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Fin da ragazzo ho sempre prediletto l’osservazione dei pianeti e della superficie lunare. Nella mia valigia di alluminio hanno riposato e riposano ogni anno vari oculari specializzati per questo genere di osservazioni: manciate di ortoscopici, i mitici Masuyama, i controversi Vixen LV, gli affidabili Pentax XO, gli economici Kasai e Baader Genuine, gli scomodi-ma-nitidi TMB monocentrici, i confortevoli Takahashi LE e HI-LE e altro che ora non mi sovviene.
Dopo la nascita della mia secondogenita, complice l’assenza di tempo, decisi di fare un netto “downgrade” della mia attrezzatura. I miei catadiottrici di lunga focale salparono quasi subito per altri lidi e acquistai un performante rifrattore alla fluorite minerale da soli cinque pollici: il Takahashi FS 128. Tenni, invece, ancora per qualche tempo, dei rifrattori da 3″ e da 4″ (Vixen 81 ED, Vixen 100 ED, Tal 100 RS) ma alla fine considerai che il minimalismo dovesse prevalere: meglio avere pochissimi strumenti ma che fossero rapidi da utilizzare e di alta qualità.
Per tale motivo, sempre nello stesso periodo, mi apprestai ad affiancare alle classiche focali planetarie da 5-6mm, i Takahashi HI-LE da 3.6 mm e da 2.8 mm.
Talvolta, infatti, seppur raramente, quando il seeing l’avesse concesso, avrei potuto sfruttare la nitidezza del rifrattore per osservare la luna ad altissimi ingrandimenti. Grazie, ad esempio, all’HI-LE da 2.8 mm avrei superato la barriera dei 350 x e ammirato il paesaggio lunare a ben 370 ingrandimenti.
Per qualche mese questi oculari furono i miei prediletti: lasciavo spesso e volentieri gli ortoscopici e le lenti di barlow nella valigetta.
Dato che l’uso di questi accessori era alquanto raro, avrei anche potuto ritenermi soddisfatto, tuttavia la mia curiosità si accese di nuovo con l’arrivo dei Vixen HR (High – Resolution).
Leggendo voracemente i primi dati tecnici comparsi sul sito ufficiale compresi che questa volta, l’azienda giapponese, che deve il suo nome ad una delle renne di Babbo Natale, aveva progettato un bel regalo per noi bambini un po’ cresciutelli.
L’unico dubbio che mi attanagliava era la scelta delle focali: passi per il 2.4 mm , ma il 2 mm e l’1.8 mm quando avrei potuto usarli?
Caratteristiche tecniche dichiarate dalla Casa Madre
Focali | 2.4mm | 2 mm | 1.8 mm |
Campo apparente | 42° | 42° | 42° |
Estrazione pupillare | 10 mm | 10 mm | 10 mm |
Trattamento | Vixen AS Coating | Vixen AS Coating | Vixen AS Coating |
Schema ottico | 5 lenti in 3 gruppi | 5 lenti in 3 gruppi | 5 lenti in 3 gruppi |
Peso | 115 | 117 | 120 |
Made in.. | Japan | Japan | Japan |
Ero, però, ben intenzionato a esplorare la superficie lunare e magari il pianeta Saturno con almeno un paio di questi nuovi accessori astronomici.
Per questo motivo approfittando di una spedizione di binocoli proveniente da Opticron, che è anche distributore ufficiale Vixen per Il Regno Unito, chiesi cortesemente al patron, Pete Gamby, di inviarmi le focali da 2.4 mm e 2 mm.
Di primo acchito pensai che “forse” avrei potuto sfruttare almeno il 2.4 mm (433X) anche se mi pareva alquanto improponibile per un rifrattore da 5”, seppur di indubbia qualità, avvalersi del 2 mm (520X).
Prima di esprimermi sulla loro reale resa, penso sia utile spendere qualche riga per descriverne ulteriormente le caratteristiche.
I nuovi Vixen HR sono un progetto decisamente moderno e affascinante: hanno nulla a che fare con la vecchia serie LV. Sono composti con vetro di altissima qualità, ottimizzato con il nuovo trattamento multistrato AS (Astronomy Special), pubblicizzato per consentire un indice di trasmissione pari al 99.9% su ogni superficie ottica (air glasse interface).
Vixen dichiara una Strehl Ratio pari al 100% in asse e del 97%% sino al bordo estremo del campo. Un notevole passo avanti dato che i vecchi SLV garantivano solo il 90%
Osservando le tabelle presenti sul sito ufficiale e’ possibile comprendere come questi oculari siano anche in grado di fornire una ottima immagine con telescopi a riflessione di basso rapporto focale come i classici newton . Utilizzando il noto Vixen R200SS pare che il coma sia quasi totalmente compensato e che la Strehl Ratio ai bordi raggiunga rapporti molto elevati: il 93%!
Il loro schema ottico è composto da cinque elementi in tre gruppi. L’azienda giapponese precisa con orgoglio che, grazie alla presenza di questo nuovo trattamento e di un esiguo numero di lenti, la trasmissione dovrebbe essere prossima al 99.7%. La costruzione è veramente ottima: rifiniture di classe, barilotto ergonomico, sistema scanalato per prevenire cadute accidentali e un ottimo paraluce integrato. Sono tutti e tre parafocali, io posso solo certificare questa asserzioni per quanto riguarda il 2.4 mm e il 2 mm.
Molto funzionale, inoltre, il grande diaframma di campo che consente di evitare egregiamente che dei riflessi indesiderati entrino all’interno del percorso ottico.
L’unica nota per me stonata e la serigrafia delle caratteristiche tecniche impresse sullo scafo che mi è parsa un po’ delicata e che si scolorerà senz’altro con l’uso protratto negli anni.
