SAN GIORGIO MORAIS, rifrattore 190/2850. La vera e definitiva storia

Su reiterato invito e insistenza del caro amico Francesco Toni e PiergiovanniSalimbeni, e di altri ancora, per tributare e ringraziare Marco Scardia, Maurizio Sirtori e Fausto Giacometti e per amore della verità; questa è la storia del salvataggio, dall’oblio, di uno dei rifrattori “marziani”, più famosi al mondo (dopo i due Merz Schiapparelliani, il Clarck di Lowell, l’Henry di Antoniadi, il Cooke di Cerulli e Maggini.)
Il SAN GIORGIO MORAIS, 190 mm , focale 2850 mm appartenuto a Glauco De Mottoni y Palacios.
Della San Giorgio e di De Mottoni, il web racconta molto: http://uranialigustica.altervista.org/sangiorgio/telescopi/index.htm

http://www.astronomianews.it/index.php?p=nuovo_orione&num=238

http://www.astropa.inaf.it/astronomer/de-mottoni-y-palacios-glauco

e quindi non mi dilungherò.
Vorrei soltanto ricordare un episodio particolare avvenuto nel 1986.
Quell’anno fu pubblicato il libro di W. Ferreri e Sinigaglia “Il libro dell’astronomo dilettante” Ed Curcio,  a pag 62, nella foto A era ben riconoscibile il telescopio San Giorgio Morais con una breve didascalia e nient’altro (foto B). Quella foto, che mai ho dimenticato, la divoravo ogni qualvolta mi recavo a Genova per lavoro (viaggiavo frequentemente all’epoca). Ricordo anche le ore spese a cercare invano nelle solari terrazze della città con la speranza di intravedere il bel tubo.
 Alla morte di De Mottoni, il SGM passò di mano al dott. Marco Scardia, astronomo di Merate, noto studioso di stelle doppie, discepolo del Nostro e soprattutto generosissimo e lungimirante nostro benefattore. Il rifrattore fu per anni custodito presso l’abitazione privata di Marco e poi, avendo perduto il fuocheggiatore originale, fu ricoverato presso il laboratorio dell’ArassBrera  per la sostituzione e ammodernamento del moto orario della seducentissima montatura equatoriale Zeiss.
Nel 2014, mentre lavoravo nel settore editoriale, mi recai, durante un imprecisato giorno di primavera, presso lo spazio espositivo del complesso polifunzionale di via Piranesi 10, a trovare un partner editore.
Per caso, notai il cartello dell’Open Care riportante la targa del laboratorio dell’Arass e immediatamente ricordai di aver letto del lavoro del grande Nello Paolucci e del restauro del mitico Merz da 22 cm di Brera. Da lì a pochi minuti, ero già in officina. L’accoglienza fu molto cordiale e inferiore solo allo stupore di vedere la grande macchina del Merz da 49 cm, ormai in fase di quasi ultimato restauro (per un accidentale furto ho perso tutte le foto di quell’evento e delle successive reiterate visite in Arass.)
Paolucci, laconico, mi disse che ultimato il telescopio, esso avrebbe avuto un futuro incerto e probabilmente sarebbe tornato nei sotterranei di Merate. Violenta e contestuale fu la visione che ebbi . Febrilmente, meditavo che simile meraviglia, avrebbe dovuto essere l’Icona dell’imminente esposizione universale del 2015 ! La prima cosa che feci, congedandomi, fu di telefonare a Cesare Baroni e da li, nacque il nostro progetto andato a finire come molti ormai sanno: https://www.binomania.it/phpBB3/viewtopic.php?f=144&t=6380&p=64080#p64080
In Arass, vi era anche un fedele piccolo compagno del 49 cm, il nostro protagonista da 19 cm, di cui però, Aluccia, non sapeva molto se non il nome del proprietario e che era li, sepolto anch’esso da anni.

