un confronto interessante
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a parità di ingrandimenti?Re Vega ha scritto:....abbiamo anche visto lo stesso C9 in estrema difficoltà su Marte e sulle doppie in caso di seeing mediocre, là dove il 120ED mostrava un disco netto e particolareggiato e dischi di diffrazione belli e godibili.
Fede
al contrario, Fede, è proprio per questo che è interessante, in altre condizioni il risultato sarebbe stato semplicemente ovvio.Re Vega ha scritto:Il fatto che l'autore non abbia mai avuto seeing buono rende questa comparativa poco completa e significativa
Re Vega ha scritto:Il fatto che l'autore non abbia mai avuto seeing buono rende questa comparativa poco completa e significativa soprattutto per poter dire che il C8 le prende da un apo da 10 cm. E secondo me non è così; in condizioni di seeing certamente migliori di quelle dell'articolo, il C8 mostra di più (preferisco l'apo da 10 eh); senza scomodare il seeing delle famose 5-10 sere l'anno, io e Pier abbiamo visto il C8 (il suo) superare un FL102 in risoluzione, esattamente come anni dopo abbiamo visto il suo C9 superare su Giove entrambi i nostri 120ED; abbiamo anche visto lo stesso C9 in estrema difficoltà su Marte e sulle doppie in caso di seeing mediocre, là dove il 120ED mostrava un disco netto e particolareggiato e dischi di diffrazione belli e godibili.
Fede
"At first I thought maybe the mirror coatings on the C8 were the problem, but no, they are absolutely pin-sharp, like new. Besides, image brightness isn’t the problem. Then I checked collimation – spot on. " tra l'altro dalle recensioni che scrive non mi pare che il tipo sia uno sprovveduto.Re Vega ha scritto:tornando all'articolo, esiste secondo voi la possibilità che il C8 dell'autore non fosse perfettamente collimato?
Anch'io .....Born to... Zeiss ha scritto: mi sorprendo ogni volta in cui si e' costretti a rimarcare l'ovvio...
In genere, quando si dice che la turbolenza "mostra dettagli di 1" si tratta in realtà di un seeing pessimo, di circa 2-3". Il motivo è che la DEFINIZIONE di seeing è la FWHM corrispondente a una cosiddetta "lunga esposizione" nel senso di Fried. Rigirando la frittata: la dimensione della macchia turbolenta è diversa a seconda che si consideri un tempo breve o un tempo lungo. La definizione di seeing è relativa al secondo caso. Un seeing di 3" significa che in una lunga esposizione la macchia turbolenta sarà di 3". Ma... in una esposizione di breve durata la dimensione della macchia è circa metà/un terzo. In un seeing di 3" scattando una istantanea "mediamente" esce una macchia di circa 1.5". Se il seeing non è troppo veloce anche l'occhio, che risponde a circa 1/20 di secondo, riesce a semi-congelare il seeing e si avvicina di più al secondo caso che al primo caso. Questo è il motivo per cui, ai tempi della pellicola in visyale si vedeva meglio che in foto. Ora, con le brevissime (ma nemmeno tanto esposizioni) dei CCD e sopratttto sommando i frames DOPO averli allineati, si fa meglio in foto.piergiovanni ha scritto: Nel caso in cui vi sia un turbolenza atmosferica, in grado di mostrare unicamente dettagli di un secondo d'arco...
In genere, quando si dice che la turbolenza "mostra dettagli di 1" si tratta in realtà di un seeing pessimo, di circa 2-3". Il motivo è che la DEFINIZIONE di seeing è la FWHM corrispondente a una cosiddetta "lunga esposizione" nel senso di Fried.
certo, ma quello che scrive Cavadore non è trasferibile tout cort all’osservazione visuale. Il CCD è un oggetto stupido, riceve il segnale e lo invia al PC che lo elabora. Il PC a sua volta è altrettanto stupido, esegue solo quello che il programma gli dice di fare. Il processo, limitato all’istruzione ricevuta dal programmatore, ha però un’efficienza di gran lunga superiore a quella del sistema occhio-cervello e questo è il motivo per cui l’imaging ha così tante potenzialità. Però il computer non riconosce l’oggetto osservato e non gli attribuisce alcun significato: una condensazione scura nella NTZ o una c*cca di mosca sul petalo di un fiore per lui sono la stessa cosa e vengono trattati allo stesso modo.Ecco qua: Cyril Cavadore (sarà un altro che non capisce perchè non ha provato) ha riassunto in uno specchietto la probabilità che i frames siano diffraction limited:
Immaginavo.tuvok ha scritto:il problema non è ottico ma, semplicemente, "gestionale"![]()
bello... sempre quello di Guidi, I suppose ?xenomorfo ha scritto:PS "Giovino"... http://i46.tinypic.com/qxkj0p.jpg
Non so da dove vengano queste considerazioni. Il processo cognitivo non funziona così. E' esattamente invertito. Il cervello opera una "predizione" di quello che si attende e la predizione viene rinforzata nel match.Quindi non c'è nessun tempo di elaborazione da attendere (che nella tua ipotesi impedirebbe di funzionare come un CCD) perchè il segnale di confronto è già preparato dal cervello preventivamente. Il motivo per cui le cose funzionano così è che questa strategia è stata elaborata nei cervelli degli animali più avanzati proprio per compensare i ritardi neuronali.Raf584 ha scritto:Quando l’immagine si ferma non bisogna solo vedere ma anche capire, non è quindi corretto affermare che se R0 è 60 mm un telescopio di 300 mm produce immagini diffraction limited per il 50% del tempo come se per il 50% del tempo avessimo un’immagine straordinariamente definita, questo sarà vero per il CCD (ma è poi vero) ma non per un osservatore in carne e ossa perché se fosse così l’osservazione ad alta risoluzione cesserebbe di essere un problema [NB, non sono molto d'accordo con la tua interpretazione del grafico r0/P, se ho capito bene il significato che gli vuoi attribuire).
Anche con queste limitazioni, però, il discorso fila anche per l’osservazione visuale e conferma perfettamente l’esperienza pratica di chi è abituato ad osservare con strumenti diversi: migliore è il seeing e maggiore è la durata dei frames buoni che il cervello riesce a interpretare. A parità di seeing maggiore è l’apertura e minore è la probabilità di avere dei fermi immagine interpretabili.
derivano dall'osservazione, è ciò che avviene abitualmente. Quello che tu descrivi è uno schema di apprendimento che non è applicabile a questo caso. Quando si presenta l'istante buono l'immagine si ferma e il cervello gli attribuisce un'interpretazione, che può essere la forma, il colore, i confini, ecc. Poi l'immagine riprende a bollire e a quel punto di ti chiedi: "sono sicuro di quello che ho visto ?". La risposta di solito è no, devi aspettare l'istante successivo, e quando arriva l'impressione si rafforza oppure si indebolisce e magari un'interpretazione diversa prende il posto della precedente. La successione di questi singoli processi forma poi l'interpretazione finale, che è quello che fissi sul disegno. Esistono anche delle scale di visibilità e di certezza dei dettagli osservati che si usano qualche volta per completare le osservazioni.xenomorfo ha scritto:Non so da dove vengano queste considerazioni.