La moda del vintage astronomico

Anche tra gli astrofili è scoppiata la passione per il vintage: nei mercatini dell’usato abbondano vecchi telescopi e accessori risalenti alla seconda metà del XX secolo, rifrattori in prevalenza ma anche riflettori, catadiottrici e innumerevoli oculari. Si tratta per la maggior parte di strumenti giapponesi e solo subordinatamente americani, tedeschi o francesi, tutti appartenenti a quella che ormai possiamo chiamare l’epoca pre-cinese: sono cioè i telescopi commerciali che fino ai primi anni 2000 finivano nelle mani degli astrofili non autocostruttori e che allora come oggi appartenevano a diverse fasce di mercato. In quel periodo i cinesi (o i taiwanesi) erano già presenti sul mercato ma con prodotti relegati alle fasce più basse, modesti binocoli, cannocchiali e riflettori newtoniani.

Nel vintage troviamo di tutto, tubi ottici, montature, telescopi completi e una folla di accessori, per lo più piccoli oculari. Qualche esempio:

  • prodotti “di massa” made in Japan commercializzati sotto i brands più diversi (Stein Optik, Tasco, Polarex-Unitron, Royal Astro, ecc., una vera babele di marchi ecc.) e che un tempo abbellivano le vetrine degli ottici specializzati; in genere rifrattori altazimutali ed equatoriali fino a 10 cm e riflettori fino a 15 cm tra i quali l’immarcescibile 114/910 col quale gran parte di noi ha dovuto fare i conti ;
  • rifrattori acromatici e apocromatici appartenenti ad alcuni marchi molto noti (Nikon, Pentax, Zeiss, ecc.) che oggi non producono telescopi completi e nemmeno solo gli OTA;
  • strumenti Meade e Celestron fabbricati interamente negli USA, in gran parte Schmidt-Cassegrain ma anche rifrattori e newtoniani
  • moltissimi accessori giapponesi dei quali i cataloghi delle aziende americane trattate anche in Europa (Celestron, Meade, TeleVue) erano particolarmente ben forniti, oltre a quelli arrivati direttamente dal Giappone in Europa.


Nel mercato dell’usato questi oggetti vengono spesso spacciati come qualitativamente superiori ai loro corrispettivi cinesi contemporanei, e in proporzione fatti pagare di più, ad esempio 400 o 500 euro (o anche più) per un acromatico da 77-80 mm o migliaia di euro per un rifrattore giapponese di alta gamma. Ma davvero “made in Japan” o “made in USA” è sempre sinonimo di superiorità ottica e meccanica rispetto a un prodotto cinese attuale ?

La risposta è ovviamente no: se molti telescopi del recente passato avevano una qualità superiore alla media dei prodotti cinesi anche soltanto di un decennio fa, adesso le cose sono cambiate parecchio e occorre valutare caso per caso se sia conveniente o meno l’acquisto di un vintage rispetto a un prodotto più recente. Del resto basta guardare come erano fatti i fuocheggiatori di una volta, quelli che equipaggiavano gli strumenti più diffusi, fuocheggiatori nemmeno paragonabili a un Crayford cinese di oggi e che in molti casi è necessario sostituire per poter utilizzare non solo gli oculari da 2 pollici ma spesso anche quelli da 31.8 mm che sono i più diffusi. Che dire poi di certe montature instabili e ballerine all’inverosimile e di gran lunga inadeguate all’ottica che devono sorreggere ?

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Ma anche considerando i telescopi di fascia più alta è obbligatorio fare alcune considerazioni. In questo mercato ci sono strumenti costosissimi di cui da tempo è cessata la produzione, strumenti che conobbero una certa fortuna (riservata a pochi) quando gli astrofili disponevano di telescopi mediamente più piccoli di quelli che si vedono ora ed era perciò ancora possibile spacciare un rifrattore da 3, 4 o 5 pollici come il non plus ultra in fatto di “alta risoluzione”. Oggi chiunque sia interessato ad osservare in particolare i pianeti o la Luna non dovrebbe considerare nulla al di sotto dei 6 pollici di apertura e possibilmente andare su qualcosa che sia oltre gli 8 pollici; i piccoli rifrattori di un tempo sono quindi oggetti per il collezionista, e ed è inutile acquistarli sperando di vederci chissà cosa anche se l’esperto di turno (e collezionista a sua volta) dovesse assicurarci che come si vede in quei rifrattori non si vede in nessun altro.

Vecchi rifrattori giapponesi del tipo con cui si osservava il cielo cinquant’anni fa. In molti casi hanno ottiche molto valide ma gli esili tubi fuocheggiatori di piccolo diametro ne precludono l’utilizzo con la maggior parte degli accessori oggi disponibili sul mercato.

Ci sono poi strumenti, anche se di buona famiglia, che vanno comunque testati prima dell’acquisto. E’ il caso ad esempio dei vecchi rifrattori Meade ED, tra i quali ne ho visti di buoni come di pessimi, ma anche di tanti SC prodotti in USA tra gli anni ’70 e gli anni ‘90, non necessariamente perché fossero scadenti all’origine (al contrario la maggior parte erano invece ottimi) ma magari soltanto perché in tanti anni sono passati per più proprietari: non è infatti infrequente in questi esemplari il caso di lastre graffiate a causa di pulizie maldestre, trattamenti rovinati e altri inconvenienti ancora che col “made in USA” hanno poco a che vedere.

