I binocoli prismatici comunemente in commercio, sono caratterizzati da due tipologie di prismi che ne determinano anche la forma, come si vede dalla foto(a)
I prismi di Porro derivano il loro nome dal grande ottico italiano Paolo Ignazio Pietro Porro(1801-1875), che, dotato di spiccata genialità, realizzò anche molti e utilissimi strumenti. E’ quindi per merito suo se possiamo disporre di due schemi prismatici binoculari tanto semplici e lineari quantovalidi ed efficaci: Porro I (tipo)-fig.1e Porro II (tipo)-fig.2.
Anche i prismi a tetto, nella configurazione base di fig.3, si fanno risalire ad un altro famoso ottico ed astronomo italiano, Giovanni Battista Amici (1786-1863).
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Il loro nome deriva dal fatto che hanno una superficie ottica (quella corrispondente all’ipotenusa) costituita da due (semi) superfici inclinate tra loro di 90°, simili al doppio tetto spiovente di una casa. Qui avvengono due riflessioni incrociate che realizzano il raddrizzamento totale dell’immagine mediante una rotazione della stessa pari a 180°. Sul piano pratico, tra l’altro, con un prisma di questo tipo si può realizzare un ottimo cercatore con visione a 90° per telescopio, in grado di fornire una immagine completamente raddrizzata della parte di cielo inquadrata, con lo stesso orientamento visibile a occhio nudo e quindi di facile e comodo utilizzo nella ricerca e puntamento di oggetti celesti. Un prisma analogo (fig.4) in cui però l’ipotenusa non ha il “tetto” ma è costituita da una superficie piana (prisma zenitale o diagonale stellare), raddrizza invece parzialmente l’immagine, con una sola riflessione, nel senso nord-sud ma non anche nel senso ovest-est o, se si preferisce, sinistra-destra.
Nel binocolo i prismi a tetto sono stati utilizzati forse per la prima volta da Carl Hensoldt nel 1897 in un particolare schema con obiettivi e oculari disassati. Essi sono stati poi realizzati da altri progettisti ottici, per l’impiego binoculare, in più varianti. Le più utilizzate attualmente sono quella di Schmidt-Pechan (fig.5) e di Abbe-Konig- (fig.6), che troviamo, ad esempio, nei binocoli delle serie Conquest, Victory e Dyalit della Zeiss. Si ha poi notizia anche di altri tipi di prismi a tetto binoculari come quelli di Rosenhagen, Sprenger-Lemann o, ancora, quelli di Uppendahl; questi ultimi, (costituiti da tre prismi cementati) sono stati impiegati dalla Leitz (Leica)nei binocoli della serie Trinovid dal 1963 al 1990.
Sia i prismi di Porro che i prismi a tetto ( entrambi prismi raddrizzatori di tipo diretto) svolgono nei binocoli una duplice funzione:
- raddrizzare completamente, mediante una rotazione di 180°, l’immagine capovolta (invertita sud-nord /est-ovest) formata dall’obiettivo;
- “contenere”, all’interno dello strumento, la lunghezza focale del suddetto obiettivo deviandone il flusso luminoso con linee spezzate, angolate e/o invertite, raggiungendo il risultato di uno strumento linearmente più corto della focale complessiva.
Attualmente quelli che più comunemente si trovano in commercio sono: per i prismi a tetto gli Schmidt-Pechan e per i prismi di Porro il tipo Porro I.
Esaminando i tipi di prismi finora descritti si nota che:
- i Porro II e gli Abbe-Konig presentano 4 riflessioni e 2 passaggi aria vetro;
- i Porro I presentano 4 riflessioni e 4 passaggi aria vetro (di norma in versione binoculare);
- gli Schmidt-Pechan presentano 6 riflessioni e 4 passaggi aria vetro.
I più redditizi quindi, quanto a trasmissione della radiazione luminosa, risultano essere i Porro II e gli Abbe-Konig. Ciò è dichiarato dalla stessa Zeiss nel sito www.zeiss.com (binocular school) che riferisce valori di trasmissione luminosa superiori al 90% per i Porro e gli Abbe-Konige inferiori all’85% per gli Schmidt-Pechan. Vi è però da dire che i Porro I in versione binoculare sono, di norma, separati, per cui presentano due passaggi aria-vetro in più rispetto ai Porro II cedendo quindi ad essi qualcosa in termini di trasmissione luminosa; ciò non avviene quando i Porro I sono cementati come nei raddrizzatori per telescopi.
