DOCTER ASPECTEM 40×80 ED ALLA FRUSTA – Comparativa, osservazione e suggerimenti per l’utilizzo dei filtri

PREMESSA

La “scimmia” per questo strumento mi venne nel lontano febbraio 2019, in occasione di un incontro tra astrofili per provare una nuova torretta binoculare [link], organizzata da Piergiovanni, il quale molto gentilmente portò il suo “Doc” da farmi provare e fu amore a prima vista.
Ad agosto 2023 (dopo 54 mesi) grazie all’intercessione di Piero Pignatta (e all’ex proprietario del binocolo, persona cordiale e appassionata), sono finalmente riuscito a placare la scimmia.

Se volete leggere una vera recensione di questo strumento su Binomania, trovate diversi articoli sul tema oltre a quello che personalmente ritengo il report di gran lunga più completo e articolato presente sul web (considerati anche i vari Cloudy Nights, Allbinos, Birdforum, ecc) [link], io mi limiterò ad un confronto (improprio viste le differenze di diametro e ingrandimento) con gli altri due binocoloni che posseggo, un William Optics 22×70 apo e un Vixen Ark 30×80
Per fare ciò, invece di apparecchiare tre stativi, ho preparato un accrocchio su base Giro3 che mi permette di avere i tre binocoli allineati tra loro sulla stessa “testa”, con sotto il Manfrotto 161 che con gli alti carichi non ha problemi.

FIG.1 – L’accrocchio “trinato” su base Giro3 montato su Manfrotto 161mk2

 

DATI TECNICI

William Optics 22×70:

  • Dimensioni e peso – 41 (48 con paraluce estratti) x 23 x 11 cm – 4,0 kg (con piastra e senza tappi)
  • ingrandimento – 22x, misurato – 21,5x;
  • campo reale – 3°, misurato – 2,95°;
  • pupilla d’uscita – 3,18 mm, misurato 3,25 mm.

Vixen ARK 30×80:

  • Dimensioni e peso – 33 x 23 x 11 cm – 2,5 kg (con piastra e senza tappi)
  • ingrandimento – 30x, misurato – 29,5x;
  • campo reale – 2,3°, misurato – 2,14°;
  • pupilla d’uscita – 2,67 mm, misurato 2,72 mm.

Docter Aspectem “Doc”  40×80 ED:

  • Dimensioni e peso – 55 x 21 x 11 cm – 5,1 kg (con piastra e senza tappi)
  • ingrandimento – 40x, misurato – 40x;
  • campo reale – 2,1°, misurato – 2,14°;
  • pupilla d’uscita – 2 mm, misurato 2 mm.

 

IL CONFRONTO

FIG.2 – Confronto dimensionale tra i tre contendenti

Il primo confronto che ho fatto (l’unico di tipo “quantitativo” essendo quasi indipendente dal diverso ingrandimento) e sulle caratteristiche del campo.
Curvatura di campo (ovvero differenza di fuoco tra centro e bordo dell’immagine):
22×70 – il campo è discretamente piano, sul paesaggio si comincia ad avvertire la sfocatura da circa l’80% del campo, la differenza di messa a fuoco tra centro e bordo è di circa mezza diottria secondo la scala graduata sugli oculari (il binocolo ha la messa a fuoco indipendente sugli oculari);
30×80 – ha una discreta curvatura di campo avvertibile già dai 2/3 del campo (65/67%), la differenza di messa a fuoco tra centro è bordo è di circa 1,2 diottrie, calcolato rapportando l’escursione totale del “ponticello” rispetto a quella della variazione del fuoco (il binocolo ha la messa a fuoco centrale);
40×80 – campo completamente piatto, nessuna variazione di fuoco tra centro e bordo, sia ad infinito, sia alla minima distanza di fuoco pari a una 15na di metri (il binocolo ha la messa a fuoco indipendente sugli oculari).
Questa immagine riassume la curvatura di campo dei tre binocoli, palesi le differenze tra 22×70 e 30×80, mentre del 40×80 lo smartphone non è riuscito ad inquadrare i bordi dell’enorme campo (i campi apparenti “ricalcolati” con la formula classica sono rispettivamente 64,0°, 63,1° e 85,6°), nell’immagine i rapporti tra gli ingrandimenti sono corretti.

FIG.3 – Verifica della curvatura di campo

Geometria del campo (grado di distorsione dell’immagine dalla perfetta “ortoscopicità”):

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  • hanno tutti un certo grado di distorsione a cuscinetto (solitamente voluta per evitare l’effetto “palla rotolante”), a vedere il grado di deformazione, inflessione verso il basso della linea dei terrazzi degli edifici (vedere immagine seguente), il più “ortoscopico” è il 30×80 con una distorsione forse inferiore al 5%, mentre è intorno al 7% nel 22×70 e nel 40×80 (in quest’ultimo è maggiormente visibile solo per via del maggior ingrandimento).

