Impressioni d’uso: oculare zoom Leica 25-50x WW ASPH

PREMESSA

In queste impressioni d’uso parlo di un oculare, lo “Zoom ASPH WW” della Leica, pensato originariamente per l’uso combinato con il cannocchiale Televid HD, di cui costituisce parte della dotazione standard.

Viste le qualità dell’oculare in questione, alcuni utenti si sono adoperati per poterlo utilizzare a fini di osservazione astronomica, il che ha comportato la soluzione di due diversi problemi:

  • Il primo, di ordine “commerciale”, consistente nella messa in vendita, da parte di Leica, del solo oculare che, come detto, normalmente è a corredo del sopra citato cannocchiale;
  • Il secondo, di ordine “tecnico”, consistente nella possibilità di utilizzare l’oculare con un raccordo standard da 2” o da 1.1/4”.

Come detto, in questo scritto si parla del solo oculare, e in particolare del suo utilizzo in ambito astronomico in congiunzione con un telescopio.

DESCRIZIONE ESTERNA E SPECIFICHE

L’oculare arriva in una pregevole scatola di cartone sulla cui descrizione non ho intenzione di soffermarmi. All’interno, oltre al libretto di garanzia, c’è ovviamente l’oculare, custodito in una sacca scura semirigida in cordura fatta su misura per l’oculare, apribile nella parte superiore tramite una “zip”. Le parti superiore ed inferiore sono imbottite ed irrigidite, a protezione delle lenti dell’oculare, ed è presente lateralmente un’ansa che consente di agganciare la custodia alla cintura. Tutto ciò è molto pregevole e comodo, tuttavia purtroppo non fruibile dall’utente astrofilo/astronomo, in quanto l’oculare nasce con un attacco rapido Leica specifico per il suo spotting-scope, e non con un attacco astronomico standard da 2” o da 1.1/4”, e risulta pertanto necessario un apposito adattatore che ha però il “difetto” di allungare l’oculare quel tanto che basta per non farlo più stare nella custodia originale.

L’astrofilo quindi dovrà dotarsi di apposita custodia, vanno benissimo quelle cilindriche di plastica con chiusura a vite da 6,5 cm di diametro (l’oculare ha un diametro di poco meno di 6 cm).

La dotazione comprende un tappo superiore a pressione ed un tappo a sgancio rapido inferiore, che mima l’attacco proprietario Leica del cannocchiale, il quale deve però essere sostituito da un normale tappo ad uso astronomico una volta applicato l’adattatore.

Come accennato in apertura, superato il problema commerciale della vendita dell’oculare separatamente dal cannocchiale, resta il problema di adattarlo allo standard per telescopi astronomici. APM propone due soluzioni, entrambe basate sull’idea di un raccordo apposito, da fissare alla parte inferiore dell’oculare tramite 3 piccoli grani a brugola equispaziati, che diventano un tutt’uno con il corpo dell’oculare. La differenza tra le due soluzioni è semplicemente l’uscita, che può rispettare lo standard da 1.1/4” oppure quello da 2”. L’adattatore da 2” è alto 2.4 cm, quello da 1.1/4” è alto 3,5 cm. Entrambi presentano la filettatura standard per filtri o altri accessori (comoda nell’uso combinato la “piccola” lente di barlow Baader progettata per gli Hyperion zoom, proficuamente fruibile). La lunghezza totale dell’oculare risulta pertanto essere, a paraluce abbassato, di 12.2 cm con l’adattatore “piccolo”, di 11.1 cm con l’adattatore “grande”.

Fig.1 – L’oculare zoom “vario” progettato da Leica per i suoi spotting scope

Dal lato della lente oculare è possibile estrarre un paraluce in materiale semirigido, comodo all’occhio anche di notte al freddo, che è possibile impostare su 4 diverse posizioni a scatto: completamente ritratto, completamente esteso (si alza di 1 cm) e due posizioni intermedie. La lente dell’occhio ha un generoso diametro pari a 2 cm.

La ghiera di rotazione che imposta il fattore di ingrandimento è gommata ed ampia, e conseguentemente  di facile presa anche con i guanti indossati.

