PREMESSA
Grazie alla collaborazione della nota azienda Edmund Optics, ho avuto la possibilità di utilizzare la serie completa degli oculari RKE, il cui prezzo per singolo pezzo è attualmente di 115 euro. All’interno di questo articolo e nella videorecensione, potrete verificare non solo le caratteristiche tecniche di questi oculari, ma anche i loro pregi e difetti, nonché le impressioni che ho maturato durante una discreta comparativa con i migliori oculari della mia collezione.
Per testarli sul campo, è stato necessario utilizzarli con quattro telescopi di schema ottico e rapporto focale differenti.
Buona lettura e buona visione e ricordatevi di iscrivervi al mio canale, se ancora non lo avete fatto!
LA STORIA DI EDMUND OPTICS
Attualmente Edmund Optics è conosciuta in tutto il mondo come fornitore leader di soluzioni ottiche che spaziano dai mercati delle scienze biologiche e biomediche fino all’astronomia, ai semiconduttori e all’ispezione industriale. È presente sul mercato globale dal 1942 e oggi impiega oltre 1.200 dipendenti, con sedi ramificate in 18 località a livello internazionale.
Il fondatore, Norman Edmund, diede avvio all’attività commerciale nel 1942 a Savage, nei pressi di Collingswood, nel New Jersey, vendendo ottiche in eccedenza ad amici e colleghi appassionati di ottica. Per far conoscere il suo business, pubblicò un annuncio da 9 dollari sulla nota rivista Popular Photography, proponendo in vendita un kit di lenti con bordi scheggiati a 1,50 dollari. Poco dopo seguì un kit più completo, da 15-20 lenti.
Dopo appena un anno, Norman lanciò il primo catalogo della Edmund Scientific, che includeva oltre mille prodotti: dai telescopi ai binocoli, dai microscopi ai componenti ottici singoli.
Nel 1948, la sede della Edmund Scientific si trasferì da Collingswood a Barrington, sempre nel New Jersey, dove venne aperto un punto vendita che in breve tempo acquisì grande popolarità.
Nel 1958, grazie all’interesse crescente per l’esplorazione spaziale, l’azienda ampliò il proprio catalogo, includendo prodotti per la fisica, l’astronomia, le scienze della Terra, i telescopi e accessori astronomici, che rimasero una parte centrale dell’offerta per molti anni.
È noto tra gli appassionati che nel 1969, Jack Thompson della Westinghouse Aerospace acquistò una lente di Barlow da Edmund Scientific, successivamente utilizzata su una telecamera a colori portata a bordo dell’Apollo 11.
Nel 1970 Roberts, attuale CEO, entra a far parte del team. Nel 1976 sviluppano un telescopio riflettore newtoniano a campo largo da quattro pollici e un quarto, con apertura f/4. Fu indetto un concorso per far scegliere il nome ai clienti, che decisero di battezzarlo “AstroScan 2001” in omaggio a Stanley Kubrick.
Dal 1995 la Edmund inizia a espandersi a livello globale, aprendo uffici in Giappone, in Arizona, nel Regno Unito, in Germania, in Cina, in Francia, a Seul e a Taiwan. Nel 1999 introducono degli obiettivi telecentrici, mentre nel 2000 acquistano la Plummer Precision: da questo momento saranno in grado di produrre componenti sferici di alta qualità, come prismi ottici e rivestimenti ottici di alta qualità.
Nel 2004 migliorano la capacità produttiva, fornendo lenti ottiche piane con precisione di ben lambda/20. Nel 2016 trasferiscono una sede a Tucson, in Arizona, e sono in grado di presentare in catalogo oltre 28.900 componenti ottici di qualità. Festeggiano poi 75 anni di innovazione ottica, passando dalle vendite al dettaglio al ruolo di leader mondiale dell’ottica.
Nel 2018 acquisiscono la ITOS GmbH, specializzata nella produzione di polarizzatori e filtri. Nel 2018, inoltre, ampliano le capacità produttive creando componenti ottici di alta precisione grazie all’utilizzo di macchine dotate di utensili con punte diamantate.
Nel 2019 si affacciano al mercato dell’ottica laser. Nel 2021 aprono una seconda sede a Tucson e ampliano la già ampia struttura in Corea del Sud.