 

FIG.4 – Verifica della distorsione

Spettro secondario (il famigerato cromatismo), prove e immagini (anche qui i rapporti tra gli ingrandimenti sono corretti) fatte sotto un bel sole con superfici fortemente illuminate:

  • 22×70 – anche in condizioni di pieno sole il cromatismo è appena accennato, il suo doppietto ED spaziato in aria (come in un normale rifrattore astronomico) restituisce una leggera e molto fine linea indaco da una parte e ambra dall’altra sul bordo dei tralicci, ma è cosa che va cercata, viene in aiuto il fatto che l’obiettivo ha un disteso rapporto focale di f/6,14 tirati a “soli” 22x;
  • 30×80 – beh, questo è il suo punto debole, essendo un tipico acromatico con doppietto cementato ad f/4 tirato a ben 30x, qui l’orlo violetto sui bordi dei tralicci è ben visibile e di una certa estensione, dall’altro lato un molto meno esteso orlino verde, diciamo che l’osservazione diurna in pieno sole non è il suo forte;
  • 40×80 – perfetto! Assolutamente apocromatico!!! Credevate scrivessi questo… e invece no. Anche lui ha le sue piccole imperfezioni cromatiche, infatti come nel 22×70, essendo anche lui un doppietto spaziato in aria, per quanto fini e appena accennate, restituisce un pochino di “colore”, un bordino azzurro da una parte e un ambra-arancio dall’altro, anche lui ha un rapporto focale disteso pari a f/6,25 (che aiuta non poco) ma comunque tirato a ben 40x (che non aiutano per nulla), diciamo che ha quasi lo stesso grado di cromatismo del 22×70 ma con quasi il doppio degli ingrandimenti.
FIG.5- Verifica della spettro secondario

 

La prima cosa che ho notato, è che nonostante le condizioni fossero per nulla ottimali, il 30×80 si è difeso più che bene contro i due ED, nel senso che a parte il cromatismo (è l’unico acromatico del gruppo) il binocolo fa delle belle immagini (nel senso che ha delle belle lenti lavorate bene), con una ottima definizione al centro e un contrasto più che discreto, gli altri due in piena luce si comportano molto meglio, intanto perché all’atto pratico di cromatismo non ne hanno (te lo devi andare a cercare sui tralicci in pieno sole, altrimenti non lo vedi) e poi comunque hanno degli obiettivi ottimamente lavorati (inutile dire che sono tutti e tre perfettamente collimati).

Rispetto agli altri, il plus del 40×80 è che ha un campo immenso, pensate che ha lo stesso campo reale del 30x nonostante i 10 ingrandimenti in più e soprattutto perfettamente “piani”, non ho notato scadimento da altre aberrazioni sui bordi, ma queste considerazioni le farò con maggior cognizione di causa dopo le osservazioni notturne.
Infatti le stelle sono “bastarde” e imperfezioni del campo (trasparenza, aberrazioni e planeità) te le tirano fuori subito, infatti aspetto il 40×80 alla verifica del suo campo piatto (di giorno ok, ma di notte?), ma mi aspetto anche un “recupero” del 30×80, infatti di notte il cromatismo è molto meno invasivo (o proprio per nulla) e quello che conta è la capacità di focalizzazione.

 

OSSERVAZIONE DEL SOLE : 1° settembre 2023

 

Provato il “Doc” sul Sole, visibili 5 macchiettine una grande area facolare sul bordo di nord-est (levante), usati i filtri Astrosolar Baader per binocoli.
Devo dire che rende particolarmente bene, i 40x sono un ottimo ingrandimento (si comincia effettivamente a “risolvere” realmente qualcosa con 80 mm).
Disco ben definito, ho cercato sui bordi tracce di cromatismo, ma senza trovarne cosa che col 22×70 accade anche se in maniera leggerissima, sospetto che sia a causa della diversa P.U. (2 mm vs 3,2 mm), le due macchie maggiori mostravano le zone di penombra, ma solo la macchia più grande e con la penombra più estesa, lasciava intravvedere con molta fatica una sorta di struttura a raggi tipica della penombra, infatti di tale dettaglio non sono completamente sicuro.
L’area facolare sul bordo N-E invece era molto ben visibile, quasi palese, visibile anche la granulazione, davvero una bella immagine.

FIG.6 – Il “Doc” con montati i filtri Baader in Astrosolar

 

PICCOLA NOTA SUL MINIMO INGRANDIMENTO RISOLVENTE

Qualsiasi astrofilo sa che la formula tipica per la risoluzione (in arcosecondi) è α” = 120/D dove D è il diametro in mm dell’obiettivo, ma sfruttare tale risoluzione è necessario un ingrandimento minimo dipendente dal diametro dell’obiettivo.

Un occhio normodotato in visione fotopica (ovvero in piena luce, quando i ricettori attivi sono i coni, quelli deputati alla visione a colori) ha una risoluzione angolare tipica di circa 60” (60 arcosecondi),

Ora secondo la formula summenzionata un obiettivo da 80 mm ha una risoluzione di 1,5” quindi l’occhio (che ricordiamo ha una risoluzione tipica di 60”) per risolvere fino agli 1,5” dell’obiettivo, necessita che l’immagine sia ingrandita di 40 volte (ovvero 60”/1,5” = 40).

Possiamo quindi dire che il minimo ingrandimento necessario per cominciare a sfruttare la risoluzione di un obiettivo è pari alla meta del diametro espresso in mm, ovvero tutti gli strumenti ottici che restituiscono una P.U. di 2 mm.

LE PRIME OSSERVAZIONI

 

2 settembre 2023

 

Cielo un po’ velato (trasparenza così così), quindi mi sono dedicato praticamente solo a Saturno e poco altro.
Ho iniziato dall’ingrandimento più basso per non essere “ingannato” da ciò che si vedrebbe nei formati maggiori.

