General HI-T 20×110 ( United Optics Ba8 Series)

BINOMANIA PREMIUM è la nuova modalità per visitare il sito web senza distrazioni pubblicitarie e per beneficiare di alcuni privilegi. Vuoi saperne di più? Clicca qui

Aggiornamento: L’azienda General HI-T non esiste piu’. Per tale prodotto riferirsi al costruttore cinese (United Optics) per verificare la eventuale distribuzione in Italia.

Premessa

Dopo una lunga attesa posso finalmente elencare ai lettori di Binomania le caratteristiche di tale strumento che ho avuto la possibilità di testare accuratamente per sei settimane, sia nel mero utilizzo astronomico che in quello diurno.

 

Il gigantesco 20×110 paragonato al classico formato 7×50

 

Lo scafo ottico

Se già il 15×85 mi era parso un gigante questo 20×110 è davvero imponente: 50 cm di lunghezza distribuiti su ben 6.5 chilogrammi di peso, con tali dimensioni il rapporto- leva inizia ad essere evidente, anche con montature altazimutali che per i comuni 25×100 risultano sovra-dimensionate.

Nel corso delle mie innumerevoli prove, ho riscontrato due discreti setup, seppur non perfettamente inamovibili, li esporrò fra breve. Per ciò che mi è dato di sapere, la General Hi-T sta predisponendo un solido treppiede di legno simile al conosciuto Baader AHT che sarà dotato di una forcella solida, in grado di compiere delle osservazioni in tutta sicurezza e che sarà disponibile fra breve.

Utilizzando questo cavalletto, ho riscontrato dei notevoli limiti, soprattutto a causa del treppiede che, con il notevole peso del 20×110, mostrava un assestamento delle vibrazioni superiore ai cinque secondi. La situazione migliorava semplicemente chiudendo il treppiede alla minima estensione delle gambe.

Per posizionare l’oggetto prescelto al centro del binocolo dovevo, inoltre, indovinare l’eventuale assestamento della leva di bloccaggio della testa fotografica. La forcella d’acciaio Inox della Ghit, invece, ha svolto onestamente il suo compito, anche se una maggior altezza dei lati della forcella potrebbe consentire un’attenuazione delle vibrazioni che è generata dal cilindro utilizzato per non consentire allo scafo del binocolo di toccare con la base della forcella.

Ritengo, inoltre, che sarebbe molto positivo, creare una sagoma di alluminio o in materiale gommoso sopra lo scafo del binocolo che, quando fissato, contribuirebbe a distribuire meglio il peso del binocolo sul supporto, che attualmente è sorretto dalla piccola vite centrale come è d’uso con binocoli dal peso decisamente inferiore.

Personalmente continuo a prediligere le montature a parallelogramma sia per la semplicità d’uso, sia per il maggior confort osservando allo zenith. Per tale motivo ho irrobustito leggermente la montatura di Gaddo Fiorini, ed ho provveduto ad utilizzare un ulteriore peso di due chilogrammi per bilanciare lo strumento.
Con questo supporto le vibrazioni si assestano sempre in 5-6 secondi, ciò dipende in parte dall’altezza della leva che si inserisce nella base della montatura, ma la comodità nel puntare gli oggetti è davvero impareggiabile.

Montando la forcella della GHI-T al posto di una comune testa fotografica il sistema ha dimostrato di lavorare alla perfezione, ergo penso che, quando arriverà il 28×110 chiederò al buon Gaddo una modifica oppure una nuova montatura, più confacente per un binocolo di tal peso. (continua)..

Gli obiettivi

Sono enormi: tuttavia calibro alla mano, risultano essere di 108 mm e non di 110 mm come evidenziato dalla casa. Tale caratteristica dipende dalla cella che ospita il doppietto (spaziato in aria e composto di vetro a bassissima dispersione) che “vignetta”, credo volutamente, il sistema ottico, per eliminare i comuni difetti ai bordi delle lenti. Se ricordate avevo riscontrato la medesima peculiarità misurando gli obiettivi del noto clone Miyauchi di 100 mm.

Ancora una comparazione con il classico 7×50.

 

Gli oculari

Anche in questo caso, come per i fratelli dal diametro inferiore, non ho avuto molte informazioni a riguardo: possiedono un diametro della lente pari a 26 mm ed una profondità dei paraluce di 14 mm. Questi comodi accessori di gomma sono svitabili, ciò potrebbe consentire al costruttore la facile progettazione di filtri nebulari, che vedrei quantomeno appropriati su un binocolo di tale luminosità.
L’estrazione pupillare è ottima anche per i portatori di occhiali , similmente a quanto accertai nel modello 10.5×70.

Il trattamento antiriflesso è multi-strato su ognuna delle superfici che li compongono, così com’è stato fatto per gli obiettivi e per i prismi in BAK-4.
La classica prova di “riflessione” ha mostrato ancora una volta come questo tipo di trattamento sia uno fra i migliori che ho avuto di testare nel corso degli anni.

un 10×50 confrontato all’USM 20×110

 

Prismi.