UNBOXING
IL MISTERO DELL’ACRONIMO RKE®
Il nome RKE® fu utilizzato per la prima volta nel 1977, ma il suo significato non venne mai reso noto in modo ufficiale attraverso cataloghi o pubblicazioni della Edmund Scientific. Per questo motivo, gli astrofili iniziarono a ipotizzare che l’acronimo significasse Reverse Kellner, oppure Rank-Kellner, poiché il dottor David Rank della Edmund Scientific fu l’inventore di questa serie di oculari.
Questo termine venne successivamente ripreso dal reparto marketing della stessa azienda, che confermò informalmente questa interpretazione come la più plausibile tra le fonti disponibili.
Tuttavia, durante la modifica della domanda di marchio avvenuta nel 1979, la Edmund Scientific dichiarò che l’acronimo RKE® significava Rank, Kaspereit, Erfle: ossia i tre schemi ottici da cui il dottor Rank trasse ispirazione per ideare il nuovo design a tre lenti.
Da un punto di vista strettamente ottico, potremmo definirli antagonisti dei classici Kellner o Reverse Kellner, spesso utilizzati nella costruzione degli oculari per binocoli.

GLI RKE® NEL DETTAGLIO
Da un punto di vista prettamente ottico, gli RKE® sono composti da tre elementi in due gruppi. Le lenti sono incastonate all’interno di scafi ottici metallici, che, sebbene sembrino semplicemente riverniciati di nero, sono in realtà anodizzati. Il barilotto è anch’esso in metallo nero e presenta una filettatura in grado di accettare filtri dal diametro standard di 31,8 mm.
Come potete vedere dalle immagini, si tratta di prodotti dal design semplice e spartano, ma che – a mio avviso – richiamano affettivamente e progettualmente lo stile degli anni ’80: prodotti senza fronzoli, pensati per essere utilizzati in modo rapido da possessori di rifrattori a media-lunga focale, principalmente per l’osservazione lunare e planetaria (eccetto il 28 mm che stupirà tutti nelle osservazioni deep-sky)
La sigla “Edmund Industrial Optics” è incisa nella parte superiore dello scafo ottico, insieme alla focale dell’oculare (ad esempio: RKE 28 mm, RKE 21,5 mm). Per migliorare la presa durante l’utilizzo, oltre a una differenza di spessore tra il bordo dello scafo ottico e quello del barilotto, subito sotto la sigla sono stati inseriti dei semplici anelli in gomma zigrinati di colore rosso. Hanno tutti lo stesso diametro, ma spessori differenti in proporzione alla focale dell’oculare.

Attualmente sono disponibili in quattro focali: 28 mm, 21,5 mm, 12 mm e 8 mm ma nel mercato dell’usato, anche se raramente, potrete scovare anche il 15 mm.. Tutti e quattro adottano la classica costruzione “volcano top” di stile giapponese, caratterizzata da una forma conica nei pressi della lente di campo. Questo effetto è particolarmente visibile – e a mio avviso anche gradevole – nelle versioni da 12 mm e da 8 mm.
Gli oculari vengono consegnati senza tappi protettivi e avvolti in semplice carta velina, all’interno di una scatola che include alcune strisce di materiale spugnoso. Sulla confezione, oltre al motto “The future depends on optics” e al link al sito ufficiale, è presente la dicitura “Made in USA”.
Per chi ancora non conoscesse questa azienda, è possibile acquistare gli oculari sia nella versione montata che non montata: allo stesso prezzo si possono richiedere soltanto gli elementi ottici con i distanziali anodizzati, oppure la versione già assemblata all’interno dello scafo ottico e del barilotto. Personalmente ho optato per quest’ultima soluzione.
Questi oculari sono decisamente piccoli e compatti, e proprio per questo è un piacere collezionarli, quasi come se fossero i pedoni di una scacchiera. Il 28 mm è il più ingombrante: pesa 80 grammi, è alto circa 59 mm e ha un diametro di 35 mm. Il 21,5 mm pesa 77 grammi, è alto circa 54 mm e ha un diametro massimo di 35,5 mm. Il 12 mm pesa 59 grammi, misura 43,6 mm in altezza e 35,7 mm di diametro. Infine, l’8 mm pesa 47 grammi, con dimensioni di 37,5 mm in altezza e 35,5 mm di diametro.
Ritengo sia abbastanza evidente come questi oculari possano essere utilizzati in coppia con ottimi risultati nell’osservazione attraverso le torrette binoculari.
