Appena uscito dalla bellissima nuova sede della Nital, avevo qualche dubbio: la scatola mi sembrava un po’ piccola. Mah, meglio controllare. Salito in macchina estraggo il binocolo dalla confezione: no dai, si sono sbagliati…non può essere. Eppure era così: avevo fra le mani un 20×56. Ma procediamo con ordine.
La gamma Monarch della Nikon, fascia di strumenti medio-alta di cui abbiamo già avuto occasione di parlare, si è arricchita di una nuova linea denominata 5, per distinguerla dalla 7 di qualità superiore. In cosa la 5 sia inferire non è così facile da capire ma parlando con i tecnici la differenza principale sembra risiedere nel tipo di trattamento antiriflesso e dielettrico di lenti e prismi.
L’esemplare in prova è appunto il 20 x56, prodotto anche nelle versioni 8x e 16x. Estraendolo dalla confezione la sensazione è di incredulità per la compattezza e la leggerezza. In effetti questo strumento è prodotto anche nelle versioni 8x e 16x e spulciando le schede tecniche si desume sia lo stesso binocolo ove gli ingrandimenti sono determinati solo dagli oculari; ecco quindi una prima spiegazione a peso dimensioni. Avete presente cosa significa impugnare un 10×50 da marina o un comune 8×56 a tetto? Stessa cosa, solo che è 20 x!
Fornito in una custodia di cordura , oltre a una tracolla in neoprene la versione 20x prevede in dotazione anche e un supporto dedicato per il treppiede.
Inutile ripetere ogni singolo valore delle specifiche in quanto già ben descritte nelle schede tecniche ufficiali (http://www.nikon.it/it_IT/product/sport-optics/binoculars/monarch/monarch-5-20×56), ma vale la pena qualche sottolineatura.
Si tratta di un binocolo con prismi a tetto e messa a fuoco centrale, lenti ED con trattamento multistrato su tutte le superfici, prismi con rivestimento dielettrico a specchio, messa a fuoco minima di 5 m , dimensioni di 199x146x67 mm, peso 1235 gr, ingrandimento 20x, campo reale di 3.3° e conseguente apparente di 66° secondo il calcolo tradizionale, 59.9° secondo le nuove normative, estrazione pupillare di 16.4 mm, impermeabile e riempito con azoto. Sì, avete letto bene, non mi sono sbagliato….
Il binocolo, con scafo realizzato in fibra di vetro e resina policarbonata si presenta molto compatto ed ergonomico, rivestito con il solito rivestimento gommato Nikon che fornisce un buon grip; gli oculari hanno una lente esterna di 24 mm e le relative conchiglie sono estraibili a scatto in 3 posizioni; i tappi degli obiettivi sono in gomma ribaltabili; nel perno centrale è presente il tappo svitabile per il supporto da treppiede: quest’ultimo è estremante sottile ma lungo fino agli obiettivi con riportati inferiormente 4 fori per al testa del treppiede. Una simile morfologia assicura una rapida e comoda applicazione, dati gli esigui spazi fra i tubi, senza rinunciare alla stabilità.
PROVA SUL CAMPO: si apprezza immediatamente l’ampio campo visivo di 60° che però viene nettamente vignettato con le conchiglie completamente estratte: personalmente trovo che la prima posizione o con le conchiglie completamente abbassate sia la cosa migliore, anche se eventuali luci parassiti posteriori possono creare dei riflessi.
Nitidezza davvero molto buona: a 10 m vedevo la peluria sul braccio di una persona che leggeva un libro di cui leggevo il titolo; a 50 m le piume e le penne di un airone cenerino erano singolarmente separabili e distinguibili . Non ho riscontrato invece quell’ incisività, costituita da trasparenza, cristallinità e quella sensazione di immagine secca e scolpita tipica invece dei top di gamma, ancora percepibile nei monarch 7. Complessivamente quindi lo strumento mostra una visione molto nitida ma più morbida rispetto a quelli di alto livello e con una scarsa sensazione di proiezione sulla scena.