Com’è risaputo a parità di resa ottica, un binocolo ha bisogno di una maggior cura nella fase costruttiva, giacché le lenti che compongono il sistema sono superiori rispetto, ad esempio, ad un semplice telescopio a rifrazione.

Ciò che più m’aggrada nella serie USM è la perfetta luminosità della pupilla di uscita, spesso migliore a quella dei più blasonati prodotti giapponesi. Fortunatamente questa mia impressione è stata avvalorata anche da ED ZARENSKY di Cloudy Nights, vi consiglio di leggere la prova dell’Oberwerk Ultra 15×70 dove l’analisi con il laser è esemplificativa di ciò che ho potuto accertare personalmente , in questi mesi, testando i vari modelli..

In questo caso ho riscontrato quanto segue:
La luminosità della pupilla di uscita dal centro del MC sino al 50% del campo è pari al 100% , tale luminosità, scende al 55% fra il 50 ed il 90% per cento dal centro del campo, per diventare poco luminoso, 45%, all’estremo bordo del campo.
Lo scafo ed i prismi sono identici per tutta la serie di binocoli, dai 50 mm sino ai 110 mm, esistono solo delle differenze negli oculari, che sono direttamente responsabili del fattore d’ingrandimento.

Ho discusso con il sig. Mazzoleni, sulla evidentissima comodità dei prismi a 45° e sulla fattibilità, in futuro, di ammirare un USM con tale sistema. Per ciò che mi è dato di sapere, questa mia ipotesi non sarà effettuata dal costruttore, perché è riuscito a mantenere una elevata qualità ottica proprio grazie ai prismi di porro con visione diretta.

Un’ eventuale trasformazione di tale schema ottico, che oserei dire vincente, potrebbe far venire a meno il proverbiale contrasto ed il contenimento del cromatismo di questi binocoli…chi vivrà vedrà.

Giusto per precisazione conferma la perfetta rotondità della pupilla di uscita e solo un lievissimo cut-off, che ho calcolato in circa il 2%.
premete sulle immagini per vederne l’ingrandimento

 

Il sistema di collimazione.

Come nel caso del 15×85, non ho avuto modo di osservare all’interno dello scafo ottico, ergo, le mie considerazioni sono identiche a quanto appurato con il fratello minore.

 

La collimazione era molto precisa, d’altronde, ritengo che se un binocolo di tale mole e di tal costo, dovesse giungere a voi scollimato, data la complessità di questa fase di regolazione, consiglio vivamente la restituzione al produttore.

L’aberrazione cromatica.

Nell’uso diurno: è contenuta, migliore rispetto al classico 25×100 FB al clone Miyauchi e addirittura migliore rispetto allo stesso Miyauchi semi-apo di 100mm di diametro.

Cerco di esemplificare: soltanto osservando le cime delle montagne si nota un tenue alone blu a circa il 70% del campo, al centro l’immagine è davvero molto buona e, forse, l’unico difetto che può rovinare la versione in un modello a 20X dipende dall’enorme turbolenza diurna.

Tale difetto, è ancor meno evidente osservando oggetti più vicini, come tetti, pali della luce e volatili posti a circa 60-70 metri.
Senza alcun dubbio, io lo definirei un binocolo semi-apocromatico, anche perché il termine ED non mi aggrada molto.

 

Nell’osservazione astronomica

Il cromatismo l’ho verificato unicamente su oggetti stellari molto luminosi, come ad esempio Vega, ma il residuo al centro del campo è davvero esiguo, anche in questo caso, per la cronaca, un ottimo Swarovski 15×56 SLC perde il confronto.
Osservando la luna a circa metà fase si può notare, portando il satellite verso l’esterno destro del campo un lieve alone giallo, nei pressi della zona illuminata ed un alone verde nei pressi del terminatore, portando questa volta la luna verso l’esterno sinistro del campo degli oculari. Mi ha ricordato molto il cromatismo residuo dell’ottimo rifrattore della Vixen di 102mm

Più che buona la rappresentazione dei colori: navigare nei pressi del Cigno con tale strumento è molto piacevole, si noteranno decine di stelle colorate con tonalità in certi casi molto accese.

Prestazioni del campo fornito

Nota: (CM: il campo di massimo contrasto, ove le immagini sono contrastate e le stelle non mostrano distorsione.

CP:il campo panoramico ancora sufficientemente sfruttabile eche, unendosi alCM, dona panoramicità alla visione.

CI: il campo inutilizzabile, dove è presente in maniera evidente il cromatismo laterale, la distorsione e l’assenza di contrasto.

 

Nell’uso diurno la distorsione, anche all’estremo del campo, non disturba la visione e consente osservazioni d’ampio respiro, anche se, come ribadito, per questo genere di osservazioni prediligo ingrandimenti non superiori ai 15X ed una pupilla di uscita inferiore.
Nell’uso astronomico ho calcolato queste prestazioni.