L’estrazione pupillare dell’oculare da 28 mm è di 21,16 mm, quella del 21,5 mm è di 16,93 mm, il 12 mm ha una estrazione di 9,68 mm e l’8 mm di 6,65 mm. Sebbene mi sia parso di notare un campo apparente leggermente superiore, la Edmund dichiara un campo apparente di soli 45° molto probabilmente come previsto dal progetto originario. Il diaframma di campo risulta essere di 23,3 mm per il 28 mm, 17,3 mm per il 21,5 mm, 9,7 mm per il 12 mm e 6,6 mm per l’8 mm.
Edmund Optics dichiara che questi oculari sono prodotti nei loro stabilimenti ottici e realizzati con i migliori vetri ad altissimo indice di rifrazione, dotati di rivestimenti antiriflesso. Tuttavia, non ho trovato fonti ufficiali dettagliate riguardo al tipo di trattamento antiriflesso utilizzato.
Alcune fonti indicavano la presenza di un semplice trattamento antiriflesso monostrato al cloruro di magnesio delle prime versione: rispetto a una dispersione del 4% per una superficie singola non trattata, questo rivestimento sarebbe stato in grado di ridurla fino all’1,5%. Le versioni piu’ recenti dovrebbero adottare “rivestimenti di alta qualità” ma presumibilmente solo MC (Multi – Coated). Per tale motivo, non “dovrebbero raggiungere” le prestazioni dei più avanzati trattamenti FMC (Fully Multi-Coated), ovvero i multistrato su ogni superficie ottica. Tuttavia, nella prova pratica sul campo, questi oculari hanno riservato delle belle sorprese.

Una curiosità: all’interno del sito ufficiale di Edmund Optics è presente un articolo dedicato alla scelta dell’oculare più adatto alle proprie esigenze. Nel momento in cui viene descritto l’RKE® l’azienda si limita a specificare che si tratta di una miglioria del design Kellner, capace di offrire un campo visivo più ampio, una migliore correzione dell’aberrazione laterale (liberazione) e una maggiore estrazione pupillare rispetto al classico Kellner.
Sempre nello stesso articolo, nella parte finale, viene proposta una tabella comparativa tra diversi schemi ottici: Huygens, Ramsden, Kellner, Ortoscopico, Plössl ed Erfle. Vi dico soltanto che, a livello di nitidezza, agli RKE® viene attribuito un punteggio di 2 su 4, contro i 4 su 4 degli ortoscopici e dei Plössl. All’atto pratico, però, ho riscontrato una nitidezza comparabile proprio a quella degli ortoscopici.
Uno schema molto semplice come quello degli oculari RKE, dotato di soli tre elementi ottici, è in grado di offrire ottime immagini al centro del campo. Tuttavia, presenta alcune limitazioni: il campo visivo non è molto ampio e, soprattutto ai bordi, si possono notare aberrazioni geometriche. Queste ultime tendono ad aumentare in funzione del rapporto focale dello strumento utilizzato.
Per godere di belle osservazioni grandangolari del cielo profondo, è generalmente preferibile utilizzare oculari con schemi ottici più complessi – da cinque lenti in su. Ovviamente, questi ultimi non solo sono molto più costosi, ma risultano anche più ingombranti.
Tuttavia, nell’osservazione di oggetti angolarmente piccoli – come pianeti, stelle doppie o per esplorare con dettaglio la superficie all’interno di un cratere lunare – ciò che conta maggiormente è la nitidezza e il contrasto al centro del campo. In questi casi, oculari semplici come gli RKE® sono spesso una scelta più che valida. Acquistare oculari con schemi ottici complessi diventa davvero utile solo se si desidera godere della panoramica completa della superficie lunare o di campi stellari estesi.
Un piccolo excursus storico può aiutare a contestualizzare meglio: il primo schema ottico per oculari, lo Huygens, risale al 1703 e offriva un campo apparente di circa 35°. Segue nel 1783 il Ramsden, con un campo compreso tra 25° e 35°. Nel 1849 nasce il Kellner, con un campo apparente migliorato di 40°. Nel 1860 arriva il celebre Plössl, mentre nel 1880 compare l’ortoscopico (o Abbe).
Alla luce di ciò, ritengo che gli RKE® – con un campo apparente che ho stimato in circa 50° – possano essere considerati, nella pratica, delle valide alternative non tanto ai Kellner, quanto proprio ai Plössl, almeno per quanto riguarda la nitidezza al centro del campo.