Davvero molto contenuto il cromatismo che emerge solo in situazioni limite (una garzetta bianca su sfondo nero in luce laterale e controluce); molto scarsa la perdita di definizione ai bordi per cui non si avverte una caduta di nitidezza nella visione d’insieme. Vi è certamente un certo grado di distorsione angolare in quanto il panning è realizzabile senza alcun effetto di “palla rotolante”.
In alcune situazioni di alte luci, specie laterali o controluce ho notato qualche fastidioso riflesso interno nell’area centrale
La messa a fuoco è ottima, morbida, continua , senza impuntamenti, ma il margine di intra-extrafocale è molto esiguo per cui è facile andare fuori fuoco e bisogna essere molto precisi. La messa a fuoco minima di 5 m è reale (impressionante e divertentissimo!) e si può ancora ridurre un po’ la distanza ma l’immagine si sdoppia e per compensarla bisogna ridurre la distanza interpupillare.
I difetti su esposti credo siano inevitabili per più di un motivo: trattandosi di un strumento realizzato per gli 8x quasi certamente si tratta di una corta focale per cui applicando oculari a 20 x a grande campo è impensabile che non vengano fuori. Ipotizzo che sui modelli 8x e 16x tali difetti siano molto meno evidenti, in ogni caso la” soluzione finale” sarebbe inevitabilmente quella di allungare la focale, ma allora ti saluto leggerezza e compattezza.
Personalmente considero già un miracolo il risultato ottenuto che fornisce immagini nitide e molto gradevoli.
Pungolato dall’espertissimo amico Corrado Morelli ho tentato anche un improbabile confronto con il mio Nikon 18×70 a porro che, come atteso, è risultato improponibile sia in terrestre che sul cielo: due pianeti troppo diversi.
Tutti sappiamo che il cielo è un test severo: infatti se in terrestre le cose sono andate come su descritte, sul cielo i problemi sono maggiori: la minor definizione ai bordi è nettamente più evidente oltre il 70% del campo con una tendenza al coma in prossimità dei bordi mentre si rileva un certo astigmatismo con le stelle maggiormente luminose e visibili a occhio nudo come quelle della teiera del sagittario, tanto per dare un’idea. Sotto un buon cielo scuro a 1600 m, con via lattea e galassia di andromeda visibili a occhio nudo, sono comunque ben osservabili tutti i principali Messier con una maggior perdita di luminosità sulle nebulose e su oggetti a bassa magnitudine superficiale; ma tanto per fare qualche esempio M27 era ancora molto godibile cosi com’era ancora riconoscibile M101.
CAMPI D’IMPIEGO: non è certo un binocolo per ricerca dall’elicottero o da panorami e tantomeno per seguire delle moto in corsa a bordo pista, ma birdwatchers da postazioni fisse o osservazioni specifiche (rapaci? piccoli uccelli?), naturalisti, appassionati che vogliano fare terra e cielo in vacanza con un solo strumento , cacciatori di selezione che per uscite impegnative vogliano viaggiare a zaino leggero con un singolo strumento tuttofare (ho avuto voci di recenti normative in alcune zone che impongono strumenti ottici al seguito con un minimo di 20x, ma la questione è ovviamente da verificare con le autorità competenti), troveranno in questo strumento….pane per il loro denti.
CONCLUSIONI: un binocolo impermeabile da 20x con 60° di campo, che pesa 1200 grammi, mette a fuoco a 5 m, con una resa ottica molto più che buona.
Il tutto a 1000 euro.
Devo aggiungere altro?
Piero Pignatta, Torino, settembre 2013
Ringrazio Maurizio Bachis, Responsabile Nikon Sport Optics della Nital -Torino per l’esemplare in prova.
Pignatta Piero: visualista puro del cielo profondo, con qualche divagazione di panorami montani e avi-fauna. Osserva solo con il binocolo, strumento che per lui è stata una vera rivelazione; è un fissato dei binocoli Miyauchi sui quali è meglio transigere e non contraddirlo, pena gravi scompensi del suo equilibrio cosmico-esistenziale. Il suo mito è l’ormai introvabile, esaurito, costosissimo 25×141 per il quale potrebbe copiosamente commuoversi al solo sentirlo nominare. Non escludo ne conservi una foto nel portafoglio.