TS Concenter: un ausilio per la collimazione

Saper collimare i propri strumenti ottici è una delle abilità fondamentali richieste ad ogni astrofilo. Eccettuato il caso di telescopi assolutamente non collimabili dall’utilizzatore, nella maggior parte dei casi occorre saper riconoscere eventuali errori di allineamento delle ottiche, valutare qualitativamente la loro entità e porvi rimedio.

Ma cos’è la collimazione ? In ottica geometrica si definisce collimato un fascio di raggi paralleli che non diverge con la distanza dalla sorgente. In astronomia pratica il termine è impiegato più genericamente nel senso di disporre specchi e lenti in modo che condividano lo stesso asse ottico, che nella maggior parte dei telescopi coincide con l’asse meccanico del tubo e del portaoculari. Può trattarsi di un’operazione relativamente semplice – pensiamo ad esempio alla collimazione di un rifrattore – oppure può richiedere un certo impegno, ad esempio per collimare quei telescopi che presentano una coma extrassiale importante e che perciò ammettono solo minime tolleranze. In ogni caso bisogna saperlo fare.

Oggi Internet mette a disposizione dell’astrofilo innumerevoli risorse su questo argomento, sia in termini di tutorials che di communities a cui attingere per informazioni e aiuto, tuttavia il principiante può trovarsi comunque in difficoltà nella regolazione delle ottiche; per questo motivo a chi non ha mai messo l’occhio in un telescopio io non consiglio mai l’acquisto di uno strumento collimabile, nemmeno di un SC: eccetto il caso dei rifrattori a doppietto per i quali un oculare Cheshire è sufficiente, la collimazione richiede infatti qualche nozione basilare sull’interpretazione dello star test, ciò che è al di là delle conoscenze di un neofita (e qualche volta anche di alcuni sedicenti esperti).

COLLIMARE IL NEWTON

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Nell’enorme varietà di strumenti astronomici oggi disponibili in commercio o presso i costruttori specializzati, il riflettore newtoniano continua ad avere il suo spazio sia come strumento cosiddetto “tuttofare”, in equatoriale o in altazimutale, sia come astrografo, è perciò naturale che la maggior parte dei tutorials sulla collimazione sia dedicata a questo tipo di strumento. Nel corso del tempo ho usato almeno una decina di newton fino a 40 cm di diametro, tutti equatoriali (non ho mai digerito i dobson…) e mi sono fatto perciò una certa esperienza con i vari tools di collimazione, a partire dal classico – e ormai quasi scomparso – tubo portarullini col tappo forato col quale mi sono arrangiato per parecchi anni.

Attualmente il mio preferito è il laser, anzi lo è sempre stato fin da quando sono apparsi dei dispositivi affidabili come l’Hotech e il Baader. Il laser non gode delle simpatie di molti astrofili a causa del fatto che trovano difficile centrare correttamente il dispositivo nel portaoculari e ottenere una collimazione ripetibile. La difficoltà nasce però soltanto se si utilizzano laser economici e/o portaoculari con serraggio eccentrico; i laser migliori, come quelli che ho citato sopra, inseriti in un portaoculari autocentrante di ottima fattura garantiscono invece una collimazione sufficientemente precisa e ripetibile che richiede soltanto una piccola messa a punto direttamente sul cielo o su una stella artificiale.

Una collimazione precisa, qualunque dispositivo si utilizzi, richiede un portaoculari autocentrante di buona realizzazione.

Particolarmente utile è la coppia laser + lente di Barlow, descritta da Nils Olof Carlin su Sky&Telescope di gennaio 2003 e che permette di collimare molto bene lo specchio primario eliminando le incertezze dovute al serraggio del laser nel portaoculari.

E’ invece molto in voga l’oculare Cheshire, soprattutto per la regolazione della posizione e dell’inclinazione dello specchio secondario. A me il Cheshire non piace e lo trovo inaffidabile. Tanto per cominciare tende a inclinarsi nel tubo portaoculari, soprattutto nella versione che viene inserita per quasi tutta la sua lunghezza: anche la più piccola inclinazione del tubo si traduce, alla distanza dall’occhio a cui si trova la crociera, in uno spostamento lineare apprezzabile che va perciò a inficiare il risultato finale. Il Cheshire andrebbe dunque impiegato preferibilmente nella versione che si infila nel portaoculari solo per un breve tratto e in ogni caso solo con i portaoculari autocentranti con serraggio a rotazione. Il secondo trabocchetto è costituito dalla crociera stessa: molti Cheshire commerciali ne possiedono una realizzata approssimativamente, magari con semplici fili di rame immancabilmente deformati in varia misura. Inutile affidarsi a questi dispositivi, occorre acquistare solo quelli con crociera rigida e che ovviamente costano di più, ma in questo caso la crociera è anche più spessa dei fili di rame e la precisione ne risente, soprattutto se il marcatore al centro del primario appare molto piccolo. Nessuno vieta ovviamente di farsi da sé il proprio oculare di collimazione, magari impiegando un vecchio filtro sul quale tracciare con precisione la crociera o marcando il centro del vetrino stesso; si avviterà poi il filtro al posto di una lente di Barlow o si potrà costruire un tubo usando delle prolunghe.