  • 22×70 – il pianeta facilmente visibile insieme alla sua luna maggiore (Titano), gli anelli sono già abbastanza “chiusi” da non far scorgere le “anse” a soli 22x, ma proprio per questo non si vede la classica “palla da rugby”, anzi si vede molto bene il disco del pianeta che sormonta ampiamente a nord e sud il sistema di anelli, anche se a “tinta unita”, nessuna variazione di colore e/o luminosità (bande, ombra dell’anello sul disco, ecc). Dopo aver osservato negli altri due binocoli, sono tornato a dare un’occhiata per vedere se ora riuscivo a percepire ciò che si vedeva nel 30x e nel 40x, come ad esempio le anse e la risposta è no, tutto come prima;
  • 30×80 – qui ha dato un po di fastidio lo spettro secondario, le anse più che vedersi si immaginavano, però gli 8x in più hanno fatto buon gioco per dare un effetto percettivo maggiore, relativamente al fatto che disco e anelli siano due cose separate, qui variazioni di tonalità le ho notate, ma nulla di intellegibile a causa del cromatismo, quindi non so se tali variazioni fossero quelle del pianeta o del “colore” intrinseco del binocolo, perfettamente visibile Titano. Anche quì sono tornato a dare un’occhiata dopo aver osservato nel 40x e qui ho notato meglio le anse (non erano più da “immaginare”) e sono riuscito in distolta (con molta fatica) a percepire Rea;
  • 40×80 – l’ingrandimento e la pulizia d’immagine ha aiutato moltissimo, il disco e gli anelli si capiva subito che erano due entità separate, ben visibili le anse, non mi è parso di scorgere nessuna variazione di tonalità sul disco vicino all’equatore (eventuale ombra dell’anello sul disco), notato un leggerissimo scurimento sulla calotta nord del pianeta, Titano era palese e anche Rea discretamente visibile anche se molto flebile, ho provato a beccare anche Dione, ma senza esito.

Visto che era bella alta, ho tentato M31 ma le velature insistevano proprio su quella zona e si è rivelata del tutto invisibile, anche sul 22×70 che in teoria doveva essere il più papabile per riuscirci, in zona (Perseo, Cassiopea) ho provato anche il doppio nel Perseo, ma erano visibili solo le stelle più luminose (non si vedevano neanche i colori, che sono un must per questo oggetto), sempre a causa delle velature.

Ho trovato un “buco” con cielo decentemente trasparente dalle parti dell’ammasso Freccia e NGC663 (altro piccolo ammasso), entrambi visibili nel campo di tutti e tre i binocoli (distano tra loro meno di 2°) e li ho utilizzati per la verifica della curvatura di campo:

  • 22×70 – invece che dall’80% del campo come descritto durante l’osservazione diurna, le stelle cominciavano ad ingrossarsi già dal 75% del campo, è un ED e fa stelle piccoline, quindi si nota più facilmente quando le stelle si “ingrossano”, verso il 90% comincia a comparire un po’ di “insalata” (come la chiamo io), un misto tra coma e astigmatismo, ma considerato l’allungamento delle stelle al bordo, direi che è l’astigmatismo l’aberrazione preponderante;
  • 30×80 – si conferma come nel diurno, le stelle cominciano ad “ingrassare” dai due terzi del campo, mentre l’insalata si trova dall’80/85% del campo in poi, qui oltre alla solita mistura di coma e astigmatismo, ci si mette anche il cromatismo fuori asse, che anche se non mostra “colore” a causa delle stelle poco luminose, mostra comunque una sorta di “alone” dovuto alla non perfetta focalizzazione dei colori, tutto ciò, verificato, facendo il fuoco sui bordi del campo (altrimenti veniva tutto “coperto” dalla sfocatura);
  • 40×80 – qui parto dalle aberrazioni perché… non c’è ne sono. Fino ai bordi estremi del campo non ho trovato alcuna deformazione dovuta a coma o astigmatismo, però ho scoperto che il campo non è perfettamente piano, ma la sfocatura è veramente minimale, ben oltre il 95% del campo, praticamente al bordo, ho ruotato gli oculari per mettere perfettamente a fuoco il bordo estremo (su una stella debolissima per fare il fuoco preciso), forse di 1 o 1,5°, equivalenti a 1/15 o 1/20 di diottria, insomma roba da psicoottica, una persona più giovane con capacita di accomodamento maggiore della mia, non se ne sarebbe mai accorto.

Dopo le 00:30 la Luna ha illuminato tutte le velature e la festa è finita, ho dato un’occhiatina veloce al nostro satellite, ma a parte il fascino di osservare la Luna in mezzo ai “veli”, non c’era molto da confrontare.

 

22 settembre 2023

 

Tra un temporale e l’altro, poco dopo le 21:00 è spuntata la Luna; apparecchio velocemente il solo “Doc” per una breve osservazione.
Seeing abbastanza scarso (cosa normale tra una perturbazione e l’altra), Luna al primo quarto, mi concentro esclusivamente sul terminatore (velature in avvicinamento veloce).
Parto dal polo nord e a 40x già si scorgono discreti crateri di “seconda fascia”, il più a nord che riesco a scorgere è il cratere Peary, appena più lontane dal terminatore Scoresby con visibile il suo picco centrale illuminato dal sole e la bella “scodellina” di Barows e i bordi scoscesi di Timaeus.
Arrivati sul mare Imbrium, ben visibile Vallis Alpes i picchi di Mons Pico e Piton più ad est e tutto l’arco dei monti Appenini, scendendo ancora il ben definito cratere Pallas, fino al celeberrimo trittico Ptolemaeus-Alphonsun-Arzachel appena a fianco del terminatore, si arriva poi dalle parti del polo sud, dove si nota il fondo completamente in ombra del grosso cratere Moretus.
Poi sono arrivate le velature, ho appena fatto in tempo a fare al volo una foto accostando lo smartphone all’oculare.