Per quanto riguarda poi i prismi a tetto, bisogna considerare che essi presentano maggiori difficoltà costruttive perché l’angolo di 90° delle due facce che formano il “tetto” deve avere una precisione assoluta, con tolleranze strettissime (circa due secondi d’arco ovvero 1/1.800 di grado!), che, se non rispettate, determinano un leggero sdoppiamento dell’immagine finale e quindi una resa inferiore in termini di incisione e nitidezza. Anche però quando questa necessità viene soddisfatta, affinchè la resa ottica sia pari inrisoluzione e contrasto a quella diprismi di Porro di analogo livello qualitativo (quanto ad accuratezza della lavorazione delle superfici e precisione degli angoli), è necessaria una ulteriore sofisticazione tecnica, la cosiddetta “correzione di fase” ideata e realizzata per prima dalla Zeiss in tempi recenti (1988-inventore: Adolf Weyrauch). Sommariamente essa consiste in un rivestimento opportunamente calibrato delle superfici del tetto (deposito di strati dielettrici), in grado di compensare lo sfasamento che, a causa dei fenomeni di interferenza connessi alla natura ondulatoria della luce, si determina tra le onde luminose provenienti dalle due riflessioni incrociate sulle suddette superfici.
Inoltre, nel binocolo, le linee di spigolo dei due tetti, (una per ogni tubo ottico), comportandosi come due sottilissime ostruzioni danno luogo a effetti diffrattivi,creando, su luci intense, leggere strie di luce diffusasimili ai “ diffraction spikes” causati (per lo stesso fenomeno di diffrazione della luce) dai sostegni dello specchio secondario nei telescopi di tipo Newton, nonché nei Cassegrain e in generale nei riflettori ostruiti. Solo una lavorazione particolarmente fine dell’angolo dei tetti e il rivestimento a correzione di fase minimizzano, al punto di renderli pressochè impercettibili visivamente, gli effetti citati. Ovviamente le tecnologie di base e i relativi processi di lavorazione, sviluppati al massimo livello dai produttori più famosi, consentono di ottenere ottimi risultati ma con maggiori costi.
Infine in determinati tipi di prismi a tetto (ad es. Schmidt-Pechan, Uppendahl) è necessaria l’alluminaturao argentatura delle superfici ottiche sulle quali il raggio luminoso incide con un angolo inferiore a quello cosiddetto “limite”, mediamente pari a 42°, al di sotto del quale valore non si ha, nei prismi, la riflessione totale. Questa espressione sta ad indicare che tutti i raggi luminosi vengono riflessi e nessuno rifratto; inoltre non vi è alcuna perdita percentuale di trasmissione luminosa, come avviene negli specchi, esclusa quella dovuta ai passaggi aria/vetro e al grado di assorbimento di quest’ultimo.
I prismi di Porro (di norma isosceli ad angolo retto) non richiedono, per fornire immagini di alto livello, queste particolari sofisticazioni tecniche.
La versione Porro I è stata in assoluto la più utilizzata e presenta aspetti positivi che vanno dalla semplicità costruttiva alla facilità di montaggio, smontaggio e pulizia. Inoltre è quella che dà il più marcato effetto stereoscopico con profondo senso di rilievo sugli oggetti osservati.
La versione Porro II, d’altra parte, si distingue per peculiari caratteristiche di efficienza e rendimento che l’hanno fatta utilizzare in molti binocoli militari di alto livello a partire dai primi del novecento fino all’ultima guerra mondiale.
Innanzitutto i due passaggi aria/vetro in meno rispetto ai Porro I consentivano, quando i trattamenti antiriflesso non erano ancora stati inventati da Alexander Smakula (Zeiss-1935), di recuperare un 8-12 % di radiazione luminosa che altrimenti si sarebbe perduta per riflessione.
Poi i Porro II consentono agevolmente, senza prismi aggiuntivi ed ulteriori riflessioni, di variare la distanza interpupillare mediante la rotazione eccentrica degli alloggiamenti che li contengono (per lo più a forma di tamburo) e sui quali sono installati gli oculari; l’asse di rotazione coincidecon quello che congiunge il centro ottico dell’obiettivo con l’ipotenusa del primo prisma minore(foto b-c ), l’altro prisma minore è in asse con l’oculare. Grazie a questa caratteristica gli obiettivi possono essere allineati in una costruzione di tipo monoblocco e in tal modo non possono verificarsi disallineamenti ottici causati da una non perfetta assialitàmeccanica degli snodi dei tubi, cosa che può accadere, allorché si varia la distanza interpupillare, nei binocoli a tubi snodati.
Tra i binocoli militari consistema prismatico Porro II si può ricordare il famoso Zeiss Jena (codice militare del marchio: blc) 8×60( 2^ guerra mondiale) che a giudizio di molti appassionati è quanto di meglio sia stato mai realizzato nel campo dei binocoli portatili. Tra le sue caratteristiche di spicco, nelle varie versioni, grande luminosità (pupilla di uscita 7,5 mm), campo apparente di 72,8° (reale 9,1), una estrazione pupillare di ben 24mm, elementi asferici negli oculari, lenti cementate con i prismi (sistema H), trattamento antiriflessi (T), cartucce disseccanti anti umidità internamente allo scafo, tutto ciò ovviamente abbinato ad eccellenti prestazioni ottiche, requisito di importanza vitale nell’impiego bellico.