L’oculare NON è di tipo “click stop”, quindi la variazione di ingrandimento è continua tra i due estremi. Questa caratteristica, unita alla corposa dimensione del barilotto, ed all’inevitabile peso, fa pensare che non sia particolarmente indicato per le osservazioni in torretta binoculare, ma non ho potuto effettuare prove in tal senso, pertanto questa è solo un’ipotesi personale.

Le specifiche tecniche sono le seguenti:

Specifica

Valore

Intervallo lunghezze focali

Da 9 a 17.9 mm (9 +/- 0,1; 17,9 +/- 0,15)

Campo visivo apparente

Da 60° a 80°

eye relief (estensione campo visivo posteriore)

18 mm

Numero lenti

8 lenti in 5 gruppi

Riempimento in azoto

Si (“nitrogen filled”)

Waterproof

Fino a 3 metri

Lunghezza

87 mm

Diametro

59 mm

Peso

435 g (500 con adattatore da 2”)

 

Indipendentemente dalle specifiche, l’oculare offre una sensazione di qualità costruttiva estremamente elevata, robustezza meccanica e fluidità di movimento, con in più il riempimento in azoto che lo mette al riparo da problematiche di condensa ed appannamento anche in serate umide ed a bassa temperatura.

ZOOM CONTRO FOCALE FISSA

I vantaggi di un oculare zoom sono facilmente intuibili: è possibile variare con continuità il fattore di ingrandimento, tra estremi predefiniti, così da trovare la combinazione migliore in base non solo agli strumenti, ma anche alle condizioni meteorologiche della serata (tipicamente il seeing). Per dare l’idea, in un noto scritto di Dennis diCicco (rinvenibile sul sito TeleVue, “Choosing Your Telescope’s Magnification”) vengono suggerite due “generalizzazioni” di massima:

  • per le migliori visioni a basso ingrandimento scegliere il più alto ingrandimento che inquadri completamente il soggetto;
  • per le migliori visioni ad alto ingrandimento, scegliere il più basso ingrandimento in grado di rivelare i dettagli che si stanno cercando.

Già queste semplici indicazioni approssimate fanno capire come lo zoom sia in grado di far trovare il compromesso ideale sull’ingrandimento per l’oggetto e la serata, soprattutto ad alti ingrandimenti. Si consideri infatti che al diminuire delle focali considerate, una piccola variazione comporta notevoli variazioni del fattore di ingrandimento ottenuto, e con gli oculari a focale fissa si rischia di “scalare” troppo, magari non riuscendo a combinare esattamente l’ingrandimento ottimale, per difetto o per eccesso.

A fronte della comodità della variazione del fattore moltiplicativo però, “storicamente” l’oculare zoom paga lo scotto di una inferiore qualità ottica, motivo per cui i puristi dell’immagine non ne prediligono l’uso.

Ultimamente si è assistito alla nascita di alcuni oculari zoom che riescono a ridurre il divario in termini di prestazioni ottiche con i corrispondenti a focale fissa. Entra tuttavia in gioco a questo punto un ulteriore parametro che può far nuovamente propendere per la focale fissa, ovvero il campo apparente, decisamente a sfavore degli oculari zoom.

Si consideri che attualmente 70° di campo apparente sono quasi la normalità, circa 80° sono oculari ad ampio campo, ma si arriva anche ad esemplari da 100° e più di campo apparente. Lo scopo dichiarato di oculari con così ampio campo apparente è quello di assimilare la visione a quella che si potrebbe avere “da un oblò di un’astronave”, senza rinunciare alla qualità della visione, e di consentire agli utenti che movimentano manualmente il loro telescopio (ad esempio i Dobson) di mantenere l’oggetto inquadrato nel campo il più a lungo possibile, così da dover correggere il posizionamento il meno frequentemente possibile.

Come termine di paragone, gli oculari zoom Baader Hyperion, ottimo esempio di zoom di buona qualità ad un prezzo accessibile, hanno un campo apparente che va da 50° a 68° (anche se sul dato dichiarato di 50°, alla focale di 24mm, ci sono alcune indecisioni).

Ciò premesso, diventa facile spiegare il motivo per cui un oculare zoom come il Leica ASPH WW diventa assolutamente interessante, perché se riesce a mantenere la promessa di un’ottica di qualità, coniugata ad un buon campo apparente, potrebbe finalmente rappresentare il meglio dei due mondi, focali fisse e zoom.