La Luna a 40x con due occhi è un gran bel vedere, si cominciano a vedere “cose” veramente piccole, il contrasto e la pulizia dell’immagine rendono veramente in 3D anche le formazioni un po’ più lontane dal terminatore, mentre quelle nelle sue vicinanze “esplodono”, cosa che capita con più difficoltà nel Vixen 30×80 a causa del cromatismo (i 30x potenzialmente permetterebbero di spuntare bei dettagli).
Sul bordo illuminato qualche linea di “colore” si è vista, è da vedere quanto è dovuto allo strumento e quanto al seeing fetente unito ai soli 10° di altezza sull’orizzonte.
L’immagine (non perfettamente a fuoco) non rende giustizia a quello che si vede ad occhio.

FIG.7 – Scatto della Luna accostando lo smartphone all’oculare – non perfettamente a fuoco

Questa è la versione ipersaturata per mostrare meglio il “colore” sul bordo. Il colore generale vira sul rosso a causa della scarsa altezza sull’orizzonte e si nota anche il bordo sfrangiato a causa del seeing.

FIG.8 – Stessa immagine precedente ma ipersaturata

23 settembre 2023

 

Altra veloce occhiata alla Luna subito dopo cena, seeing sempre fetente (comincia pure a fare freschetto), comunque questa volta eravamo intorno al meridiano (Luna alta “ben” 16° sull’orizzonte) e la trasparenza maggiore rispetto a ieri (quasi nessuna velatura).
Cromatismo molto meno avvertibile rispetto a ieri (che differenza fanno 6° in più di altezza e un po’ di trasparenza in più), questa volta lo si doveva cercare, new entry un bel Plato e il craterone Moretus entrambi in penombra, con ben illuminate le loro “corone”.

Altro scatto da smartphone.

FIG.9 – Altro scatto della Luna accostando lo smartphone all’oculare

La seconda immagine ha lo stesso identico grado di saturazione dell’immagine relative al 22 settembre, ma come detto prima, solo un po’ di altezza e trasparenza in più, fanno una grande differenza.

 

FIG.10 – Stessa immagine precedente ma ipersaturata

 

25 settembre 2023

Serata tersa (ma ventosa) e frizzante, finalmente pare stia arrivando l’autunno, oltre alla solita Luna (a proposito, il terminatore era nella posizione perfetta per far rendere al meglio tutta l’area di Gassendi), ho puntato Saturno ancora decentemente alto, anelli ben visibili e riconoscibili dal disco del pianeta, sono anche riuscito a scorgere una terza luna, oltre al solito Titano e a Rea (che la prima volta avevo scorto con difficoltà), sono riuscito a beccare anche Giapeto e questa volta, grazie alla trasparenza entrambi visti abbastanza bene.
Diciamo che per la serata sono riuscito a sfondare il muro della mag. 10 (Giapeto sta giusto intorno alla 10ª) ma non oltre, infatti pur avendo la mappa delle posizioni del sistema di Saturno, Teti non sono riuscito a scorgerla.
Ho provato Giove (bassissimo) ma a parte le lune medicee, il disco era tutto “mischiato” e ho scorto solo una delle due bande temperate.

 

PICCOLO UPGRADE 

 

Parlando di “difetti”, mi da fastidio (proprio psicologicamente) che non vi siano tappi lato oculari, inoltre le sue conchiglie oculari sono troppo lunghe e per vedere tutto il campo, devo premerci su le arcate sopraciliari, inoltre se le ribalto l’estrazione pupillare è eccessiva e devo tenere il volto “staccato”, insomma non è molto comodo.
Quindi approfittando delle filettature presenti sugli oculari ho preso le misure dell’estrazione pupillare e ho ordinato due prolunghe T2 da 10 mm e due tappi con filetto T2.

FIG.11 – Gli accessori pronti per essere montati

 

Le conchiglie oculari del “Doc” si possono togliere svitando una ghiera, ciò libera una filettatura T2, mentre un’altra più esterna ne libera una M48 (il filetto del “naso” da 50,8 mm e relativi filtri), sulla T2 avvito le prolunghe e a cui poi inserisco le conchiglie oculari Baader a “fetta di salame”.

La distanza è perfetta per vedere tutto il campo appoggiando appena appena l’arcata sopraciliare, ora la “vestibilità” è ottima, le conchiglie Baader si possono ruotare facilmente sul filetto T2 delle prolunghe, anche se il 95% del tempo lo userò con fuoco ad infinito, volendo posso ribaltare l’aletta per variare il fuoco senza che disturbino.
Poi quando lo vorrò riporre, tolgo le conchiglie e gli avvito i tappi.

