Firenze. Campi Bisenzio. Settembre 2014.
Possiedo, dalla fine degli anni ‘80 un binocolo singolare e dalle caratteristiche sorprendenti: un Officine Galileo 7×50 Marina Militare Italiana, del 1984.
Non ne ho mai visti altri in circolazione, né tra gli appassionati del settore, né in vendita, né sui siti specializzati, né alle aste di strumenti ottici. Nessuna documentazione al riguardo è rintracciabile.
Una sorta di chimera materializzata.
Il mio esemplare appare praticamente nuovo, senza alcun segno di uso operativo, ma con una leggera scollimazione.
Ho cercato a lungo di trovare notizie sul suo conto, ma con scarso esito; fin quando ho scoperto che a Firenze esiste un museo privato delle Officine Galileo(marchio e fabbrica che sono poi confluiti in Selex – Gruppo Finmeccanica) e tramite una conoscenza nel gruppo, sono riuscito a contattare chi cura questo museo.
Poiché non è trascorso così tanto tempo dalla produzione di questo singolare strumento ottico, mi chiedevo se sarei riuscito a rintracciare documenti, schede tecniche originali, progetti o addirittura qualcuno che lo aveva visto fisicamente produrre, a suo tempo, oppure che aveva avuto a che fare con la sua progettazione: questo è stato il motore che mi ha spinto nella mia ricerca.
Dopo qualche scambio di messaggi, sono riuscito ad ottenere un invito a visitare il museo.
E così, eccomi qui: devo proprio raccontarvi almeno un poco di quel moltissimo che ho visto durante la mia visita.
Il dovere della trasmissione della conoscenza, della divulgazione è forse la percezione più forte che ho avuto durante la mezza giornata passata in compagnia dei miei due anfitrioni, Alberto Lanini, Presidente nazionale dell’associazione Seniores di Selex ES, cui si deve la costituzione del museo, e Luciano Romeo, Direttore Tecnico dello stesso.
Io credo che dobbiamo veramente molto a personaggi come questi, che contro ogni resistenza, contro ogni logica puramente legata al profitto ed alle quadrimestrali di bilancio, a volte contro la burocrazia che come un virus ha pervaso anche parte dei piani alti delle aziende italiane più importanti, contro l’insipienza di recenti generazioni di colletti bianchi inconsapevoli e ridicolmente tronfi di sé, ebbene, costoro non vogliono “lasciar perdere” di fronte al possibile oblio di ciò che ci ha resi grandi nel passato, di competenze tecnologiche e soluzioni originali ed elegantissime sul piano tecnico, di un’abitudine orgogliosa a confrontarsi con problemi scientifici senza alcuna forma di sudditanza.
Se oggi sappiamo e possiamo fare anche in settori di assoluta eccellenza e primato tecnico, lo si deve in buona parte ai giganti che ci hanno preceduto, alla loro ostinata ricerca del buonissimo dopo essersi impadroniti perfettamente del buono (nella pratica produttiva), ed anche alla determinazione di chi salva, raccoglie, conserva e tramanda,a beneficio di noi tutti.
Lo scienziato Galileo abita ancora qui e qui si perpetua la ricerca del geniale e del perfetto.
Non posso che raccomandarvi fortissimamente di iscrivervi numerosi ad una prossima seconda visita a questo museo, che sono certo sarà, come è stato per me, una sorpresa in positivo, qualsiasi siano le vostre aspettative.
Impossibile riferirvi compiutamente e con il dettaglio che sarebbe necessario, di ogni apparecchiatura, ogni ottica, ogni componente meccanico visto nelle sale del museo, e men che meno di quel pochissimo (eppure già incredibilmente tanto) visto di sfuggita nei reparti di produzione di Selex ES,ai quali sono stato ammesso perché potessi incontrare alcuni dei progettisti e tecnici che avevano lavorato negli anni ’70 ed ’80 al mio prezioso binocolo 7×50 (di cui vi riferirò in altro articolo).