Giusto per completezza, si definiscono zoom quegli oculari che possono variare la lunghezza focale (e conseguentemente gli ingrandimenti ottenuti su un dato telescopio) senza importanti variazioni della messa a fuoco, ma esistono anche oculari a focale variabile (non “zoom”, quindi), che al variare della focale richiedono una importante correzione della messa a fuoco.

Il Leica in oggetto è oculare di tipo zoom, richiedendo ritocchi minimi della MAF, o non richiedendone affatto.

Un’ultima nota sul campo apparente: allo stato attuale, gli oculari zoom di cui sono a conoscenza manifestano due distinti comportamenti: o mantengono il medesimo campo apparente nelle varie focali (ad esempio i TeleVue Nagler Zoom 2-4 e 3-6, costantemente a 50° CA), o aumentano il campo apparente al ridursi della focale. Ciò si traduce nel fatto che ad alti ingrandimenti si ha un maggior campo apparente, ed a bassi ingrandimenti un minor campo apparente. Purtroppo non è il contrario, che alle volte risulterebbe più comodo…

IMPRESSIONI D’USO IN CAMPO ASTRONOMICO

Veniamo finalmente alle impressioni d’uso nel contesto ottico, che ovviamente è quanto interessa maggiormente.

I test eseguiti sono stati svolti su telescopi con rapporti focali abbastanza alti, in particolare un rifrattore apocromatico f/8 da 816 mm, uno SC f/10 da 2800 mm, un DK f/11,5 da 2415 mm, pertanto va tenuto in considerazione che il cono di luce in arrivo all’oculare è sempre stato abbastanza chiuso, il che sicuramente favorisce le prestazioni di qualsiasi oculare.

Fig.3 – Il Mewlon 210 è uno dei telescopi utilizzati per testare l’oculare zoom Leica

Quando riuscirò a fare delle prove su telescopi con rapporti focali più bassi cercherò di aggiornare il presente scritto, al momento non ho informazioni dirette sulla resa in sistemi fotograficamente veloci.

In ogni caso, le prove sono state effettuate in comparazione con oculari di elevata qualità accertata, gli SMC Pentax XW utilizzati come “candela standard” per misurare le prestazioni del Leica.

La prima prova, effettuata nel mese di giugno 2012, è stata sul sole, in abbinamento al Takahashi TSA 102s dotato di prisma di Herschel “Baader Cool Ceramic”, per una visione del disco solare in luce bianca.

La resa ottica è stata di alto livello, nei miei appunti ho scritto “ottima resa”, anche con l’utilizzo di una barlow TeleVue con fattore moltiplicativo 2x. Il sole presentava alcune macchie al bordo e verso il centro, l’osservazione è stata compiuta per confronto con i Pentax XW da 10 mm e da 7 mm. Visibilità molto buona dell’ombra e della penombra, con evidente raggiera in quest’ultima parte, ed una leggera granulazione percepibile sul disco. Il Leica ha esibito la stessa resa cromatica degli XW, con sorpresa ho avuto la percezione di un leggerissimo maggior contrasto nello zoom. In questo test ho potuto comparare la resa anche con degli ortoscopici Baader GO (18; 12,5; 9mm di focale) percependo i medesimi dettagli, ma con un più comodo e gradevole maggior campo apparente.

Mi è stato possibile il confronto anche con un Baader Hyperion Zoom Mark III, che ho trovato buono, ma inferiore agli altri oculari citati, sia in termini di riflessi che di nitidezza dell’immagine.

Va in ogni caso tenuto conto di un parametro difficile da tenere sotto controllo, ovvero l’ingrandimento variabile. Ho cercato di fare in modo che gli ingrandimenti fossero i medesimi, ma può ben essere che ci fossero lievi scostamenti rispetto alle focali dichiarate degli altri oculari, che potrebbero aver giocato tanto a vantaggio quanto a sfavore dell’oculare in discussione.

Di sicuro con il Leica lo snap test (punto di messa a fuoco) è di una precisione inequivocabile.

Nel medesimo periodo e nei mesi successivi ho affrontato alcune prove notturne, sia con il telescopio rifrattore di cui sopra, sia con il suo cugino Mewlon 210, a schema Dall-Kirkham, sia con un Celestron CPC1100, a schema Scmidth Cassegrain.