 

FIG. 12 – I nuovi tappi oculari

Pratico anche l’aerowatching (a N-O ho l’aeroporto internazionale di Malpensa e a N-N-E l’aeroporto turistico di Bresso) e il birdwatching (parco cittadino sotto casa), devo dire che 40x (almeno dalla mia postazione casalinga) sono discretamente utilizzabili anche in diurno (magari questa estate con 36/38° e relativa turbolenza non sarà più così), si osservano più che bene le papere che stazionano nei laghetti del parco, ma soprattutto si riescono a seguire perfettamente sia i volatili che i velivoli grazie ai 2° gradi abbondanti di campo. Onestamente non pensavo fosse così semplice con ben 40x.

 

CONFRONTO TRA OSSERVAZIONI DA CIELO CITTADINO E CIELO MONTANO

 

7 ottobre 2023

Manca una settimana alla prossima luna nuova, nel frattempo classica serata da pianeti, aria ferma, un po’ di umidità, temperatura tra i 16° e i 18° che non “contrasta” troppo con la temperatura diurna e quindi turbolenze “locali” tenute a bada e (ovviamente) trasparenza non ottimale, ma comunque discreta.
Apparecchio il mio newton “planetario” da 200 mm sul terrazzone condominiale intorno alle 22:30 in attesa che Giove si alzi a sufficienza, nel frattempo piazzo anche il “Doc”.

La serata promette veramente ottimo seeing (Antoniadi tra II e I verificherò poi col newton a 275x che è più vicino a I) anche se con i soli 40x del binocolone questo non è fondamentale, punto per primo M13 ad ovest a soli 30° sull’orizzonte, lo becco subito (la P.U. di 2 mm scurisce bene il fondocielo) un batuffolino che occupa si e no un decimo del campo del binocolo, dopo essersi “abituati” all’inquadratura, si comincia ad intuire la “graniglia” alla periferia, nessuna speranza di beccare la vicina galassietta NGC6207.
Rimango in Ercole per tentare gli altri due globulari, prima NGC6229 che si mostra come un fantasma appena accennato e poi M92, ben visibile esteso circa la metà di M13, del batuffolo si scorge la differenza di luminosità tra il centro e la periferia (il classico effetto di stellina sfocata) ma nessun effetto “graniglia” alla periferia.
Punto sulla Lyra, nello stesso campo Vega e la doppia doppia (non sono riuscito a percepire la duplicità delle due componenti), il campo perfettamente piano di questo binocolo è (secondo me) il suo maggior pregio insieme alla sua ampiezza, penso lo avrei cercato anche se fosse stato solo un acromatico.
Poi spazzo il Cigno, purtroppo nessuna delle sue nebulose visibile, nemmeno intuibile (cielo non abbastanza trasparente per simili oggetti), la 52 cygni nella Velo si vede subito, ma come detto nessun accenno di nebulosità (ci riproverò settimana prossima in montagna).
Man mano che andavo verso est ho puntato M15 ed M2, anche loro due batuffolini appena più deboli di M92 e finalmente Saturno appena sopra i 30° dall’orizzonte, come sempre anelli ben distinguibili dal disco, Titano e Rea ben visibili, mentre Teti e Dione (alla portata del binocolo e già osservati precedentemente) invisibili, probabilmente per la loro vicinanza al pianeta che le “affoga” nella sua luce.
Nel mentre si sono fatte le 23:00 e mi piazzo al newton per godermi Saturno.

Alle 23:30 circa mi stacco dal telescopio e ritorno al “Doc”, passo aldiquà del meridiano che ho Andromeda e Cassiopea altissime, provo subito M31 e sorprendentemente la vedo più luminosa ed “estesa” di quello che mi aspettavo da questo cielo cittadino (evidentemente l’altezza fa tantissimo), visibili solo le regioni più centrali, ma i gradienti di luminosità erano ben percepibili, la sensazione era di avere l’intera galassia nel campo (impossibile ovviamente, visto che la galassia occupa 3° contro i 2,14° del bino), poiché la periferia era invisibile, diciamo che ciò che era visibile occupava circa la metà del campo del binocolo, forse (e ripeto forse) potrei aver scorto anche M32, M110 invisibile.
Convinto di aver beccato M32, provo anche M33 ma era veramente al limite, come estensione era circa come M92 ma superficialmente molto più debole di questa che già di suo risultava come un fiocchetto luminoso.
Poi ho pensato «Basta spremere gli occhi sotto questo cielo fetente» e sono andato su roba più facile.
Ho Cassiopea lì a fianco, punto subito l’ammasso Freccia e nello stesso campo (ripeto, sia santificato il campo piano) inquadro il vicino ammasso di NGC663, ben visibili le due condensazioni di stelle, questa volta (rispetto alle osservazioni precedenti) visibile il colore della maggior parte delle stelle, tra i due ammassi comunque le stelle non mancano, restituendo un gran bel quadretto.
Scendo di una decina di gradi e atterro sul doppio ammasso del Perseo, oggetto fantastico per questo binocolo, insieme occupano circa un terzo del campo, quindi sono osservabili con una buona quota di contesto, che ne fa risaltare la loro “densità”, bellissimo lo stacco di colori, soprattutto grazie alle tre o quattro stelle molto rosse nei dintorni di χ persei.

Si è quasi fatta mezzanotte, Giove si è alzato a sufficienza, quindi prima di rimettermi con l’occhio al telescopio, faccio le ultime osservazioni con il “Doc”, vado subito sulle Pleiadi (anche loro sopra i 35°) ed è subito un gran bel quadretto, le componenti principali occupano circa metà del campo, ma gli 80 mm ti permettono di visualizzare un gran numero di stelline dell’ammasso che lo “estende” portandolo ad occupare i 3/4 del campo, con una buona cinquantina di stelle visibili, le più luminose incontestabilmente blu, alla periferia dell’ammasso ho anche visto una stellina decisamente rossa, che successivamente sull’atlante ho identificato come SAO76206.

