La fotografia, nel mondo del estremamente piccolo, è il connubio di due aspetti fra loro molto diversi ma, nello stesso tempo, assolutamente complementari.
Il primo aspetto, fondamentale, è utilizzare lo strumento adatto allo scopo, il secondo, altrettanto importante, è impiegare la tecnica giusta e che riesce a mettere in evidenza la caratteristica che vogliamo evidenziare.
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Facciamo allora un esempio: andiamo in cucina e prendiamo uno spicchio di aglio.
Mentre la moglie guarda preoccupata, strappiamo una pellicina dal bulbo, una di quelle esterne.
Ammettiamo ora che questa pellicina sia lo scopo della nostra ricerca: certo possiamo fotografarla, più o meno ingrandita, ma a parte cellule morte e fibre di vecchi vasi, troveremo ben poco di interessante e questo anche se utilizziamo un sia pur ottimo microscopio.
Quello che possiamo osservare è che le cellule ora sono tutte devitalizzate, non vi è più il nucleo, ne gli altri organelli tipici della vita, ma, al contrario, si notano le pareti cellulari ora molto inspessite per depositi di cellulosa e lignina e, in molte cellule, la formazione di depositi di materiale di scarto.
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Certo, infatti abbiamo usato lo strumento giusto, ma manca ancora la tecnica adatta per vedere ciò che la Natura ci nasconde.
Allora, proviamo ad usare, al posto della luce solita, una luce polarizzata:
Lo strumento è lo stesso, ma questa volta una tecnica mirata allo scopo ci fa vedere che dentro la cellula vi sono tanti piccoli cristalli birifrangenti. La polarizzazione, mediante opportune misurazioni ed indagini, mette così in evidenza la reale natura di questi depositi: cristalli di ossalato di calcio.
Andiamo avanti, ancora stesso strumento, ma tecnica ancora diversa: utilizziamo per illuminare il nostro aglio un fascio di luce blu monocromatica e vediamo cosa succede.
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No, al contrario, il microscopio elimina proprio la luce blu che era stata inviata ad illuminare e ci fa vedere una luminosità che si è creata ex novo: attorno ai cristalli si è formata una bellissima luce giallo-verde, una fluorescenza naturale.
Quindi, ancora un'altra tecnica di visione, ancora più specifica, ci ha fornito delle ulteriori informazioni: i cristalli sono fluorescenti e noi ora ne vediamo benissimo la luce gialla che viene emessa, quando vengono eccitati dalla luce blu.
Ma allora, dove cavolo sono esattamente posizionati questi cristalli ?
Non dentro le singole cellule, altrimenti la luce non sarebbe visibile o, almeno, sarebbe fortemente attenuata.
E se invece sono all'esterno delle cellule e quindi sulla stessa pellicola, come mai scorrendo con le dita non sentiamo almeno una rugosità, tipo carta vetrata, un qualsiasi indice della presenza di questi cristalli sulla superficie esterna ?
Se vogliamo andare oltre, per forza di cose dobbiamo utilizzare una nuova tecnica, qualche cosa che ci possa dare indicazioni sulla struttura tridimensionale di ciò che stiamo osservando, altrimenti non ci caviamo i piedi.
Già, perché noi non le utilizziamo mai, ma il microscopio ci da informazioni che sono valide sul piano X e Y, ma anche sulla profondità, piano Z, solo che noi non ne teniamo mai conto.
Allora, tutto da capo !
Stessa attrezzatura, ma tecnica nuova: ricorriamo allo stack di più fotografie che verranno scattate in successione e di un adatto software che, questa volta, tenga conto non solo della posizione sul piano di ogni punto, ma anche della sua altezza dalla base del piano.
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Ma no, dai che è semplice, solo che il risultato del nostro lavoro, essendo tridimensionale, sarà molto più evidente se visto tramite un filmato, piuttosto che in una semplice foto:
[youtubenew]ex9Xuq_LJ7w[/youtubenew]
Ecco dove si sono cacciati i cristalli, sono dentro delle cavità !
Ecco perché la pellicina è liscia ed i cristalli non “grattano”.
E poi non è dal cristallo che esce la luce fluorescente, ma solo dalla superficie di contatto fra il cristallo e la parete cellulare !
E di nuovo alcune risposte aprono a nuovi interrogativi: come mai la fluorescenza non esce da tutte le pareti del cristallo, ma solo da quella inferiore ? Perché ?
Questa tecnica ci permette allora di fare altre considerazioni, altre ipotesi: discutendo con amici esperti di cristallografia, abbiamo ipotizzato che la fluorescenza si formi a contatto con la cellula a causa delle deformazioni che il cristallo subisce durante la sua formazione. L’attrito fra la faccia del cristallo e la superficie della cellula, impedisce la regolare formazione del cristallo, predisponendo così alla strana fluorescenza.
E la storia della ricerca microscopica potrebbe continuare ancora, questo era solo un esempio di come, affinando i mezzi ed i metodi di ricerca, sia possibile approfondire sempre più la nostra indagine.
Vi chiedo scusa se sono stato barboso, era solo per chiarire che in fotografia microscopica il risultato tecnico dipende sempre dalla giusta accoppiata strumento - tecnica mirata, per cui, se vogliamo fare le cose per bene, dovremo sempre trattare al meglio entrambi gli aspetti.
Peccato solo che, con più noi indaghiamo a fondo un argomento, con più nuovi problemi e nuovi interrogativi chiedono di venire risolti.
E’ una storia che non finisce mai, è la storia della microscopia !
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