Ai bordi, invece, se confrontati con un buon ortoscopico Abbe o con un Plössl di alta qualità, gli RKE® risultano di poco inferiori: uno schema a tre sole lenti, infatti, non è sufficiente a correggere efficacemente aberrazioni come l’astigmatismo, la coma o la distorsione.

Una caratteristica che molti appassionati tendono a sottovalutare è che anche le prestazioni di un oculare oculare – oltre alle sue caratteristiche ottiche – è strettamente legata allo schema ottico e all’ apertura focale del telescopio su cui si utilizzerà.
Proprio per questo motivo ho deciso di testare gli RKE® confrontandoli su diversi telescopi, con schemi ottici e rapporti focali differenti. Ho eseguito osservazioni con uno Schmidt-Cassegrain Celestron C8 da 20 cm a f/10, un piccolo Meade ETX 90 Maksutov-Cassegrain aperto a circa f/13, un rifrattore acromatico Celestron XLT da 150 mm a f/5, e un doppietto alla fluorite giapponese Takahashi FS 128 aperto a f/8.
È bene ricordare che nessun oculare può compensare in modo completo le aberrazioni cromatiche o geometriche introdotte dall’obiettivo. Lo scopo principale di questo test, pur includendo anche osservazioni di oggetti del cielo profondo, è stato comparare gli RKE con i migliori oculari ad alta risoluzione in mio possesso.
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Alcune delle sessioni osservative sono state anche documentate con una action cam, riprendendo attraverso una torretta porta-oculari Takahashi. Ho quindi eseguito un confronto serrato tra gli RKE® e vari oculari di alta qualità, tra cui: I TMB monocentrici, gli ortoscopici MC Abbe della Takahashi, i vecchi Baader Genuine ortho , alcuni economici Celestron SMA, i Plössl Celestron “Halloween”, un raro Super Plössl della TAL, e altri ancora.
UTILIZZO PRATICO CON I TELESCOPI
Dopo l’unboxing. Serata con il piccolo Meade ETX 90 e breve sessione con il Celestron C8
La sera della prima osservazione trascinava con se una giornata davvero intensa: oltre 18 ore di lavoro tra una recensione al poligono, la stesura di un lungo articolo e una sessione pratica con un visore termico nel dopo cena. La stanchezza ormai aveva preso il sopravvento, così alle ore 22.30 decisi di rilassarmi con una fugace occhiata alla Nebulosa di Orione, usando il fidato e compatto Meade ETX 90.
A quel punto, estrassi dalla caratteristica scatoletta gialla, nera e bianca l’ RKE® da 28 mm. Fu in quel momento che, per la prima volta, sperimentai il famoso effetto “floating” di questo oculare: l’immagine sembrava letteralmente galleggiare, sospesa nello spazio.
Con grande sorpresa, notai subito quanto fosse luminosa la visione offerta da questo oculare così compatto: un dettaglio che mi fece intuire il suo potenziale nelle osservazioni deep-sky, specialmente se abbinato al mio semplice rifrattore acromatico da 150 mm a F/5.
Quella sera non feci altro che restare a osservare, affascinato, la M42 che sembrava danzare nell’oculare. Ma non preoccupatevi: presto entrerò nei dettagli con impressioni più approfondite.
Nei giorni successivi ebbi finalmente modo di provare l’RKE da 21 mm con il Celestron C8. Grazie al rapporto focale di F/10, l’oculare garantiva una buona resa anche verso i bordi del campo, pur senza raggiungere la perfezione. L’intenzione era quella di osservare la celebre rima Petavius, mettendola a confronto con altri oculari.
Purtroppo, quella sera il seeing non fu particolarmente favorevole e dovetti limitarmi ad apprezzare semplicemente il contrasto elevato offerto dall’RKE — di gran lunga superiore rispetto a quello di un vecchio SMA Celestron 20, incluso all’epoca nella dotazione del Celestar 8.
Ero però certo che sarebbero arrivate serate migliori, ideali anche per riprese in diretta con la mia action cam. Giunsi così alla mera conclusione che questa gamma di oculari può davvero offrire ottime soddisfazioni, in particolare se utilizzata con torrette binoculari, dove le focali più lunghe riescono a esprimere tutto il loro potenziale.