Inevitabilmente non catalizzò la mia attenzione, ma le cause di cui appena sopra, mi fecero dopo pochi mesi, ripensare.
Prendemmo contatto quindi Scardia il quale gentile e lungimirante, ci diede in comodato d’uso la meravigliosa scultura, raccontandoci del passato meno glorioso, ma ugualmente importante. Questo caso di “serendipity”, mi ha sempre accompagnato nelle cose vere e forti che percepisco emotivamente.
Il “De Mottoni” divenne così uno dei protagonisti fondamentali della nostra Expo ad Opera:
https://www.7giorni.info/eventi-spettacoli/milano-metropoli/all-abbazia-mirasole-di-opera-l-evento-di-expo-in-citta-dalla-terra-al-cielo.html

https://www.mi-lorenteggio.com/2015/11/26/Archivio41610/44575/

Finito Expo, restituimmo molto del materiale espositivo ai proprietari e sponsor e anche i religiosi premostratensi, abitanti dell’Abbazia si dispersero tra la Francia e l’Italia. L’Abbazia diventò nuovamente deserta al Polifunzionale di Opera.
Pochi mesi dopo, il bando di gestione della bella struttura fu vinto dall’OnLus ARCA e da lì a poco, Cesare ed io ci proponemmo, forti del successo della nostra Expo, con un altro progetto.
https://www.uai.it/pubblicazioni/astronews/tag/glauco%20de%20mottoni%20y%20palacios.html
Grande fu da subito ancora l’accoglienza, ma io non ero soddisfatto.
Non sopportavo il destino del “De Mottoni” relegato come lo scheletro di un dinosauro nel nostro piccolo museo e ancora non avevo digerito la medesima inevitabile sorte per il Merz da 49 cm al Museo della Scienza. Volevo quindi rendere operativo il prestigioso obiettivo San Giorgio, rimetterlo sotto Marte e il cielo, fare intorno a lui un nuovo telescopio, mantenendo intatta la struttura originale.

Parlai al consiglio direttivo del progetto dell’epoca, della mia associazione, e quella volta, l’accoglienza fu tiepida e anzi osteggiata. Decisi di fare per conto mio, decisi che mi sarei sobbarcato tutti gli oneri operativi ed economici e poi, si sarebbe visto…
Per mesi, l’unico che m’incoraggiò a distanza e che era costantemente informato, oltre che foriero di consigli, fu l’amico (romantico eremita) Francesco Toni (ironicamente definito principe di Achropolis a Monfestino.)

oltre oceano per sostenere i loro rifrattori da sei e otto pollici.
Possedevo da anni una straordinaria colonna fattami da Davide Dal Prato , Francesco, mi vendette il fuocheggiatore Astro Phisics da 2,7 inch, avevo poi un raro rifrattorino “Goto” vintage da 40 mm foc 400 che avrei utilizzato come cercatore.

Acquistai quindi una montatura equatoriale Urania CRT, da Paolo Casarini, apparentemente ben tenuta, ma del tutto inutilizzabile e che per i sei mesi di Expo servì solo a sostenere lo Zeiss AS 110/1650 che nel frattempo acquistai dal grande Domenico Gellera, ex vice presidente dell’Araas Brera. La montatura, quindi, doveva essere restaurata seriamente ma prima dovevo decidere chi avrebbe intubato l’obiettivo.
La scelta ricadde sull’amico Fausto Giacometti che mi suggerì un tubo a due sezioni e diametri diversi per alleggerire la struttura. Portato l’obiettivo da Fausto, egli lo smontò, lo studiò e lo pose nel suo banco ottico per saggiarne, al ronchigramma, la qualità. Il progetto ottico si rivelò di origine sconosciuta (infatti, è un Morais, pezzo unico) e fu definito buono, il risultato in luce policromatica e molto buono in luce rossa. Gli spaziatori, a giudizio di Fausto non erano originali (molto spessi e in metallo) e decise a breve di cambiarli. Il nuovo risultato fu eccellente in luce policromatica e straordinario in luce rossa, in pratica un super CdE, apocromatico nella radiazione più lunga. Purtroppo, foto di quelle esperienze, nel laboratorio “giocomettiano” non ne posseggo più.
Recuperato il lungo tubo, restava il dilemma di chi avrebbe provveduto alla parte più laboriosa e impegnativa, ovvero il restauro, motorizzazione, anabolizzazione e l’assemblaggio dell’Urania, della colonna e la realizzazione di parti accessorie del tubone.
La scelta non poteva che ricadere sul bravo e competente amico Maurizio Sirtori di Brugherio, che si era già distinto nel restauro del tubo di legno dell’originale “De Mottoni” e in tante altre lavorazioni e personalizzazioni che nel corso degli anni, ha fatto per me e tanti astrofili. Descrivere le difficoltà e le soluzioni che proponeva, sarebbe forse noioso ma il tema era riuscire con pochissimo budget a disposizione,  a fare il “miracolo” !
Con il supporto di Plinio Camaiti, Maurizio s’impegnò moltissimo. Il tubo era bellissimo, la struttura tralicciata (il castello) che avvolgeva il tubo era stato ideato e mirabilmente realizzato a prevenzione di eventuali flessioni, il volante in prossimità del fuocheggiatore, rendeva armonioso ed efficiente il tubone e gli donava grazie ed efficienza. Maurizio, inoltre ideò e trasformò un efficiente sistema di carrellazione del telescopio per brevi spostamenti dal luogo del ricovero, al pratone dell’Abbazia luogo di osservazione.


