Recensione dell’oculare Vixen zoom al Lantanio

Ho già avuto modo di intrattenermi sugli oculari zoom recensendo i due Tecnosky e il Baader Mark III, ora è la volta dello zoom Vixen al lantanio da 31.8 mm, che offre un intervallo di focali da 8 a 24 mm. Per valutare più obiettivamente le sue prestazioni l’ho confrontato con il Tecnosky 7.2 – 21.5 e con lo zoom Swarovski 7.7 – 23.1, un eccellente pezzo d’ottica purtroppo non più in produzione.  I tre oculari sono visibili nella figura seguente

 

Fig.1 – Un primo piano sui tre oculari zoom

 

Il campo apparente, com’è normale negli zoom, varia tra un massimo alla focale minore e un minimo alla focale maggiore. Il Vixen possiede un campo massimo di 60° e minimo di 40° (dichiarati), come pure il Tecnosky, mentre lo Swarovski mostra un campo più ampio alla focale di 7.7 mm e un po’ più ampio di 40° anche alla focale maggiore. Confrontando il Vixen con alcuni oculari a focale fissa è emerso però che il campo massimo è certamente inferiore a 60°, mentre quello minimo è paragonabile al campo di un ortoscopico o leggermente minore.

Tutti e tre sono comodissimi da usare e ben realizzati dal punto di vista ergonomico, la presa è sicura e la rotazione delle due parti dell’oculare non presenta difficoltà. Il movimento di regolazione della focale è risultato fluido e allo stesso tempo stabile in tutti e tre – un po’ duro nel Vixen all’inizio – senza giochi o punti di ineguale resistenza. Purtroppo il settaggio delle focali è un po’ approssimativo, a differenza dello zoom Baader Mark III qui mancano infatti i click-stop, l’oculare Vixen ha un indice molto grossolano e lo Swarovski non ha nemmeno delle tacche di riferimento, solo la stampigliatura della focale. I due zoom Tecnosky e Vixen hanno il barilotto scanalato mentre lo Swarovski no, ciò che lo renderebbe preferibile agli altri due – se fosse ancora in commercio – coi portaoculari ad anello. Le scritte sono bianche su fondo scuro e si leggono bene anche con poca luce.

Nessuno dei tre zoom è parafocale tra le focali estreme, un ritocco della messa a fuoco, più o meno importante, è quindi sempre necessario. Il profilo del field stop non è sempre a fuoco, nello Swarovski lo è alle focali estreme ma passando per quelle intermedie in alcuni punti subentra una leggera sfocatura.

L’estrazione pupillare è risultata maggiore nello Swarovski rispetto agli altri due,  anche se non di moltissimo. Alla focale maggiore tutti e tre gli oculari mostrano l’intero campo anche a chi indossa gli occhiali, mentre alle focali minori lo Swarovski ci arriva quasi ma il Vixen e il Tecnosky richiedono di osservare senza occhiali. Quest’ultimo zoom possiede, come già detto nella recensione pubblicata su questo stesso sito, un paraluce twist-up, mentre gli altri due oculari hanno solo un rilievo in gomma, un po’ più profondo nel Vixen, che perciò risente maggiormente della distanza occhio-lente superiore ed esalta l’effetto di  parallasse che nel Tecnosky e nello Swarovski è invece trascurabile.

Fig.2 – Il trattamento antiriflessi dei tre oculari è visibile in questa fotografia. A differenza del Vixen e del Tecnosky il trattamento dello Swarovski (a sinistra) è di colore rossastro.

 

PROVA PRATICA

La correzione delle aberrazioni geometriche dei tre zoom è stata valutata usando un rifrattore a f/5.5 – un rapporto focale basso adatto a mettere a dura prova gli oculari – e poi uno a f/9, in entrambi i casi doppietti aplanatici. Al rapporto focale minore tutti e tre gli zoom hanno evidenziato aberrazioni extrassiali quali astigmatismo, distorsione e coma vicino al bordo del campo, ma immagini perfette per la gran parte di esso. Il maggior campo apparente dello Swarovski rispetto al Vixen non è risultato in questo caso sfruttabile in quanto sensibilmente aberrato (s’intende anche per colpa dell’obiettivo molto aperto). In tutti e tre gli oculari l’aberrazione meglio corretta è risultata la cromatica laterale, davvero ridottissima. Presente, ma non fastidiosa, la distorsione lineare, praticamente assente quella angolare. C’è da dire che questi non sono oculari per uso terrestre, alle focali maggiori il campo apparente è infatti troppo esiguo per questo genere di osservazioni.