Prima prova con rifrattore acromatico F/5
Il rifrattore Celestron XLT 150 F/5 è , facilmente reperibile sul mercato dell’usato per circa 350–400 euro, è dotato di un doppietto acromatico che mostra una marcata aberrazione cromatica.
Gli RKE® utilizzati con questo strumento, hanno evidenziato un degrado dell’immagine stellare ai bordi, variabile in funzione della focale dell’oculare. Con il 28 mm, le stelle più luminose cominciavano a degradarsi già verso il 60 – 70% del campo; man mano che si passava a focali più corte, come l’8 mm, la situazione migliorava, ma non si risolveva completamente.
In questo contesto, ho preferito di gran lunga l’uso di un ortoscopico MC Abbe della Takahashi. Di contro, nell’osservazione di ammassi stellari, asterismi e simili, l’RKE offriva un’esperienza visiva più grandangolare e appagante rispetto a un ottimo monocentrico TMB preso come riferimento, che tuttavia presentava un campo apparente estremamente ristretto.

OCULARE RKE® 28
Come potrete vedere nella video-recensione, non ho avuto modo di effettuare una comparativa precisa con le focali degli RKE utilizzando il rifrattore Takahashi FS-128 (f/8), poiché non possiedo oculari con le stesse focali. Per questo motivo, il 28 mm è stato inizialmente confrontato con un Super Plössl TAL da 25 mm e un Celestron SMA da 20 mm. Ho poi proseguito la comparativa utilizzando un Baader Classic Ortho da 18 mm, un Takahashi MC Abbe sempre da 18 mm, e un Baader Genuine Ortho della medesima focale.
In questa situazione ho riscontrato una netta superiorità dell’RKE da 28 mm rispetto al Super Plössl TAL da 25 mm: le immagini risultavano più contrastate, con meno luce diffusa, e – contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare – presentavano un degrado ai bordi meno evidente rispetto al TAL. L’oculare russo, sia nell’osservazione stellare che nella visione della superficie lunare, mostrava un peggioramento dell’immagine già a partire da circa l’80% del campo visivo.

Durante le osservazioni del cielo profondo (per quanto limitate dal periodo in cui ho effettuato il test, ma che conto di proseguire nei mesi successivi), ho notato un effetto che gli appassionati oltreoceano chiamano floating. In pratica, osservando con il 28 mm, le immagini stellari sembrano non formarsi sulla lente di campo, ma apparire sospese, come se stessero per fuoriuscire oltre il bordo dello scafo ottico. Per spiegarmi meglio: sembra di osservare un liquido in procinto di traboccare oltre il bordo di un bicchiere.
Non credo che questo effetto sia dovuto al progetto ottico in sé, quanto piuttosto all’elevata estrazione pupillare dell’oculare. Effetti simili li ho notati anche osservando con cannocchiali da tiro durante sessioni crepuscolari, strumenti che, vi ricordo, possono avere estrazioni pupillari anche prossime ai 90 mm.
L’azienda fornisce un paraluce molto spartano, che aiuta a migliorare l’allineamento con l’asse ottico. Personalmente, essendo abituato all’uso di cannocchiali da tiro, non ho avuto difficoltà a sfruttare l’oculare anche senza questo accessorio. Anzi, ritengo che l’effetto floating risulti ancora più evidente senza il paraluce. Tuttavia, capisco che per chi si avvicina per la prima volta a questo tipo di oculare, possano esserci alcune difficoltà iniziali nell’utilizzarlo al meglio.
OCULARE RKE® 21.5 mm
L’oculare RKE da 21,5 mm ha sfoderato prestazioni che, francamente, mi hanno sorpreso. L’ho messo a confronto con alcuni dei miei migliori oculari ortoscopici: il Takahashi MC Abbe da 18 mm (attualmente fuori produzione), un Baader Genuine Ortho e un Baader Classic Ortho, entrambi anch’essi da 18 mm.
Rispetto al Baader Genuine, l’RKE mi ha restituito un’immagine più cristallina e con una tonalità visiva più neutra. Ma ciò che mi ha colpito di più è stato il fatto che, sull’asse ottico, la nitidezza e il contrasto offerti dal 21,5 mm fossero davvero molto simili a quelli del MC Abbe, che considero uno dei riferimenti assoluti in ambito “ortoscopico”. In particolare, mi ha dato l’impressione di essere un oculare eccellente da usare in coppia, montato su una torretta binoculare. Non a caso, ho in programma di condividere le mie impressioni proprio su questo tipo di utilizzo, sia con il Takahashi FS-128 che con il Celestron C8.