Ho provato, concentrandomi sul doppio ammasso in Perseo, a verificare la resa comparata con gli XW da 10 e 7 mm, e con il Baader Hyperion Zoom Mark III, utilizzando il rifrattore ed il DK. La resa era ottima e la visione suggestiva, ma era altrettanto ottima anche con gli XW, e comunque estremamente piacevole anche nello zoom Baader. Provando a contare le stelle al limite (non tutte ovviamente, solo alcune deboli per vedere se ci fossero in un oculare e non nell’altro) sono arrivato in ogni caso a vedere le medesime stelle con tutti gli oculari. Su questo soggetto ho preferito la resa cromatica sulle stelle (arancio e blu, poste tra i due ammassi) dei Pentax XW, seguiti a ruota dal Leica. Anche lo zoom Baader si è comportato dignitosamente.

Nel corso del mese di ottobre, con temperature più basse rispetto a quelle estive, intorno ai 5 gradi o meno ed un livello di umidità altissimo (strumenti gocciolanti dopo un paio d’ore), in condizioni di seeing medio/buono (ho stimato, concedendomi un personale margine d’errore, tra 6-7/10 Pickering – disco di Airy visibile, archetti che saltuariamente assumono la forma anulare), ho spostato l’attenzione dai campi stellari all’osservazione planetaria, in particolare Giove, sempre in comparativa con gli XW. I telescopi usati per questo soggetto sono stati il Mewlon 210 ed il CPC 1100. In questo caso, avendo inquadrato un soggetto molto luminoso, ho potuto notare la presenza di un leggerissimo riflesso fantasma nell’ASPH, completamente assente negli XW.

Ho avuto tuttavia la sensazione di un’incisione appena appena superiore nei festoni delle bande gioviane (nella media delle osservazioni potevo vedere NEB (S) (Z) (N) visibilmente frastagliate, ovviamente SEB irregolare, SPR e NPR a sfumare verso il centro, accenno di EB, o quantomeno dei giochi di sfumature, accenno STB)  a favore del Leica, ma qui probabilmente ho apprezzato il vantaggio dello zoom consistente nel trovare il limite esatto del seeing consentito, cosa che i focale fissa non permettono. Sono abbastanza convinto che la maggior incisione dipendesse dal fattore di ingrandimento ottimale, ma sono rimasto comunque piacevolmente colpito dalla qualità ottenuta.

Un transito della macchia rossa al meridiano non mi ha dato modo di cogliere differenze evidenti utilizzando i diversi oculari in test.

Passando dal gigante gassoso ad un facile oggetto di Messier, ho fatto alcune prove sulla nebulosa in Orione (M42), decretando una visione piacevolmente uguale tra ASPH ed XW, contando le 4 stelle del trapezio in tutte le serate. Una notte favorevole mi ha consentito di scorgere, al limite della percezione ed in tutti gli oculari, la stella E, e di … “intuire” la F. Ciò che era visibile negli XW era comunque visibile anche nell’ASPH, e viceversa, con il medesimo sforzo e resa.

Passando da un oculare all’altro, rifocheggiando e sistemando gli ingrandimenti, i chiaroscuri della nebulosa erano percepibili con la stessa piacevolezza in entrambi gli oculari, non riuscendo a percepire più o meglio in uno piuttosto che nell’altro.

Direi che, rispetto agli XW, ho notato:

  • un leggero riflesso fantasma (molto leggero) a svantaggio dell’ASPH. Devo sottolineare che tale riflesso è comunque più leggero di altri oculari, quali lo zoom Hyperion, e non da’ particolarmente fastidio;
  • una saturazione dei colori ancora leggermente a favore degli XW, percepibile più sulle stelle che su giove, ed anche qui sto parlando davvero di un’inezia;
  • una nitidezza/incisione dell’immagine leggermente a favore dell’ASPH, che consente di identificare più rapidamente il micro dettaglio, anche qui si parla sempre di sfumature minute.

Mi sento di poter affermare quindi che la resa ottica di questo oculare è senz’altro a livelli di eccellenza, giocandosela alla pari con oculari blasonati quali i Pentax XW, rispetto ai quali offre il vantaggio della variazione continua dell’ingrandimento che consente di ottimizzare la visione nelle varie situazioni.