CM 75% CP15% CI 10%

Per ciò che concerne la sua resa nel CM, posso riprendere quanto scritto per il 15×85: la puntiformità delle stelle inferiori alla seconda grandezza è pari a 9. Eccetto le stelle piu luminose come Vega, osservando nella zona della Lira o di Perseo, mi è parso di avere fra le mani un rifrattore, tanta è la puntiformita fornita al centro del campo da questo binocolo. Dopo il 75% dal bordo le stelle di magnitudine inferiore alla seconda iniziano a degradare lievemente, fino ad apparire “poco godibii” verso il 90 % del campo.

Ancora un confronto con il classico 7×50.

Prova su campo.

Ad una mera analisi visiva, due fattori mi avevano reso dubbioso sull’esito astronomico di tale prova rispetto a ciò che poteva fornirmi il mio 25×100 FB.
1) Il basso ingrandimento pari 20 x
2) Il diametro degli obiettivi maggiore per solo una manciata di millimetri rispetto al più economico binocolo appena citato.
Mi premeva quindi verificare se tali caratteristiche potessero invogliare il proprietario del 25×100 ad investire altri soldi per acquistare il nuovissimo 20×110.

Passo ora ad esporre quanto ho evidenziato.

Dal punto di vista costruttivo e meccanico il passaggio sarebbe ben giustificato: la collimazione di tale strumento è davvero molto precisa e questo avviene in fabbrica. La messa a fuoco è ottima e scordatevi di notare delle micro-scollimazioni durante la fase di regolazione della distanza interpupillare. Lo scafo è solido come una roccia. E’ ovvio che tali caratteristichepositive ovviamentesi paghino perché come dice il buon Holger Merlitz, anche la qualità si paga, seppur il prodotto sia costruito in Cina. Lati negativi? Il peso, intrinseco al progetto ed una certa durezza durante la fase di regolazione della distanza suddetta.

Il 20×110 USM possiede un minor cromatismo, un maggiore nitidezza ed una migliore resa dei colori. Questi fattori sono ben evidenti sia nell’osservazione diurna che nell’osservazione astronomica, dove più volte, ho notato come il 20×110 riuscisse a staccare dal fondo cielo le galassie in maniera migliore rispetto al comune 25×100 FB.
Esemplificando posso dire che M57 è immersa in un fondo colmo di stelle colorate e si palesa come una piccola ciambella sfuocata, in M13 si inizia a notare una decisa granulosità nella zona centrale, M81 ed M82 mostrano la loro reale forma, M33 è molto ampia, M31 occupa tutto il campo del binocolo comprese le galassie satelliti, sotto un buon cielo di montagna è l’immagine che mi ha più entusiasmato.
M27 è forse l’oggetto che ha dato più filo da torcere ad un telescopio di 20 cm utilizzato a medio ingrandimento: molto estesa la struttura è più godibile la visione.

Affascinante il doppio ammasso del Perseo che svela delle stelle molto, molto puntiformi e varie tonalità di colore, M78 in Orione è visibile anche se attualmente poco prima della mezzanotte si trova ancora a pochi gradi dall’orizzonte. M42 è impareggiabile: solo chi ha osservato tale nebulosa con due occhi avendo fra le mani due lenti di almeno 100 mm sa a cosa mi sto riferendo.

Ho osservato spesso, anche dal giardino di casa, M101, M51 ed M98, mentre una sera di ottobre, con un cielo particolarmente terso ho percepito la Velo del Cigno, sempre dal giardino di casa!
Il cielo sotto il quale si osserva ovviamente è decisivo per tale affascinante esperienza.

 

In definitiva espongo quanto segue:

Questo 20×110 si è mostrato un binocolo otticamente irreprensibile, il campo apparente non è molto esteso, circa 2.4 gradi, ma grazie al maggior contrasto rispetto agli economici 25×100 è in grado di soddisfare meglio il possessore nella osservazione degli oggetti deboli. La luminosità è notevole, grazie alla qualità dei prismi ed all’ottimo trattamento anti-riflesso.
Personalmente, possedendo già un 25×100, penso che attenderò la versione con 28×110 per tre motivi.

In primis non porto gli occhiali, ergo una minor estrazione pupillare non mi fa alcuna paura.

Inoltre, essendo venuto in possesso da pochissimo del 15×70 che ha un ottimo campo reale di ben 4.4 gradi, sento l’esigenza di maggiori ingrandimenti, unicamente per l’osservazione degli ammassi stellari e delle galassie, per le passeggiate stellari mi ritengo ben soddisfatto.

Tutte le informazioni fornite sul piano focale di un 110 mm sono percepibili già a 70X. “Personalmente 28 ingrandimenti con due occhi, “mi dovrebbero fornire un’ acutezza visiva simile a quella che possiedo osservando a cinquanta ingrandimenti in visione monoculare, ergo potrò sfruttare maggiormente il potere risolutivo di tale versione, che oltretutto grazie alla pupilla di uscita inferiore dovrebbe concedermi uno scurimento del fondo cielo ed una maggior magnitudine visibile sugli oggetti puntiformi, seppur la perdita nella osservazione degli oggetti estesi sotto cieli bui sarà ben evidente.