Rifrattore TAL 125R

BINOMANIA PREMIUM è la nuova modalità per visitare il sito web senza distrazioni pubblicitarie e per beneficiare di alcuni privilegi. Vuoi saperne di più? Clicca qui

Pubblicato sulla Rivista LE STELLE- scritto nel gennaio del 2007

L’azienda russa NPZ Optics State Corporation è nota in Italia per la qualità ottica dei suoi strumenti e perché, negli ultimi dieci anni, sono state proposte sulle riviste di settore alcune recensioni riguardanti i suoi sistemi Newton  e Klevzov. Stranamente nessun tester ha pensato di analizzare i due  sistemi a rifrazione, vale a dire il Tal 100RS ed il Tal 125R, che, infatti, non sono mai apparsi su un mensile astronomico, mentre alcuni test, più o meno approfonditi, si possono invece trovare nel web.

 

Abituato a maneggiare quotidianamente strumenti catadriottici nonché dei piccoli apocromatici, ho ammirato con piacere, ma anche con apprensione, le dimensioni di questo telescopio: 114 cm con il fuocheggiatore completamente in sede, e ben 130 cm di lunghezza con il fuocheggiatore completamente estratto. Aggiungendo un diagonale di due pollici si possono raggiungere anche i 135 cm – 140 cm. Tale lunghezza comporta, oltre ad un deciso “effetto leva”, anche dei problemi di fissaggio delle manopole di blocco di ascensione retta e di declinazione, nel caso in cui si operi da soli nella fase di puntamento degli oggetti.

 

Ciononostante, il peso si mantiene a livelli accettabili, circa 6 chilogrammi, rivelandosi solo un chilogrammo e mezzo più pesante rispetto al Tal 100RS. Questo  mi ha consentito di fare uso di un unico contrappeso da cinque chilogrammi quando l’ho installato su una Synta EQ6.

Il cuore di questo strumento Made in Russia è composto, per l’appunto, di un doppietto acromatico  di 125 mm di diametro dotato di una lente positiva Crown e di una negativa Flint. Com’è noto, gli obiettivi acromatici classici sono corretti per una sola lunghezza d’onda, il giallo-verde a 555 nm, che è quella a cui l’occhio umano è maggiormente sensibile, e progettati pertanto per dare il miglior fuoco in corrispondenza di questo colore. Il blu e il rosso, invece, convergono insieme in un punto diverso, ragion per cui mettendo a fuoco nel giallo, il blu e il rosso formeranno una macchia sfuocata nota come cromatismo residuo. Per ridurre questo inconveniente occorre che la macchia abbia un diametro angolare non superiore a circa tre volte il diametro del disco di Airy a 555 nm. Per raggiungere questa condizione il rapporto focale dell’obiettivo deve essere pari o superiore a 0.122D, se D è il diametro dell’obiettivo in mm. Il rifrattore in questione dovrebbe dunque avere un rapporto focale di f/15. Per ridurre l’ingombro, tuttavia, è pratica comune utilizzare rapporti focali inferiori, e in questo caso abbiamo un obiettivo a f/9.

Passando a esaminare l’intubazione, devo dire che il fuocheggiatore non mi ha per niente soddisfatto, visto che è  risultato poco preciso e molto cedevole soprattutto facendo uso di oculari da due pollici.  Ritengo che un’ottica di questo livello avrebbe meritato un sistema di messa a fuoco più affidabile. Il cercatore, invece, è davvero di ottima qualità, quasi totalmente privo d’aberrazioni  e molto solido, allo stesso modo della cella che lo contiene. Scarsa attenzione, invece,  è stata profusa nella progettazione del paraluce, di semplice plastica, ed anche in questo caso, si sente la necessità di qualcosa di meglio.

Durante le osservazioni lunari, a circa 50  ingrandimenti, l’immagine è apparsa molto contrastata, col fondo cielo piacevolmente scuro ma non nero, mentre facendo uso di oculari di minore lunghezza focale, in grado di sviluppare 100 ingrandimenti, iniziava a manifestarsi un alone blu intorno ai bordi dei crateri più luminosi. Ho constatato come il residuo cromatico dipendesse in qualche misura non solo dal progetto dell’obiettivo ma anche dalla qualità degli oculari utilizzati: con un ortoscopico Genuine Ortho di 9 mm tale difetto, pur presente anche sui bordi luminosi dei crateri, è risultato inferiore in confronto a quello visibile con un economico Plössl di pari focale. La situazione migliorava però facendo uso di un visore binoculare William Optics, Barlow 2x Apo Celestron ed un paio di oculari ortoscopici teutonici di 15 mm. In questo caso il cromatismo era inferiore rispetto a quello visibile, in visione monoculare, con un Plössl Celestron di 7.5 mm. La minore luminosità dell’immagine col visore ha certamente avuto un ruolo in questo risultato.

Ovviamente, il contrasto e la fedeltà dei colori mostrata da un rifrattore apocromatico di 128 mm sono un’altra cosa rispetto a questo acromatico di 125, ricordo, però, che in questo caso il prezzo di acquisto dell’apo è decisamente superiore, pari a quasi sei volte il TAL.

Se ci si limita a considerare la quantità dei dettagli osservati piuttosto che la loro qualità, a parte una diminuzione del contrasto soprattutto ai bordi dei pianeti e nelle aree lunari di alto albedo, con l’uso di un filtro giallo l’acromatico permette di percepire la maggior parte dei dettagli lunari che si possono osservare in un telescopio apocromatico di pari diametro. Soltanto la luminosità, a causa della maggiore dispersione dei vetri e l’eventuale uso dei filtri, mi è parsa visibilmente inferiore nel primo, cosi come i bordi dei crateri che appaiono meno “netti”. Ma se l’acromatico si fa ancora ben apprezzare in campo visuale, in campo fotografico occorre invece tenere conto anche di altri fattori.