Durante una delle sessioni osservative, l’RKE da 21,5 mm mi ha stupito per la sua capacità di mostrare dettagli sul disco di Giove in modo del tutto comparabile al Takahashi MC Abbe. Naturalmente, va detto che l’MC Abbe risultava più corretto ai bordi – cosa che ho evidenziato anche osservando lo spostamento dei satelliti galileiani verso il bordo del campo – ma al centro, i dettagli del pianeta erano pressoché identici. Anche la nitidezza e il contrasto percepiti erano molto simili.
Chiaro, non si tratta di una prova “da laboratorio”, dato che i confronti sono stati fatti tra oculari con focali differenti (21,5 mm contro 18 mm), ma la sensazione che ho avuto sul campo è che il 21,5 mm sia forse la focale più riuscita dell’intera serie RKE®. Almeno per il mio modo di osservare, si è rivelato un vero piccolo gioiello.

OCULARE RKE® 12 mm
Anche nel caso del 12 mm, ho riscontrato poca differenza in termini di nitidezza e contrasto rispetto ai miei oculari di punta. L’ho messo a confronto con un Baader Genuine Ortho da 12 mm e un MC Abbe Takahashi, sempre da 12 mm. Durante le osservazioni gioviane, l’MC Abbe ha evidenziato un leggero vantaggio per quanto riguarda il contenimento della luce diffusa, grazie al trattamento multistrato FMC, e per il contrasto sulla superficie di Giove.
Tuttavia, il 12 mm dell’RKE® ha mostrato un’immagine estremamente cristallina e nitida, che a mio parere ha superato quella del vecchio ortoscopico Baader Genuine, che ho utilizzato come termine di paragone. La resa dell’RKE® è stata notevolmente superiore, sia per la qualità dell’immagine che per il contrasto, che si è mantenuto ben definito anche al centro del campo. In sintesi, seppur non possa rivaleggiare con l’MC Abbe per certi dettagli marginali, il 12 mm RKE® si è comunque distinto come un’opzione eccellente per chi cerca un equilibrio tra nitidezza, contrasto e una qualità visiva molto buona a un prezzo contenuto.

OCULARE RKE® 8 mm
L’oculare RKE® da ‘8 mm stato messo a confronto con alcuni pezzi decisamente performanti, tra cui il Takahashi MC Abbe da 9 mm, il Baader Genuine Ortho da 9 mm, e il mitico TMB monocentrico da 9 mm, che considero appena inferiore ai leggendari oculari ZAO (Zeiss Abbe Orthoscopics). Tuttavia, per avere una visione completa, ho anche deciso di testare un semplice oculare Plössl Konus da 7,5 mm degli anni ’90. Purtroppo, quest’ultimo è arrivato solo quarto nella classifica, con una resa mediocre dovuta a troppa luce diffusa, basso contrasto e un fondo cielo decisamente troppo chiaro.
Nella sessione di osservazione di Giove, ho preferito il TMB monocentrico, che, seppur di poco, forniva un fondo cielo più scuro, un’immagine del pianeta leggermente più sferica, un effetto che potrei definire “biglia”, e un lieve contrasto in più. Tuttavia, per quanto riguarda l’osservazione lunare, la situazione si è ribaltata. La luna, essendo così contrastata, non ha evidenziato differenze marcate in termini di nitidezza e contrasto tra i primi tre oculari. Qui ho preferito il Takahashi MC Abbe, seguito dall’RKE® e, al terzo posto, il TMB monocentrico, che purtroppo soffriva di un campo visivo estremamente ristretto.
In effetti, confrontando l’8 mm RKE® con il Takahashi MC Abbe durante l’osservazione lunare, sono rimasto piacevolmente sorpreso dalle prestazioni dell’oculare Edmund Optics. Ha dimostrato una notevole capacità di produrre immagini nitide e contrastate. Inoltre, grazie al miglior rapporto focale del Takahashi FS 128 (F8), l’immagine lunare e i bordi del campo rimanevano quasi completamente leggibili, proprio come al centro. Questo mi ha fatto riflettere su quanto possano essere performanti questi oculari quando utilizzati con telescopi a focale più lunga, da F/10 in su. Amici dei rifrattori a lunga focale…acquistateli!