Per il posizionamento corretto dello specchio secondario ho trovato estremamente utile il TS Concenter, un ausilio che, volendo, si presta facilmente anche ad essere autocostruito, purché lo si faccia con precisione.

Lo specchio secondario di un newton come appare al Concenter dopo il corretto posizionamento, che incorpora l’offset.
Lo stesso specchio come appare dopo aver inserito il Cheshire: il posizionamento non sembra corretto ma la colpa è dell’oculare di collimazione inclinato all’interno del portaoculari.

Ma veniamo ora a un collimatore di nuova concezione ideato e realizzato da un astrofilo italiano, Carlo Rigo.

UN COLLIMATORE MOLTO VERSATILE

Si tratta di un’evoluzione del classico tappo forato ma con diverse funzionalità in più che lo rendono adatto non solamente ai riflettori Newton.

Il dispositivo ha un diametro di 2 pollici ed è in alluminio anodizzato nero (i primi esemplari erano in plastica ma comunque ben fatti). Ho trovato la realizzazione molto ben curata: il collimatore entra con facilità in tutti i portaoculari in cui l’ho inserito, non presenta giochi e la finitura dell’oggetto è molto buona (anche l’ottimo TS Concenter è realizzato in plastica). Al centro si trova un foro da cui traguardare lo specchio secondario.

Sulla faccia superiore vi è l’alloggiamento per la pila che alimenta i LED bianchi e quello rosso che illuminano la faccia inferiore, ciascuno col suo interruttore. Sulla faccia inferiore è ricavata la mascherina circolare con i riferimenti per la collimazione, realizzata al CAD e, devo ammettere, veramente molto precisa.

Accendendo il LED rosso e guardando dal forellino si vedrà la maschera inferiore illuminata. Come spiegano le istruzioni riportate qui sotto, ruotando il collimatore nel portaoculari occorre associare i riferimenti A, B e C con le viti che regolano l’inclinazione dello specchio primario. Se le viti coincidono con i supporti dello specchio l’operazione è semplice, se non coincidono – è il caso dei miei newton Skywatcher – basta mettere una mano davanti al tubo nella posizione che all’altra estremità corrisponde alle viti di regolazione e disporre il collimatore di conseguenza. Ponendo sul portaoculari e sulle viti delle piccole etichette adesive come mostrato nelle figure sarà poi facile ritrovare la stessa posizione del collimatore tutte le volte che occorre.

A questo punto la collimazione è questione di non di minuti ma di secondi, nell’ipotesi naturalmente che lo specchio secondario sia già stato correttamente posizionato. Ho provato il collimatore su due newtoniani a f/5 e posso tranquillamente affermare che allo star test la collimazione è risultata quasi perfetta e l’ho ritoccata solo perché sono un perfezionista.

La prima versione del collimatore recava tre LED bianchi che nelle intenzioni del progettista dovevano servire da riferimento per la collimazione dei rifrattori a doppietto, ma il dispositivo non è risultato abbastanza sensibile e quindi è stato aggiunto un quarto LED che invece genera 12 riflessioni la cui disposizione indica immediatamente e senza ambiguità se l’obiettivo è collimato oppure no; non solo, ci può anche dire se una delle lenti risulta inclinata o traslata rispetto all’altra, e da questo punto di vista il collimatore risulta più sensibile del classico Cheshire.

Ricordo che in un classico obiettivo P-N con la lente convergente in posizione frontale tipo il Fraunhfer e tutti i derivati, l’oculare Cheshire genera tre riflessi: la superficie anteriore della lente P e quella posteriore della lente N generano un riflesso ciascuno, le superfici posteriore della lente P e anteriore della lente N avendo una curvatura molto simile, o identica, ed essendo estremamente ravvicinate generano in pratica un unico riflesso. Col collimatore oggetto di questa prova è possibile discriminare i riflessi generati dalle superfici 2 e 3 se hanno una spaziatura sufficiente, rendendo perciò il sistema più sensibile. La distanza dei riflessi dal centro della figura generata dai LED dipende dalla curvatura delle superfici così come appaiono all’osservatore posto dietro il forellino del collimatore.

A titolo di esempio questa qui sotto è la disposizione dei riflessi generati in un 80 mm f/6 in cui il tubo mobile del fuocheggiatore fa un piccolissimo angolo con l’asse ottico inclinandosi verso destra: la disposizione irregolare dei riflessi è evidentissima.

Un plauso dunque alla realizzazione di questo dispositivo, davvero molto valida e di estrema utilità.