Durante alcune sere del mese di gennaio ho esaminato la superficie lunare con vari oculari alla ricerca dei dettagli molto fini che spesso utilizzo come riferimento per valutare la risoluzione dei telescopi.  Prima di proseguire nella descrizione può essere utile riferire che,  avendo percepito in visione diretta un miglioramento del contrasto e del cromatismo rispetto alla visione con il diagonale in dotazione, ho proceduto alla sostituzione di quest’ultimo con un diagonale dielettrico da due pollici della William Optics. Ma oltre a constatare un deciso miglioramento, sia nella luminosità che nella resa cromatica, ho purtroppo appurato come la maggior parte degli oculari in mio possesso non raggiungessero il fuoco, troppo interno. Erano infatti inutilizzabili i Baader Genuine Ortho di 12.5 mm e di 9 mm, vari Plössl Celestron, la serie degli X-Cel e i Vixen al Lantanio, mentre  non ho avuto problemi col nuovo oculareGeoptik di 10mm e gli ortoscopici Japan Optik di 12.5 mm e 9 mm, che raggiungevano una messa a fuoco quasi perfetta anche se proprio in corrispondenza del fine corsa del tubo di messa  a fuoco. Questo mi ha convinto ancor di più dell’opportunità di sostituire il fuocheggiatore originario.

Il potere risolutivo di questo telescopio è pari a 1”, questo significa che è possibile percepire  dettagli lunari abbastanza ostici che spesso, a causa della turbolenza, rimangono invisibili in strumenti di diametro superiore.
Sabato 20 gennaio ho preso di mira oltre alla Rupes Recta, la Rima Birt: quest’ostica struttura, lunga una cinquantina di chilometri, è spesso invisibile, in base alle condizioni d’illuminazione, in telescopi di diametro anche ben superiore a 125 mm, ma il TAL l’ha mostrata chiaramente a 150 ingrandimenti, diventando addirittura facilissima con il visore binoculare. Avvalendomi di un filtro giallo Celestron W15A, ho eliminato totalmente il cromatismo intorno ai bordi dei crateri continuando l’analisi della  superficie lunare con più appagamento: a 29.8° S e 13.5° W è situato il cratere Pitatus, che presenta un diametro di  97 km, e in esso erano percepibili unicamente le due rime maggiori situate nel settore orientale, mentre un ottimo Celestron 8 usato per confronto svelava anche le altre due.

Molto affascinante il sorgere del sole su Mons Pico, che rifulgeva come un faro in mezzo al mare, anche se ovviamente senza filtro il picco era velato di blu.
Domenica 29 gennaio ho notato tutti i domi lunari presenti sia nei pressi di Hortensius che nei pressi di Gambart, mentre la famosa rima Hesiodus era ben definita in tutto il suo sviluppo.

Passando all’osservazione planetaria, Saturno ha sempre palesato le regioni polari e la divisione di Cassini, tranne che nelle serate di seeing veramente pessimo. Nell’osservazione di Venere era talvolta era possibile percepire delle vaghe ombreggiature sul disco, meglio evidenziate con un filtro Contrast Booster. L’osservazione di Venere è però un test molto severo per un rifrattore acromatico, probabilmente il più severo in assoluto, e per tale motivo in questo genere di osservazioni risultava sempre preferibile il piccolo Pentax 75 serie SDHF che ostentava con mio sommo piacere la sua completa apocromaticità. Il TAL, invece, risultava utilizzabile solo tramite un opportuno filtraggio.

 

Una panoramica sulle stelle doppie ha reso ampiamente giustizia alla qualità dell’ottica e rivelato la capacità di questo rifrattore acromatico di raggiungere facilmente, in condizioni di buon seeing, il suo limite di risoluzione teorico, anche se nelle serate molto ventose è risultato difficile osservare  doppie molto sbilanciate, come ad esempio il sistema di Rigel A-BC, poiché  la compagna rimane spesso soffocata dal bagliore della stella principale, ancor più ampliato dal residuo cromatico. In questo caso, è possibile rimediare alla  situazione facendo uso di un filtro verde che riduce il bagliore della primaria ma che però altera i colori.

Centoventicinque millimetri sono poca cosa per gli oggetti del cielo profondo, tuttavia è possibile fare delle discrete osservazioni delle galassie più luminose e di molti ammassi stellari e nebulose, beneficiando del contrasto che contraddistingue il doppietto acromatico di casa Novosibirsk e di una puntiformità stellare superiore a quella dei comunissimi telescopi catadriottici.

In definitiva ritengo il TAL 125R un’alternativa più economica, ma comunque performante, ai costosi rifrattori apocromatici per l’osservazione della Luna, dei pianeti e delle stelle doppie, particolarmente allettante per coloro che non desiderano spendere le cifre richieste per l’acquisto di un blasonato rifrattore apocromatico ma che desiderano uno strumento con una luminosità ed un potere risolutivo maggiori rispetto a quelle fornite da un – anche perfettissimo –  tripletto apocromatico da 75-80 mm di diametro.

L’unico inconveniente riscontrato, oltre all’ingombro del tubo che necessita di una discreta montatura, è relativo al sistema di messa  a fuoco, che almeno nell’esemplare da me testato ha lasciato un po’ a desiderare.

L’autore ringrazia l’azienda Astrotech Srl di Thiene per aver fornito lo strumento oggetto del test.