da Zupi e Staserio.
Si è visto che Fontana usa corroborare le proprie tesi citando l'esperienza di alcuni noti personaggi, tutti in vita all'epoca della messa in stampa del libro, i quali avrebbero ben potuto smentirlo nel caso avessero ritenuto quanto da lui riportato non corrispondente al vero.
Chiaramente nessuna delle persone citate avrebbe potuto trarre beneficio dal vedersi attribuiti fatti non veritieri, salvo l'essere in combutta con l'autore dell'opera, che sarebbe da dimostrare, per cui in un modo o nell'altro si sarebbero dati da fare per smentire Fontana, cosa di cui però non ci è giunta notizia.
Questa circostanza richiama una precedente vicenda che coinvolge Simon Marius, per quanto riguarda la scoperta dei satelliti di Giove, descritta nel suo libro intitolato "Mundus Iovialis" (1614) e la conseguente disputa con Galileo Galilei, in quanto Marius cita il suo illustre mecenate Hans Philipp Fuchs von Bimbach (in vita all'epoca dei fatti) a sostegno della veridicità di quanto va affermando.
Anche il modo di porsi di Fontana è parecchio simile a quello tenuto da Marius per la questione dei satelliti di Giove, dove entrambi pongono in essere dei distinguo, fanno delle precisazioni ed in generale tengono un atteggiamento pacifico ed accomodante (più Fontana che Marius) che però potrebbe essere un espediente mutuato proprio dalla lettura del "Mundus Iovialis", piuttosto che dalla buona fede.
[Parlando di buona fede il Cappuccino Antonio Maria Schyrleus de Rheita nel suo "Oculus Enoch et Elliae Sive Radius Radius Sidereomysticus" (1645) descrive l'uso de telescopio "Kepleriano" da lui costruito].
La verità assoluta non la sapremo mai, possiamo soltanto valutare quanto ci è giunto in merito alla questione.
Imho.
P.S. Aggiungo questo secondo me interessante contributo a firma Paolo Molaro:
Journal of Astronomical History and Heritage, 20(2), 271‒288(2017)
Degno di nota:
-Bande di Giove a colori;
-Pilula "identificata";
-Francesco Fontana osserva marte Gibboso e nel 1637 Benedetto Castelli riferisce a Galileo di averlo visto pure lui a 90x, con un telescopio di Fontana che ritiene il migliore strumento che abbia mai avuto tra le mani;
-Galileo si congratula per l'osservazione e spiega la ragione dell'inconsueto aspetto, ma manca di ricordare di averlo da sè veduto tale 28 anni prima, col suo cannocchiale da circa 30x;
-Nel 1637 Benedetto Castelli scrive a Galileo di telescopi di Francesco Fontana, capaci di 160x!
https://arxiv.org/ftp/arxiv/papers/1704/1704.05661.pdf
La questione è che il "Novae Coelestium, Terrestriumque rerum osservazioni, e fortasse hactenus non vulgate a Francisco Fontana specillis a se inventis, et ad summam perfectionem perductis" (1646) di Fontana, dedicato al cardinale Camillo Francesco Maria Pamphili, si apre con quattro testimonianze a sostegno di quanto dichiarato esplicitamente nel titolo dell'opera, ovvero che il suo autore è inventore ed artefice degli strumenti menzionativi, affermazione che è altresì ripetuta in diversi passaggi del libro.
La prima testimonianza è del Gesuita Giovanni Battista Zupi, in vita all'epoca della stampa dell'opera, il quale afferma di aver usato per la prima volta un telescopio di Fontana nel 1614 insieme al suo maestro Padre Gesuita Giovanni Giacomo Staserio, attribuendo a Fontana il primato dell'impiego di due lenti convesse in tubi ottici (telescopio "Kepleriano") a far data almeno dal citato anno, avendo al tempo Zupi e Staserio ispezionato personalmente il telescopio, trovandolo fabbricato proprio con quel tipo di lenti, circostanza che rappresenterebbe il più antico riferimento all'uso di uno strumento "Kepleriano".
Zupi aggiunge pure che attraverso le sue osservazioni dirette, può confermare tutte le scoperte annunciate nel libro da Fontana.
