Naturalmente qualsiasi test (e qualsiasi tester), avrà il suo "bias" di cui tenere conto, ma un disciplinare comune di testing, secondo me renderebbe maggiormente (solo maggiormente, NON assolutamente) confrontabili i diversi test.
Iniziamo dalla vista, se si tratta di miopia o ipermetropia, non credo ci siano problemi, ci pensa il focheggiatore, se si hanno altre problematiche, dal classico astigmatismo ad altre aberrazioni, intanto il tester (come scrisse anche Piergiovanni in un articolo su come testare gli strumenti) dovrebbe conoscere i suoi occhi e fare la tara su questi.
La questione qualità di stampa è per me un non problema, ormai la carta (una normale opaca bianca di qualità da 100/120 di grammatura, secondo me va già benissimo) e le stampanti sono abbastanza di buona qualità, da permettere (se stampate con definizione consona) una uniformità di qualità abbastanza costante, tra inkjet, laser e plotter.
La USAF chart (e similari) sono niente altro che motivi più o meno geometrici di diverse dimensioni, basta che abbiano una scala di stampa (e qui chiedo il conforto di Piergiovanni proprio per la USAF) adeguata, in modo che anche il motivo più piccolo abbia una definizione e qualità consona al suo uso.
Faccio un esempio molto concettuale, visto che non conosco bene le procedure d'uso di queste carte (altrimenti non avrei aperto il 3D
), io ho un occhio normale 10/10 e devo confrontare con uno che ha 7/10 e un certo grado di astigmatismo; la seconda persona per minimizzare il problema dell'astigmatismo, farà le verifiche principalmente sull'asse ottico, per verificare quali mire della carta riesce a discernere e (compatibilmente con gli spazi a disposizione) per "parametrare" le sue capacità visive, porre la carta a diverse distanze e ripetere la "misura".
Continuando con l'esempio in maniera pratica, i due terster (quello con 7/10 astigmatico e quello con 10/10), pongono la "chart" a 25, 50 e 75 m e indicano qual'è la "marca" minima che riescono a discernere alle varie distanze, magari quello con 10/10 a 25 m scorge quella di misura 10, a 50 m quella di misura 20 e a 75 m quella di misura 30 (sto inventando i numeri naturalmente); l'altro con 7/10 magari ha maggiori difficolta sulle lunghe distanze e a 25 m scorge la "marca" di misura 10, a 50 m quella di 22 e a 75 m quella di misura 36. Poi naturalmente sono misure da reitarare più volte in momenti diversi (luce diversa) e in giornate diverse (condizioni diverse), così da ridurre il "fattore ambientale" (un po come quando indichiamo seeing e trasparenza nei report astronomici).
In questa maniera si può tenere conto anche delle differenze visive; come dicevo è da capire come usare in maniera sistematica questa USAF chart (o altre) e visto che Piergiovanni (e suoi collaboratori) lo possiamo considerare come tester di riferimento, se la cosa lo dovesse interessare ovviamente, potrebbe essere lui a spiegarci le sue modalità d'uso di queste "mire".
In tal maniera, chi vorrà potrà integrare le proprie vecchie recensioni presenti sul forum (che sono tante, tante, tante) con questo ulteriore test e aggiungerlo a quelle nuove.
Sempre ad esempio, per le mire fatte dal Forghieri, lui indicava che la "Argentieri" (quella per il contrasto) era da stampare a 1000 dpi, mentre quella simil-USAF è da stampare a 600 dpi, da queste la regola per avere la risoluzione in arcsec era di dividere il n° della mira per la distanza in metri.
Poi chi lo sà, magari se si vuole "eliminare" l'osservatore dall'equazione, si potrebbe usare il metodo del "phonescoping", si fotografa la mira attraverso un cellofono (magari con opportuno adattatore che lo tenga in posizione), considerate le caratteristiche dei binocoli (anche dei più grandi angolati) e dei cellofoni moderni, dovrebbero risultare tutte drammaticamente sottocampionate, quindi la diversità di sensore dei vari cellofoni, dovrebbe essere irrilevante.