Fig.3- Un particolare dell’oculare zoom Swarovski

A f/10 tutti e tre gli oculari hanno mostrato invece di essere ben corretti fino al bordo a tutte le focali e in questo caso lo Swarovski poteva farsi  apprezzare sugli altri due.

L’esame di alcune sorgenti luminose su campo scuro, inclusi i pianeti Giove e Venere, ha evidenziato nel Vixen un paio di immagini fantasma di colore blu – una abbastanza ben visibile, l’altra molto più debole – che persistevano a tutte le focali e risultavano visibili spostando la sorgente dal centro del campo. Anche il Tecnosky ha mostrato qualche riflesso indesiderato mentre lo Swarovski ne è del tutto immune.

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Nel test sulla luce diffusa intorno al disco di Giove, ben alto in cielo in una serata limpida, lo zoom Vixen ne è uscito assai bene, quasi quanto lo Swarovski, mentre un po’ più di chiarore attorno al pianeta era presente nel campo del Tecnosky.

Fig.4 – L’oculare zoom Vixen è abbastanza leggero e compatto

Le Pleiadi sono servite come test sulla trasmissione luminosa. Contrariamente alle mie aspettative l’oculare Tecnosky è risultato leggermente migliore degli altri due (una volta equiparate il più possibile le focali) mostrando con facilità alcune stelline al limite della percezione e che negli altri due zoom si notavano solo in visione distolta; ho quantificato il guadagno in circa un decimo di magnitudine.

L’osservazione di Giove con uno Skywatcher 120ED, con e senza lente di Barlow, ha mostrato che i tre oculari offrono immagini di nitidezza paragonabile, con percezione dei colori e dei contrasti quasi identica fra i tre, il Tecnosky evidenziando una lieve dominante ocra. Grazie all’assenza di luce diffusa e di immagini fantasma, lo Swarovski offriva però un’immagine planetaria più soddisfacente e più “pulita”.

 

CONCLUSIONI

Come ho già avuto modo di scrivere, in questi ultimi anni molte delle riserve che tenevano gli astrofili lontani dagli oculari zoom non hanno più motivo di essere, e anche questi accessori si possono tranquillamente usare per l’osservazione astronomica al pari degli oculari a focale fissa. Lo zoom Vixen, come il Tecnosky, può quindi entrare a pieno diritto in una dotazione di accessori di buon livello, l’unico suo vero svantaggio essendo il rischio di dare “dipendenza” a causa della comodità di riunire in sé in un unico pezzo un ampio intervallo di focali. Rimane naturalmente inalterata l’esigenza di ricorrere agli oculari a focale fissa in ambiti specifici come il deep sky o l’osservazione planetaria sistematica. Nel primo caso perché gli zoom in generale difettano in termini di campo apparente, nel secondo perché con strumenti di focale media e corta occorre una Barlow per raggiungere gli ingrandimenti necessari, e in base alle mie prove l’aggiunta di tre o quattro lenti a un oculare che già di per sé ha uno schema complesso non è indolore, anche se per l’osservatore saltuario può non avere importanza; ciò è vero anche per tanti oculari a focale fissa.

L’assenza dei click stop non pregiudica l’uso del Vixen o del Tecnosky coi visori binoculari, al contrario la loro conformazione li rende più fruibili del Baader Mark III che risulta significativamente più pesante e ingombrante: lo zoom Vixen pesa infatti solo 190 g, il Tecnosky 153.

Peccato che lo Swarovski non sia più disponibile, alla luce di questa prova chi ce l’ha è meglio che se lo tenga stretto. Ringrazio il (fortunato) amico Piero Pignatta che ha avuto la bontà di prestarmelo per questa comparazione.