Nel frattempo, sfortunatamente persi il mio lavoro e le priorità divennero altre, ma il consiglio direttivo della mia associazione (ridottosi a tre elementi, nel frattempo,  Cesare Baroni e Vincenzo Grimaldi , oltre al sottoscritto) decise di avvalersi dei pochi soldi residuali di una sponsorizzazione del comune di Opera rimasti nella nostre casse, per saldare l’operato di Fausto e di Maurizio.


La prima realizzazione del telescopio completo, tuttavia non fu altrettanto efficiente: la montatura non inseguiva, inoltre, sembrava sottodimensionata nonostante l’irrobustimento.
Un paio di volte, con la collaborazione di Roberto Boccadoro del Gruppo Astrofili di Brugherio e della sua immensa station wagon, il tubo, la montatura e la colonna fecero la spola Brugherio/Opera.
Il problema non era semplice e probabilmente più di uno. Decisi allora di mettere un’inserzione su Astrosell cercando una monumentale, vecchia e solida montatura che equipaggiava i vecchi Meade riflettori da sedici pollici e che sapevo essere molto ricercata e utilizzata dagli appassionati visualisti  oltre oceano per sostenere i loro rifrattori da sei e otto pollici. 
L’amico Andrea Cuozzo, ora presidente dell’Associazione Astronomica Pavese, mi segnalò che disponibile e molto vicina ad Opera, una montatura dotata di un tubo Newtoniano Meade da sedici pollici. In pochi giorni mi accompagnò a Cecima, presso l’osservatorio planetario di Cà del Monte, dove conobbi il presidente Fabrizio Barbaglia (al quale avevo venduto tanti anni prima un rifrattorino da tre pollici e che mi mostrò fiero, finemente ricoperto di cuoio in puro stile steam punk). Fabrizio, gentilissimo, cordiale, competente, approvò subito il progetto e per poche centinaia di euro mi cedette la montatura.


Fabrizio, era letteralmente sempre in osservatorio, preso a osservare, modificare, migliorare la strumentazione, a ricevere ospiti e nonostante gli impegni, mi promise che sarebbe venuto ad Opera mettere l’occhio nel SGM.   Purtroppo Fabrizio, circa un anno fa,  fu portato via da qui, prematuramente.
Andrea acquistò il tubo (trasformato in seguito, dal solito Sirtori, in dobson) e la nuova montatura fu quindi smontata, anabolizzata, migliorata, abbellita, motorizzata, riverniciata sopra citato “eroe” e solo dopo altre peripezie ed altrettante spole tra Brugherio /Opera, resa definitivamente operativa e funzionale 


Il prestigioso strumento fu quindi…duplicato: l’icona originale fu custodita nel museo con la denominazione  “De Mottoni” mentre il nuovo telescopio, operativo sotto il cielo, fu battezzato “San Giorgio Morais”, abbreviato con l’acronimo “SGM” .
Poi il caro amico Raffaello Braga provvide a una profonda pulizia della cella e delle  prestigiose lenti.
Tali strumenti rappresentano ormai per molti astrofili (conosciuti e non)  una delle attrazioni più significative della nostra suggestiva Abbazia 


Nel breve futuro, sembrerebbe che la lungimirante e generosa amministrazione comunale, provvederà a dare al leviatano operativo una degna sistemazione in territorio comunale, (probabilmente in  uno dei tanti giardini adiacenti la cittadina, a garanzia della massima,meritata funzionalità.
Ma la storia continua…