Infine, considerando che il mio oculare preferito per l’osservazione planetaria è il TMB Supermono (un tripletto che può essere trovato nel mercato dell’usato a prezzi superiori a quelli necessari per acquistare tutte e quattro le focali degli RKE), posso affermare che questi oculari della Edmund Optics si sono rivelati una scelta sorprendentemente valida.

PREGI E DIFETTI
Pregi:
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Nitidezza e contrasto al centro del campo: Gli oculari RKE® offrono una nitidezza e un contrasto ottimi al centro del campo visivo, particolarmente apprezzabili per l’osservazione planetaria e lunare.
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Prezzo di acquisto: Rispetto a oculari di pari qualità ottica in asse, gli RKE® sono molto competitivi in termini di prezzo, rendendoli una scelta interessante per chi cerca prestazioni ottiche elevate senza spendere una fortuna.
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Ottima trasparenza nell’osservazione: La trasparenza è un altro punto forte degli RKE®, che garantisce immagini chiare e ben definite, senza una perdita di luce significativa.
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Campo di vista prossimo ai 50 gradi: Anche se non si tratta di un campo grandangolare, il campo di circa 50 gradi offre un buon equilibrio tra un campo visivo sufficientemente ampio e una buona resa dell’immagine.
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Compatti e leggeri: Questi oculari sono ideali per l’uso con visori binoculari grazie alle loro dimensioni contenute e al peso ridotto
Difetti:
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Schema ottico semplice: Lo schema ottico a tre elementi rende l’immagine meno ampia rispetto a oculari con schemi più complessi. Sebbene ottimizzati per l’osservazione precisa di oggetti poco estesi, gli RKE non offrono un campo visivo molto grande, cosa che potrebbe limitare l’uso per chi desidera un’osservazione più panoramica.
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Aberrazioni geometriche: A causa della semplicità del design, le aberrazioni geometriche come distorsione e astigmatismo tendono a manifestarsi ai bordi del campo visivo. L’entità di queste aberrazioni dipende anche dal rapporto focale dello strumento utilizzato.
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Difficoltà nel primo utilizzo del 28 mm: L’RKE®da 28 mm ha un effetto floating molto evidente, che cambia l’esperienza visiva rispetto ad altri oculari. Questo può risultare interessante per alcuni, ma genera anche una maggior difficoltà a mettere in asse l’occhio con la pupilla di uscita dell’oculare. Fattore, pero’ molto soggettivo.
IN SINTESI
In sintesi, ritengo che Edmund Optics, con i suoi oculari RKE®, offra agli astrofili un’opzione di grande valore e dal sapore vintage. Questi oculari sono in grado di fornire prestazioni eccellenti al centro del campo, particolarmente utili per l’osservazione ad alta risoluzione, specialmente con rifrattori di media e alta focale. Pur avendo un campo di visione di circa 50 gradi, offrono immagini di alta qualità, con una nitidezza e un contrasto in asse che possono rivaleggiare con i migliori oculari planetari disponibili sul mercato, il tutto a un prezzo che, spesso, risulta essere inferiore del 50-60% rispetto agli oculari di pari categoria.
Pur non vantando un design moderno o rifiniture di alta classe, gli RKE si distinguono per la loro semplicità e funzionalità. Sono oculari essenziali, con ottima nitidezza, contrasto e trasparenza, perfetti per l’osservazione in alta risoluzione e per essere utilizzati anche in combinazione con le torrette binoculari. Il loro prezzo è adeguato alla qualità degli elementi ottici impiegati, facendo degli RKE® una scelta sensata per chi cerca prestazioni elevate a un costo contenuto.
PREZZO DI ACQUISTO
Ad aprile 2025, il costo degli oculari RKE è di 115 euro.
DOVE COMPRARE?
Potete acquistarli direttamente sul sito ufficiale: https://www.edmundoptics.com/f/edmund-optics-rke-precision-eyepieces/12484/
RINGRAZIAMENTI
Un ringraziamento speciale a Edmund Optics per aver fornito gli esemplari oggetto di questo test, e per avermi dato la libertà di condividere le mie impressioni pratiche sul campo.
DISCLAIMER
Binomania non è un negozio online, ma un sito di recensioni. I prodotti sono testati e restituiti, e come giornalista non posso venderli ai lettori. Per tale motivo, per conoscere eventuali offerte e prezzi sui prodotti oggetto di questa recensione, dovete contattare direttamente Edmund Optics
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