I vecchi rifrattori Takahashi e Vixen, soprattutto quelli alla fluorite naturale, si trovano con sempre maggiore frequenza nel mercato del vintage, in particolare nel diametro di 4 pollici. Sono strumenti ottimi sotto tutti i punti di vista e a dispetto di quanto si diceva e scriveva tempo fa i casi di deterioramento della fluorite si contano sulle dita di una mano e quindi si possono acquistare in sicurezza. Ma anche qui il “made in Japan” non dice nulla su come il proprietario o i proprietari lo abbiano tenuto, attenzione perciò a comprare a scatola chiusa, se sussistono dei dubbi meglio accontentarsi (si fa per dire) di un doppietto cinese in FPL-53 (o equivalente) nuovo di zecca.

Il discorso sulle montature è per certi versi simile ma ancora più delicato, perché se un’ottica trattata bene non si usura, una meccanica no, è comunque soggetta nel tempo a sviluppare imperfezioni che se in visuale possono essere tollerabili in fotografia potrebbero invece essere disastrose. Quindi l’opportunità di acquistare un vintage al posto di una montatura nuova deve essere valutata attentamente senza lasciarsi influenzare dal marchio, dal costo o dal paese di produzione.

Per quanto riguarda gli accessori ci si muove su un terreno un po’ meno infido, ma occorre considerare che la produzione cinese di accessori (sia quella che nasce in Cina anche concettualmente, sia quella basata su specifiche dei brands europei, americani o giapponesi) è oggi in grado di soddisfare qualunque esigenza a un costo imbattibile senza dover ricorrere al vintage. A meno di non essere a caccia di una serie ben determinata di oculari (vedi gli Zeiss Abbe, i TMB Supermono o i Pentax XL, oggetto di una venerazione a mio avviso non sempre giustificata) o di essere affezionati a una marca in particolare o di dover ricostruire la dotazione originale di un vecchio telescopio, è impossibile non trovare nella produzione ottica attuale qualcosa che possa andar bene per noi.

Piccoli oculari giapponesi da microscopio e da telescopio, fuori produzione da decenni. Quando si acquistano questi oggetti occorre accertarsi che col tempo non si siano rovinati, pulire le lenti di questi ocularini e rimontarle nel modo corretto non è infatti un’a passeggiata.

Però il vintage ha indubbiamente il suo fascino che per molti, compreso il sottoscritto, spesso è motivo sufficiente per fare qualche acquisto, e in diversi casi possiede davvero qualche caratteristica che lo impreziosisce particolarmente: può essere il design accattivante, una realizzazione particolarmente ben riuscita o meno dozzinale rispetto ai prodotti cinesi che si trovano nella stessa fascia di mercato (tipico il caso delle montature Vixen GP/ GP-DX rispetto ai loro cloni o dei piccoli rifrattori giapponesi da 6 cm rispetto a certi giocattoli cinesi che finiscono in mano a tanti neofiti) o anche il fatto che certi vecchi strumenti “leggendari” alla prova dei fatti si collocano veramente qualche gradino sopra la produzione contemporanea.

Ma come in tutte le cose alla fine quello che conta è evitare gli inghippi, al quale scopo possono servire alcune semplici regolette dettate dal buon senso che non dovrebbe mai mancare in una transazione:

  • non farsi tentare dall’acquisto di strumenti o accessori venduti a prezzi sproporzionati rispetto alle loro caratteristiche costruttive per il solo fatto di essere stati prodotti in USA, in Giappone o in Russia trenta o quarant’anni fa
  • uno strumento astronomico non può trascendere le leggi dell’ottica nemmeno se fabbricato dagli elfi: un rifrattore da 80 mm f/15 giapponese avrà pure una correzione del colore molto buona ma vi farà vedere meno di un 100 mm f/10 cinese
  • stare alla larga dagli annunci di vendita pieni di superlativi, di paragoni senza riscontro, di dichiarazioni di correzione ottica non documentate
  • di fronte a descrizioni mirabolanti sulle prestazioni di un telescopio cercate dei riscontri sul web, in letteratura e nei manuali di ottica e di astronomia osservativa
  • tenere presente che l’occhio non è in grado di distinguere correzioni sul fronte d’onda superiori a 1/8-1/10 di lunghezza d’onda nel giallo-verde, quindi è perfettamente inutile sborsare quattrini per correzioni mirabolanti che non potremo mai apprezzare
  • acquistando uno strumento datato chiedere dettagli al venditore sullo stato delle parti ottiche e meccaniche, in particolare quanti proprietari ha avuto, se le superfici ottiche sono mai state pulite e come (in questo caso sarebbe opportuno esaminarle prima dell’acquisto), se è mai stato smontato o modificato rispetto all’originale, se ha subito interventi da parte dell’assistenza tecnica o di un tecnico specializzato
  • attenzione agli oculari molto vecchi: se non sono stati conservati bene potrebbero avere sviluppato alterazioni dei trattamenti, del cemento, ossidazioni del barilotto e muffe.


Viceversa rispetto a tutto quanto detto qui sopra, se siete proprietari di un vintage di pregio, che funziona bene e in ottimo stato di conservazione ma inutilizzato, vendetelo prima che col tempo si degradi o finisca per passare da “vintage” ad essere “definitivamente obsoleto”; se trovate il collezionista che vi offre una somma ragguardevole perché stava cercando proprio quello allora approfittatene, altrimenti stabilite un prezzo congruo rapportato al mercato del nuovo. Non fidatevi delle “quotazioni” altrui o rischiate di ritrovarvelo di nuovo sul mercato dopo qualche tempo a prezzo doppio o triplo rispetto a quello a cui l’avete venduto 😉