Ciò che è più sorprendente è la multidisciplinarietà delle competenze aziendali, la poliedricità dei saperi residenti nei reparti, l’immediatezza con la quale si passa da un ambiente in atmosfera controllata per i più sofisticati collaudi in assenza di polveri, alla porta accanto dietro alla quale si disquisisce e si progetta di equipaggiamenti satellitari, ed ancora di seguito al reparto dei trattamenti dei vetri ottici, con deposito di vapori metallici ottenuti per sublimazione in arco elettrico, con spessori di coating misurati con metodi semplici e geniali.
Io non so se altrove è possibile trovare una simile concentrazione di saperi, competenze, capacità tecniche di assoluta eccellenza come in questi pochi acri di insediamento industriale alle porte di Firenze.
Pensiamo a Firenze e ci vengono in mente orde di turisti e caffè a prezzi da “spolpiamo il pollo”, luoghi d’arte irripetibili ed architetture di ineguagliabile eleganza, creatori di moda di fama mondiale e calure estive da deserto del Mojave, ma qui c’è anche una “perla” di ingegneria, una specie di Silicon Valley con primati tecnologici di livello mondiale … ma non so perché, nessuno sembra averlo acquisito come dato di fatto: sfiderei volentieri chiunque a cimentarsi in un sondaggio e vedere chi in Italia ha una vaga idea di ciò che si è fatto e si continua a fare in quello stabilimento (esclusi gli 800 che ci lavorano, e che benissimo sanno di far parte di una vera elite di culturascientifica e progresso tecnologico).
Ma allora non siamo solo un popolo di pizzaioli, veline, camerieri che servono la birra ai turisti tedeschi in vacanza e mancate star del calcio (col massimo rispetto per pizzaioli, turisti, eccetera, beninteso), e non ci siamo ridotti solo alla speranza del posto fisso “purchessia” da 1000 euro al mese: qui si giunge a contatto con una potente e concreta realtà che alla fine fa lo stesso effetto di una bella e piena boccata di aria fresca e rigenerante. Ristabilisce un po’ di orgoglio e benessere spirituale nell’animo provato dal quotidiano bollettino su pizzo, schettini vari, scandali rimborsi-spese, appalti connections, crolli di monumenti, sperpero di denaro pubblico e fughe di cervelli eccellenti all’estero.
Il museo è stato costituito nelle sale ricavate da un cascinale completamente ristrutturato, adiacente allo stabilimento della Selex ES (Gruppo Finmeccanica) di Campi Bisenzio, che confina con l’autostrada del Sole là dove iniziail suo perimetro semicircolare intorno alla città di Firenze.
Quest’anno si festeggiano i 150 anni dalla fondazione della prima Officina Galileo (1864), che inizialmente si trovava a nord del centro storico di Firenze (Barriera delle Cure). Da lì lo stabilimento è stato poi trasferito a Rifredi nel 1909, per poi insediarsi a Campi Bisenzio nel 1980.
La sequenza degli oggetti conservati nelle sale del piccolo museo testimonia quello che, a mio avviso, è il veroimprinting genetico che, meravigliosamente intatto ed immutato, ha accompagnato e marchiato tutta la storia delle Officine Galileo: il vastissimo campo dei saperi scientifici trattati e la singolare abitudine ad una prassi da genio rinascimentale.(Foto 12)
Lì si fa così: se serve uno strumento, una macchina, un apparecchio, prima ci impadroniamo per bene della scienza e della tecnologia necessaria, ci studiamo a fondo il tema e poi ce lo costruiamo da soli.
Vedere dei calcolatori meccanici, a fianco di contatori di energia elettrica che tutti abbiamo avuto in casa, orologi dalla precisione sorprendente, telefoni cellulari di prima generazione, binocoli eccellenti, telai per tessitura, macchine fotografiche, spettrografi satellitari, strumenti per qualsiasi misura di natura elettrica, collimatori ottici, telemetri navali da guerra, periscopi d’attacco per sommergibili, l’autopilota del caccia F 104, visori ad infrarosso ed intensificazione di luce stabilizzati, e poi …. Potrei continuare con una lista lunghissima, ma ormai avete capito: bisogna andare lì a vedere di persona.