Questo, infatti, è un oculare nato per durare e per accompagnare l’astrofilo durante varie opposizioni planetarie e lunazioni.
L’estrazione pupillare e la comodità osservativa è molto simile a quella dei Takahashi Hi-LE, tuttavia, questi nuovi oculari risultano migliori per vari motivi.
Per le mie osservazioni ho utilizzato come premesso il mio esemplare di Takahashi FS128, un ottimo rifrattore dotato di un doppietto alla fluorite naturale: è aperto a F/8.1 e possiede una lunghezza focale di 1040 mm.
Comprenderete quindi che il test di questi oculari è avvenuto ad ingrandimenti veramente alti , oserei dire eccessivi.
In realtà, avendo potuto testarli per oltre tre mesi, ho avuto la fortuna di sfruttare le rare serate dal seeing perfetto e devo ammettere di essere rimasto alquanto impressionato.
Come ho già avuto modo di anticipare, io osservo da molto tempo con i Takahahsi Hi-LE, sono gli oculari che mi consentono un giusto compromesso fra l’estrazione pupillare, la comodità e la nitidezza. Hanno solo un difetto che per molti possessori è ininfluente ma che io noto spesso e volentieri e che è stato anche oggetto di varie telefonate con Raffaello Braga.
Osservando il terminatore lunare con i Takahashi HI-Le da 2.8mm e da 3.6mm si percepisce, spesso e volentieri, la presenza di luce diffusa che sbiadisce “il nero intenso” fornito dal mio rifrattore alla fluorite minerale.
Per tale motivo il primo test che mi sono apprestato a compiere con i Vixen HR è stato quello di osservare la luna nei pressi del terminatore e sono rimasto alquanto esterefatto.
Grazie alla forma delle lenti, agli spaziatori interni e anche alla presenza di vari diaframmi e di un annerimento a regola d’arte, posso garantire che nell’uso pratico il contenimento della luce di fusa è eccezionale, simile a quello di un ottimo oculare ortoscopico.
Per tale motivo, se si eccettua l’ovvia presenza di miodesopsie, causata dall’età del sottoscritto e dalle piccole pupille di uscita generate (0.3mm e 0.25mm), la nitidezza e il contrasto sono simili a quelle di un ottimo oculare planetario da 5 mm. Mi hanno ricordato le prestazioni ottenibili con gli ortoscopici Zeiss (ZAO I) da 4 mm e la lente di Barlow dedicata che l’amico Federico Caro, utilizza spesso e con profitto sui suoi telescopi a rifrazione di alta qualita’.
E’ ovvio che un telescopio di soli 128 mm non possa migliorare il suo modesto potere risolutivo, tuttavia ciò che mi ha lasciato di stucco è stata la qualità globale dell’immagine fornita: i micro-crateri sommitali dei domi di Hortensius, quelli nei pressi della Rupes Recta o la forma irregolare delle rime di Gassendi erano nitidi, incisi come se stessi osservando alla metà degli ingrandimenti!
Penso che i possessori di telescopi con schema newton potrebbero sfruttare alla perfezione il maggior potere risolutivo e la piu’ elevata luminosità rispetto al mio rifrattorino da cinque pollici.
Non sono molto convinto, invece, che possano essere utili ai proprietari dei piccoli rifrattori apocromatici da 80 mm, tanto in voga attualmente, dato che le immagini, soprattutto quelle planetarie, iniziano a diventare decisamente buie e le uscite pupillari alquanto scomode.
Nella osservazione dei pianeti (Marte e Saturno) ho notato ancor di più la ottima capacità di sopprimere le luci diffuse. I nuovi Vixen HR da 2.4 e 2 mm, paragonati ad un Vixen LV da 2.5 mm, ai Takahashi HI-LE da 3.6 e 2.8mm e a un vecchio Televue Radian da 3 mm hanno fornito una immagine dei dischi planetari decisamente più nitida, contrastata e con bordi decisamente piu’ “secchi”. Anche la luce diffusa era decisamente inferiori nei nuovi accessori giapponesi. Ho trovato soltanto poche differenze montando un’ottima barlow su un TMB monocentrico di 6 mm, tuttavia il campo apparente generato e la scomodità della visione erano dei punti molto sfavorevoli che, ancora una volta mi hanno fatto preferire i nuovi Vixen HR.
Che dire?
In primis ringrazio Pete Gamby di Opticron per aver lasciato in visione questi oculari per molto tempo senza pretendere alcunché.
Colgo anche l’occasione per chiedere pubblicamente a Vixen di ampliare la gamma di focali di questi ottimi oculari, perché ritengo siano i migliori oculari di tali focali attualmente presenti sul mercato.
Piergiovanni Salimbeni è un giornalista indipendente iscritto all’Albo Professionale dei Giornalisti della Lombardia. Si è laureato presso l’Università Statale di Milano con una tesi riguardante : ” I danni da inquinamento elettromagnetico e il caso Radio Vaticana”. E’ responsabile dei siti web: www.binomania.it e www.termicienotturni.it. Pubblica video recensioni sul suo canale YouTube. Dal 1997 collabora con mensili e quotidiani nazionali, sempre nei settori di sua competenza: ottica sportiva, astronomica, fotografica, sistemi per la visione notturna e termica.Nel 2021 è entrato a far parte della Patagonia PRO Team come professionista dell’outdoor. Coltiva da sempre la passione per la scrittura, nel 2020 ha esordito con pseudonimo con un editore classico, mentre nel 2022 ha pubblicato su Amazon il romanzo “Il Purificatore”, disponibile anche in formato e-book. Nel tempo libero pratica fotografia di paesaggio, caccia fotografica, fototrappolaggio, digiscoping, enduro con la mountainbike.