Se dunque la resa ottica soddisfa le elevate aspettative iniziali, restano da fare delle considerazioni sul campo apparente offerto, che è effettivamente generoso e comodo. Non ho fatto prove specifiche per verificare i dati dichiarati dalla casa, ma direi che alla focale di circa 10mm l’appagamento visivo del campo esteso è superiore ai 70° del XW, e migliora ulteriormente scendendo alla focale minima. Alla focale equivalente ai 14mm dell’altro Pentax paragonato, direi che l’XW ha un po’ di vantaggio, mentre allungando ancora la focale dello Zoom il campo si restringe evidentemente (lo scarto tra 80° e 60° si percepisce eccome!!!) pur restando superiore a quello di un classico Ploessl, e decisamente più generoso di un moderno ortoscopico (Baader GO), del quale però mima la qualità ottica.

Ad onor del vero, devo dire che il field stop è netto e preciso dai 15/16mm in giù (stimati), utilizzando il raccordo da 1.1/4”, mentre tende a vignettare leggermente alla focale più lunga. Penso che ciò sia dovuto alla lunghezza del raccordo astronomico e della posizione relativa in cui vengono a trovarsi le lenti.

In sintesi, il campo apparente è gradevole ed ampio dai 16 mm di focale in giù, ma alla focale più lunga la vignettatura mi ha leggermente infastidito, è infatti una focale che non uso mai.

Direi quindi che si tratta di un oculare per ingrandimenti medio/alti. Ho fatto una rapidissima prova con la barlow TeleVue 2x ed anche con la “microscopica” Baader 2,25x dedicata agli Hyperion non rilevando cali prestazionali, ma devo anche dire che queste due prove le ho fatte in serate dal seeing abbastanza scarso, saranno quindi certamente da verificare in futuro.

Fig.4 – L’oculare zoom Leica costa piu’di un set di oculari ortoscopici al completo

Nella normale osservazione non ho rilevato introduzione di astigmatismo o coma da parte dell’oculare oltre a quelli eventuali dei telescopi su cui l’ho provato.

Un dubbio che inizialmente avevo, e che è stato fugato, era l’ipotesi che avrei usato lo zoom solo al suo ingrandimento massimo e/o minimo, senza sfruttare i poteri intermedi: non è così. Lo zoom serve proprio per ottimizzare l’ingrandimento in funzione del seeing della serata, e da questo punto di vista offre pertanto un alto valore aggiunto.

Con una buona barlow quest’oculare può sostituire facilmente un kit di oculari di qualità a focale fissa, soprattutto su focali medio/corte per le quali il fattore d’ingrandimento varia molto rapidamente. Direi altrettanto che gli va affiancato un’oculare “cercatore”, o comunque un oculare da almeno 20/24mm di lunghezza focale con campo apparente generoso, da 70° in su, per coprire effettivamente le esigenze di una nottata osservativa generica.

E’ indubbiamente un oculare molto costoso (800 euro circa, al momento della redazione di questo scritto, compreso un raccordo standard astronomico), ma considerando che una coppia di SMC Pentax XW (ad esempio il 10 ed il 14, che rientrano nell’intervallo di focali del Leica) costa alla medesima data 738 euro, ci si accorge che il costo è comparabile. Tuttavia va anche considerato che lo zoom ha TUTTE le focali intermedie, ed ancora altre che si estendono fino a 9 e fino a quasi 18mm, ed in tal caso la convenienza percepita aumenta.

Di sicuro aumenta la comodità osservativa, la minor necessità di portarsi appresso numerosi accessori ottici, e non ultimo il fatto di non essere obbligati a cambiare spesso oculare, il che consente anche di non perdere l’oggetto inquadrato qualora si stia inseguendo manualmente.

Rispetto ad uno Zoom come il Baader, indubbiamente offre di più sia in termini di qualità ottica che di campo apparente, essendo inferiore solo nell’estensione dell’intervallo focale (fattore 2 per il Leica, fattore 3 per il Baader), ma costa 4 volte tanto.

Il bello del Leica Zoom ASPH WW è che, approfittando della sua comodità d’uso, non si rimpiange di avere un oculare fisso di qualità elevata nel porta oculari, per godere appieno delle visioni che il nostro telescopio, ed il nostro cielo, possono offrire in un dato momento.