Il museo non ha grandi dimensioni, ma è come uno scrigno pieno di tesori sorprendenti.
Nel pieno rispetto delle sue origini scientifiche (e della eredità filosofica dallo scienziato toscano seicentesco), gran parte dei settori di produzione dell’azienda si è storicamente riferita al campo ottico, e da questa evoluta competenza, gli studi e realizzazioni si sono poi estesi al campo elettro-meccanico, elettro-ottico ed infine allo sviluppo di opto-elettronica.
Gran parte del progresso compiuto dalle Officine Galileo in questi 150 anni è certamente dovuto alla spinta generata dalle commesse militari, ma l’installazione iniziale è legata alla necessità del Granducato di Toscana di affrancarsi dalla dipendenza dall’estero per i suoi approvvigionamenti di strumentazione scientifica.
Il momento in cui si sviluppò concretamente la sua capacità industriale è anche quello dell’annessione al Regno d’Italia, da cui vennero le prime commesse per la Regia Marina.
Considerate le difficili relazioni e gli equilibri di alleanze che caratterizzarono la storia delle potenze europee in quel secolo e nel successivo, è singolare che le Officine Galileo siano sempre riuscite ad approvvigionare i vetri ottici da fornitori di lingua tedesca (Prussia, Austria-Ungheria, e poi Germania), mentre hanno sviluppato in modo assolutamente autonomo tutta la tecnologia delle lavorazioni degli stessi e poi quella dei trattamenti ottici.
Ancora oggi il reparto di produzione di ottiche, prismi, lenti, specchi, filtri ed obiettivi è un centro di eccellenza assoluta, che consente all’azienda di confrontarsi alla pari con la concorrenza più titolata e nota in campo mondiale.
Mi ha colpito molto vedere nella sala delle strumentazioni satellitari alcuni componenti gemelli di quelli che sono attualmente in volo con la sonda satellitare Cassini, a riprova di quanto appena detto.
In mezzo a dinamo da carrozza ferroviaria, macchine fotografiche, apparecchi per fotogrammetria, radar di ogni tipo (scoperta, puntamento, inseguimento, missilistici, ecc…), mi ha però lasciato stupefatto un grande strumento ottico-meccanico che serviva a tracciare mappe militari tattiche nel secolo scorso: uno stereo-cartografo con il quale un operatore specializzato era in grado di riprodurre carte basate su fotoriprese aeree stereoscopiche di precisione ineguagliata.
La complessità di questa macchina, per fortuna salvata dal museo dalla dismissione e rottamazione per obsolescenza, è incredibile. Pensate che le guide su cui scorrevano i cursori (cilindri con finitura superficiale lappata) erano dotati di tiranti interni registrabili per compensare le dilatazioni termiche.
Un compendio di capacità di progettazione, precisione, sofisticazione, inventiva, lavorazioni ottiche e meccaniche ormai irripetibili che meglio di qualsiasi altra considerazione testimonia il valore delle competenze residenti in Officine Galileo.
Scifoni Paolo: Marinaio ed ingegnere. Ex ufficiale di marina, velista e tailer da regate d’altura, costruttore di barche (motoscafi e motoryacht) ed esegeta di direttive europee per la nautica. Afflitto per imprinting genetico dal morbo del “devo capire come è fatto dentro” (atteggiamento mentale che applica indifferentemente sia su oggetti tecnologici complessi, sia su persone e situazioni con cui viene a contatto).
Subisce da sempre una fascinazione per le ottiche di derivazione navale: binocoli sia a mano che da supporto fisso: del resto, basta che qualsiasi cosa abbia a che fare con navigazione, mare, barche, ecc… e l’occhio si risveglia, il colorito si ravviva e l’orecchio si tende.
Si occupa di industria nautica, di processi produttivi e di comunicazione tecnica e di sicurezza nel settore. Vive a Rimini, perennemente sotto lo sguardo amorevole del suo cane dalmata.