Concludo su Giove, 48″ abbondanti di diametro a 40x sono equivalenti alle dimensioni della Luna piena al perigeo ad occhio nudo, molto ben visibili le due bande principali (di colore aranciato, non più il classico mattone), come ben visibile è lo scurimento della calotta nord e le bande bianco crema (il binocolo restituisce dei bei colori), visibili solo tre “galileiani”, Europa e Ganimede ad ovest e Callisto ed est.

 

14 ottobre 2023

 

Serata in baita, nuvolaglia varia e veloce ma con ampi spazi liberi, seeing scarso (come sempre) ma cielo discretamente scuro, non come le nottate migliori, ma con una mag. di 5,7/5,8 allo zenit.
Decido di fare lo stesso “giro” che feci sotto il cielo milanese la settimana prima (mi sono segnato su un foglietto gli oggetti del giro), per vedere la differenza di visione dello stesso oggetto tra cielo cittadino vs cielo montano.
Parto da M13, sempre un po’ bassina (poco sotto i 30°), rispetto alla M13 milanese è più ampia e definita (diciamo circa 1/7° o 1/8° del campo del bino), l’effetto “graniglia” alla periferia è più facile da percepire, ancora nulla da fare per NGC6207, penso sia al limite per il “Doc” anche sotto questo cielo (forse me ne servirebbe uno da oltre mag. 6).
Passo poi a NGC6229 che questa volta è effettivamente più “facile” ed M92 che trovo ben più esteso (circa 1/12° del campo del bino), mi da la sensazione di essere più “denso” di M13 (con le dovute proporzioni), effetto “graniglia” alla periferia appena accennato.
Vado sulla Lyra, provo ad inquadrare il triangolo Vega-ζ Lyr-ε Lyr, ma solo di pochissimo non entrano tutte nel campo, mi accontento delle due doppie ζ ed ε, ai bordi del campo davvero un bel quadretto (come sempre sia santificato il campo piano) con la contrapposizione tra la “stretta” ζ (di questa si percepisce la differenza di colore tra le due componenti, una bianco crema e l’altra bianco ghiaccio) e la “larga” ε (ovviamente non riesco a vedere la duplicità di ε¹ e ε²).
Vado sul Cigno sul complesso Nordamerica-Pellicano, riesco a percepire solo la nebulosità del golfo del Messico, vado su 52 cygni e si percepisce appena la nebulosità di NGC6964, nulla relativamente al resto della Velo NGC6992 e 6995 (puntate in singolo, tutta la “bolla” della velo è più estesa del campo del “Doc”), tento la Crescent e la regione di Sadr senza esito (nessuna nebulosità percepita).
M15 ed M2 questa volta sono veramente belli, nessun effetto “graniglia” in periferia, ma veramente facili in entrambi si nota non solo l’effetto di stellina sfuocata, ma veri gradienti di luminosità tra centro e periferia, M15 mi ha dato l’impressione di maggior estensione rispetto M2, ma con quest’ultima che sembra avere un nucleo più luminoso.

Ho Saturno da quelle parti e cerco le sue lune, a parte la solita Titano, becco subito lontanissima (circa tre volte la distanza Saturno-Titano) Giapeto e le vicine (al disco) Rea e Teti (questa con più difficoltà), in teoria dovrebbe esserci anche Dione alla portata, ma forse era troppo vicina al pianeta; comunque finalmente sono riuscito a beccare quattro satelliti (nelle precedenti osservazioni ero fermo a tre).
Aumento l’alzo e vado su M31… ed è qualcosa di meraviglioso, bella luminosa, questa volta non sembra il solito grosso batuffolo ma da la sensazione precisa di essere una galassia, riempie agevolmente i tre quarti del campo, bulge luminoso mentre sui “bracci” (tra virgolette perché non si vede la struttura) si percepiscono dai due a i tre gradienti di luminosità, ben visibile M32 alla periferia in mezzo alla “luce” di M31 (a Milano la si vedeva da sola, ben staccata da M31) e dovrei aver percepito anche M110 (meglio il suo fantasma, la si notava perlopiù in distolta), sempre seguendo il “ruolino milanese” della notte tra il 7 e l’8 ottobre scorso, corro verso M33 e questa volta è facile (niente visione distolta), si percepisce anche la condensazione centrale.

Passo agli ammassi, punto l’ammasso Freccia tenendo nel campo anche NGC663, il campo e veramente ricco di stelle brillanti e dei colori più disparati, si percepisce molto meno la condensazione dei due ammassi, perché immersi in questo campo pieno di stelle, il doppio nel Perseo sotto questo cielo esplode, a Milano insieme parevano occupare un terzo del campo del bino, qua invece quasi raddoppia l’estensione (occupano metà campo abbondante), i colori sono molto più vividi e le stelle nel campo sono almeno triplicate rispetto la città.
Vado sulle Pleiadi, altro oggetto da lacrime sotto questo cielo (e con questo binocolo), le sette sorelle qua sono di un blu intenso, Merope e Maia sembrano un po’ soffuse, probabilmente per via della nebulosità, che ancora non si percepisce chiaramente in visione diretta, ma che in distolta capisci che è lì anche se non la vedi distintamente. Il numero di stelle è cresciuto moltissimo rispetto all’osservazione cittadina, tutto l’ammasso sembra riempire l’intero campo sfumando gradatamente nelle stelle di fondo cielo, non dando un vero è proprio confine, come ad esempio accade col doppio nel Perseo. La piccola SAO76206 col cielo trasparente la si percepisce di un rosso ancora più saturo.