Una seconda dichiarazione è quella del Gesuita Gerolamo Sersale (in vita al momento della pubblicazione del libro) che afferma come Fontana inventò sia il telescopio a lenti convesse ("Kepleriano"), che il microscopio.
Le rimanenti testimonianze sono più che altro due elogi, uno di uno studioso anonimo e l'altro del monaco Ippolito Vigiliis, il quale sostiene la veridicità delle numerose scoperte annunciate dall'autore del volume, affermando che Fontana progettò e costruì il suo telescopio da sè, pur mancando di datare l'avvenimento.
È risaputo come la prima descrizione dell'impiego di un cannocchiale a noi nota, sia quella fatta nell'opuscolo "Ambassades du Roy de Siam envoyé à l'excellence du Prince Maurice, arrivé à la Haye le 10. Septemb. 1608" (1608) e che in detto resoconto già si parla di un suo possibile uso in ambito astronomico.
Galileo Galiei quando costruì il suo primo cannocchiale perfezionato, era al corrente della vicenda del "conte Maurizio" e come lui, verosimilmente anche parecchie altre persone.
Considerando la data di pubblicazione del libretto "Ambassades du Roy de Siam" ed il suo dominio pubblico, non è possibile escludere a priori che Francesco Fontana venutone a conoscenza e nel tentativo di replicare lo strumento ivi descritto, abbia impiegato lenti convesse, seguitando negli anni a perfezionarlo sino al raggiungimento attorno al 1614 di prestazioni soddisfacenti, datazione confermata da Zupi e Staserio.
Si è visto che Fontana usa corroborare le proprie tesi citando l'esperienza di alcuni noti personaggi, tutti in vita all'epoca della messa in stampa del libro, i quali avrebbero ben potuto smentirlo nel caso avessero ritenuto quanto da lui riportato non corrispondente al vero.
Chiaramente nessuna delle persone citate avrebbe potuto trarre beneficio dal vedersi attribuiti fatti non veritieri, salvo l'essere in combutta con l'autore dell'opera, che sarebbe da dimostrare, per cui in un modo o nell'altro si sarebbero dati da fare per smentire Fontana, cosa di cui però non ci è giunta notizia.
Questa circostanza richiama una precedente vicenda che coinvolge Simon Marius, per quanto riguarda la scoperta dei satelliti di Giove, descritta nel suo libro intitolato "Mundus Iovialis" (1614) e la conseguente disputa con Galileo Galilei, in quanto Marius cita il suo illustre mecenate Hans Philipp Fuchs von Bimbach (in vita all'epoca dei fatti) a sostegno della veridicità di quanto va affermando.
Anche il modo di porsi di Fontana è parecchio simile a quello tenuto da Marius per la questione dei satelliti di Giove, dove entrambi pongono in essere dei distinguo, fanno delle precisazioni ed in generale tengono un atteggiamento pacifico ed accomodante (più Fontana che Marius) che però potrebbe essere un espediente mutuato proprio dalla lettura del "Mundus Iovialis", piuttosto che dalla buona fede.
[Parlando di buona fede il Cappuccino Antonio Maria Schyrleus de Rheita nel suo "Oculus Enoch et Elliae Sive Radius Radius Sidereomysticus" (1645) descrive l'uso de telescopio "Kepleriano" da lui costruito].
La verità assoluta non la sapremo mai, possiamo soltanto valutare quanto ci è giunto in merito alla questione.
Imho.
P.S. Aggiungo questo secondo me interessante contributo a firma Paolo Molaro:
Journal of Astronomical History and Heritage, 20(2), 271‒288(2017)
Degno di nota:
-Bande di Giove a colori;
-Pilula "identificata";
-Francesco Fontana osserva marte Gibboso e nel 1637 Benedetto Castelli riferisce a Galileo di averlo visto pure lui a 90x, con un telescopio di Fontana che ritiene il migliore strumento che abbia mai avuto tra le mani;
-Galileo si congratula per l'osservazione e spiega la ragione dell'inconsueto aspetto, ma manca di ricordare di averlo da sè veduto tale 28 anni prima, col suo cannocchiale da circa 30x;
-Nel 1637 Benedetto Castelli scrive a Galileo di telescopi di Francesco Fontana, capaci di 160x!
https://arxiv.org/ftp/arxiv/papers/1704/1704.05661.pdf