Questo validissimo schema Porro II sembrava abbandonato ma da un po’ di tempo è stato riscoperto e rivalutato. Lo ritroviamo infatti non solo nei binocoli giganti nei quali è presente di regola, per le suddette caratteristiche di precisione dei monoblocco, ma anche in binocoli portatili di alte prestazioni quali ad esempio, lo Zeiss 20×60 S con stabilizzazione meccanica (lo Zeiss portatile attuale più costoso), tutti i Canon I.S. stabilizzati (elettronicamente) attualmente in produzione, (la Canon è passata dai prismi a tetto del 15×45 i.s. e del 12×36 i.s. 1^ serie ai Porro II attuali)ed il recente Miyauchi Binon 7×50 W,dallo stile “rètro” oltre tutto molto bello (a parere di chi scrive).
Con i prismi a tetto, sia in BK7 che in BaK4 (o altri vetri con pari indice di rifrazione), la pupilla appare sempreugualmente rotonda per cui non si può stabilire, con un colpo d’occhio, il tipo di vetro impiegato. Infine, se si ha l’intraprendenza, la capacità manuale e la pazienza di smontare un binocolo per pulire l’ottica (e poi ricollimarla), i prismi di Porro sono abbastanza facili da pulire e rimontare, ma un prisma a tetto del tipo Schmidt-Pechan rappresenta, salvo particolari e razionali realizzazioni della gabbia che li contiene, una sfida dagli esiti molto incerti.Qualche ulteriore nota merita il fatto che con i prismi di Porro, se la pupilla d’uscita (dischetto chiaro visibile al centro degli oculari) appare di forma quadrangolare inscritta in un circolo residuo meno luminoso (vignettatura), è facile accorgersi che siamo in presenza di prismi in vetro BK7, mentre se la pupilla è netta e rotondasi tratta di vetro BaK4, ad indice di rifrazione più alto e quindi in grado di convogliare, senza perdite, tutto il flusso luminoso dalla pupilla di entrata (obiettivo) alla pupilla di uscita (oculare).
Nelle foto d, e, f si può verificare quanto descritto finora simulando, mediante due specchi piani, la riflessione su un “tetto”:
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- con la riflessione suuna sola superficie piana, l’immagine è raddrizzata nord-sud maribaltata est-ovest – foto (d);
- la doppia riflessione incrociata di due specchietti posizionati a 90° (tetto), realizza invece il totale raddrizzamento dell’immagine corrispondente ad una rotazione della stessa pari a 180° – foto (e);
- una piccola variazione dell’angolo del tetto causa lo sdoppiamento dell’immagine -foto (f);
Con i prismi di Porro I si può invece sperimentare, grazie al monoculare prismatico girevole di foto(g), (in pratica un mezzo binocolo con i prismi che ruotano uno rispetto all’altro e ai quali sono state tolte le coperture a scopo illustrativo), come ad un angolo di rotazione di uno dei due prismi corrisponda un angolo di rotazione dell’immagine pari al doppio:
- in foto (h) i prismi sono allineati e l’immagine è capovolta (l’immagine è vista dall’obiettivo per
motivi di ripresa fotografica ma ha lo stesso orientamento di quella vista dall’oculare);
- in foto (i) ruotando un prisma di 45° l’immagine ruota di 90°;
- in foto (l)ruotando un prisma di 90° rispetto all’altro (come di norma nel binocolo con prismi di Porro I) l’immagine ruota di un angolo doppio pari a 180° e appare totalmente raddrizzata.
I prismi, pertanto, sono un po’ il cuore del binocolo, e, dato il cospicuo numero di riflessioni che l’immagine subisce nel loro interno, con sommatoria e amplificazione di eventuali difetti, dalla bontà complessiva degli stessi dipende in larga misura anche quella dell’immagine finale che giunge ai nostri occhi. Conoscerli meglio può quindi aiutare, insieme con gli altri parametri, ad effettuare una scelta più rispondente alle proprie esigenze e alle proprie personali aspettative.
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Ottaviano Fera: nato nel 1946 a Teano (CE) e residente in Napoli, il primo confuso ricordo della “magia” di un binocolo a pochi anni di età, in un ippodromo di periferia. A 13 anni un cannocchiale di plastica per la prima visione dei crateri lunari, a 18 anni il primo binocolo “serio”, un 7×50 Porro tedesco-orientale. Poi il primo telescopio, il mitico 114/900 made in Japan fino all’apparizione della bellissima cometa Hale-Bopp che risveglia la passione e la volontà di dedicarsi più seriamente all’astronomia visuale e agli strumenti ottici, privilegiando i binocoli. Laureato in giurisprudenza, ha fatto parte dello staff tecnico della rivista Coelum, è attualmente socio dell’UAN (Unione Astrofili Napoletani) . E’ appassionato dei binocoli stabilizzati Canon di cui possiede tutti i formati. Collabora con Binomania come esperto di binocoli con prismi di Porro.