Do per puro sfizio una occhiatina a Giove, come sempre bande ben visibili, i galileiani tutti ad ovest del disco, equidistanti tra loro e il pianeta, a parte Io che si trova ad est molto vicino al disco (circa mezzo diametro).
Terminata la lista “milanese”, faccio quello che si dovrebbe fare con un binocolo, spazzo in giro per il cielo più o meno a casaccio, quindi tento la California (da quelle parti), mi pare di intuire qualcosa in distolta, poi da lì mi sventaglio la Via Lattea da una parte all’altra del cielo fino alla Dumbbell (piccola piccola ma visibile), godendomi tutto quel polverio di stelle.

Quanta differenza fanno due mag. abbondanti in più di cielo!

 

Ho anche provato a interporre (a mano) tra occhio e oculare il mio OIII (l’unico “nebulare” che ho), ma risultava troppo scuro (troppo selettivo per una P.U. di 2 mm, almeno per quel cielo), mi è anche balenata l’idea di approfittare delle filettature M48.
Comunque il potenziale sotto cieli degni lo ha dimostrato, sono convinto che quando ci saranno le serate ottimali (föhn e mag. 6,2 allo zenit) in baita, dovrei riuscire a tirar fuori qualche cosa in più dal Cigno & Co.

 

A fine novembre 2023 (prima che tornassero i monsoni qui in “padania”), ho ripreso in mano un vecchio libro di Patrick Moore “L’esplorazione del cielo notturno col binocolo”, che presi successivamente all’acquisto del Vixen Ultima 8×56 (visto che l’autore descrive gli oggetti celesti osservati principalmente con un 7×50 e un 8,5×50, oltre a un12x e un 20x).
Nel sfogliarlo sono capitato sulla pagina della costellazione di Orione, che avevo dalle parti del meridiano nella prima parte della notte, quindi complice una classica nottata invernale, tersa e trasparente, apparecchio il “Doc” sul balcone a sud e seguo la descrizione degli oggetti del libro per confrontare la stessa visione con ben 40x.

 

E’ stata un’osservazione veloce di 15/20 minuti più di curiosità che di “voglia, ho dato una scorsa alle stelle principali per apprezzarne il colore, dopo una veloce occhiata a Betelgeuse, passo a Meissa (λ Ori) che nei 2,14° gradi di campo, è accompagnata da diverse stelle relativamente luminose e colorate (come φ1 e φ2 Ori) che sembra un ammasso aperto molto sparso. Passaggio veloce sull’azzurra Bellatrix per poi scendere verso la cintura, qui nello stesso campo stanno comodamente Alnilam e Mintaka, quest’ultima con vicinissima una stellina a circa 50” (una bella “doppia” da binocolo), scorrendo la cintura arrivo ad Alnitak, qui ovviamente non si riesce a scorgere minimamente M34 con la Testa di cavallo, forse si percepisce un accenno di nebulosità sulla fiamma.
Passaggio veloce su Saiph e Rigel per poi andare sul piatto forte, la spada di Orione, qui nel campo ho tutte insieme da nord a sud, NGC1981, 1973, 1975, 1977, M42, M43 e NGC1980; un quadretto fantastico, con l’ammasso NGC1981 di cui si distinguono una decina di componenti, le stelle 45 e “c” Ori le quali si percepisce che sono immerse in una nebulosità, anche se quest’ultima non visibile (un po’ l’effetto che si ha con le Pleiadi), in più “c” Ori azzurra è vicinissima ad’una stellina giallo-arancio che sembra il quadretto di Albireo in miniatura (con i colori delle componenti invertiti).
Arriviamo su M42, nebulosità evidente, accenno delle “ali” è percepibile anche la condensazione di M43, del Trapezio visibili tre componenti e forse anche la quarta, una facile, due strizzando in po’ l’occhio e una (quella più a nord) difficile e dubbia (so che si doveva trovare in quella posizione, da qui il dubbio «l’ho vista o no?»).
Vado su ι Ori (in NGC1980) per tentare di vedere la sua “compagna” (vicina solo prospetticamente credo) di mag. 7,7 posta a circa 11″, ma è veramente al limite (almeno per la serata), la distanza sarebbe sufficiente per la risoluzione del 40×80, ma la differenza di magnitudine mi rende la cosa difficilissima e non posso garantire di averla vista o solo immaginata.

 

UNA OSSERVAZIONE IN CONDIZIONI NON PROPRIO OTTIMALI

 

2 dicembre 2023

Cielo completamente sgombro e trasparentissimo, grazie alla giornata (mooolto) ventosa, ora intorno all’una il vento (ancora teso) arriva da nord, quindi ho il balcone sud abbastanza protetto e ho Orione al meridiano.

Apparecchio quindi il “Doc” in un minuto (il bello dei binocoli, prendi, agganci, togli i tappi e osservi), ogni tanto arriva qualche raffica ma resisto, voglio approfittare di questa trasparenza abbastanza rara, punto subito la spada di Orione e la prima cosa che noto è che tutte le quattro componenti del trapezio sono ben visibili senza “strizzare” l’occhio, le “ali” della nebulosa un po’ più estese, con molta fatica riesco a “sdoppiare” ι Ori (ho dovuto attendere quegli attimi di calma della turbolenza).

Già che ero nelle vicinanze ho provato la Rosetta, ma non mi è sembrato di percepire nebulosità, comunque bello l’ammasso al suo interno con la rossa 12 Mon, poi la direzione del vento cambia e comincia a disturbare, quindi mi faccio una spazzolata sul Cane maggiore e sui suoi svariati ammassi e ammassetti, sempre bellissimo M41 con stelle di tutti i colori dal rosso, all’arancio, al giallo, al bianco e fino al blu (colori vividi anche su stelle relativamente deboli, probabilmente dovuto al contrasto aggiuntivo dato dalla P.U. di soli 2 mm), passando ad est della costellazione c’è affollamento, bello avere nello stesso campo a 40x M46 (non sono riuscito a beccare la planetaria al suo interno), M47 ed NGC2423, ho provato anche l’Elmo di Thor a 4° N-O da questo gruppetto, forse qualche accenno in distolta.

Poi le raffiche si sono fatte più frequenti e ho sbaraccato, infatti ho praticamente osservato tra una raffica di vento e l’altra (durante queste, il tremolio non permetteva l’osservazione di “dettaglio”), per percepire i dettagli “minuti”, nel mentre mi godevo il quadro generale, ad inizio osservazione col vento da nord, avevo a disposizione qualche minuto di calma tra le raffiche, verso la fine col vento da ovest era un continuo tremolio.

 

 

USO DEI FILTRI UHC

 

Dopo diversi consigli e qualche prova diretta, mi procuro due filtri UHC Explore Scientific insieme a degli anelli M48 del giusto spessore da applicare alla filettatura presente sull’oculare.

Come già scritto, gli oculari del “Doc” dispongono sia di filettatura T2 che M48 entrambe maschio, quest’ultima è lo standard per collegare filtri da due pollici (o 50,8 mm), essendo questa a circa 10 mm dalla lente dell’occhio è necessaria una prolunga M48 (sul web c’è ampia scelta di raccordi del genere) di almeno 7/8 mm.

Nel mio caso i filtri hanno la filettatura maschio solo da un lato (altri come i Baader hanno un filetto maschio da un lato e femmina dall’altro) ho quindi dovuto prendere un raccordo M48 con filetto femmina da entrambi i lati, più una normale prolunga da 4 mm, il risultato è mostrato nelle seguenti immagini.

 

Un problema da risolvere di questa configurazione sono i riflessi della superficie verso l’occhio del filtro, questi infatti per assolvere la loro funzione di filtraggio selettivo, hanno ovviamente delle superfici molto riflettenti, quindi se vi dovessero essere sorgenti luminose (anche molto deboli) alle spalle dell’osservatore, ciò potrebbe costituire un problema, se poi si è in una zona urbanizzata il problema è assicurato.

Una soluzione semplice e veloce è coprirsi la testa con un panno scuro (è ad esempio il metodo che utilizzo quando faccio osservazioni solari), altrimenti ci si può auto costruire una sorta di “bino bandit” (una specie di paraocchi) con un foglio di gomma, neoprene o anche cartoncino (questo però da impermeabilizzare con l’opportuno spray), da ritagliare nella giusta foggia per seguire le curve del nostro volto (quest’ultima è la soluzione che ho adottato).

L’uso dei filtri da 2” è praticamente obbligato se si vuole mantenere il grandissimo campo del binocolo, infatti si potrebbero utilizzare anche filtri nebulari con filetto T2 (ve ne sono in commercio), ma la finestra libera di soli 34/35 mm, non permette di abbracciare tutto il campo del binocolo (riducendolo dai suoi 2,14° a poco più di 1,5°.

Tornando ai filtri, secondo me l’unico tipo “nebulare” utilizzabile è l’UHC o comunque che non tolga troppa luce (attualmente ve ne sono alcuni per specifici usi abbastanza “trasparenti”), perché la P.U. di soli 2 mm del 40×80 non permette l’uso proficuo di filtri più “scuri”, ho infatti provato il mio OIII Baader (un 10 nm quindi molto scuro) e anche un classico Astronomik (con una banda un po’ più ampia), ma in entrambi i casi si e “spenta la luce”, ciò anche dai cieli montani, con un Hbeta sarebbe ancora peggio.

Mentre con gli UHC Explore Scientific sono stati molto utili e in alcuni casi hanno fatto la differenza tra il vedere e non vedere un oggetto celeste, ad esempio seppur relativamente basso, sul Cigno mi ha permesso di “estendere” la parte visibile della zona della Nordamerica e del Pellicano, mi ha permesso di osservare alcune parti della nebulosa Velo (soprattutto la parte intorno alla 52 Cigni) e sebbene piccolissima anche la Crescent nebula, su M42 in Orione i filtri hanno praticamente raddoppiato l’estensione delle “ali” visibili e potrei portare svariati altri esempi.

Ultima cosa, questi filtri sono tanto più efficienti quanto più il cielo è buio e trasparente, ad esempio sotto i miei cieli milanesi benché ancora utili, la loro efficienza si riduce percettibilmente, miglioramenti si notano su oggetti “facili” come M42, ma onestamente in questi casi preferisco la visione senza filtro.