Tecnosky 115 mm apo triplet V2

di Raffaello Braga

In un articolo pubblicato qualche anno fa avevo descritto un ottimo tripletto apocromatico commercializzato da Tecnosky di Felizzano, un 115 mm f/7. Lo strumento mi era piaciuto molto e ne avevo sottolineato in particolare l’ottimo rapporto prestazioni/costo, se si pensa che ancora nei primi anni 2000 per avere uno strumento paragonabile occorreva rivolgersi ai brands americani e giapponesi con le conseguenze in termini di prezzo che tutti ricordiamo.

Da qualche tempo Tecnosky propone una versione aggiornata di questo tubo ottico (nel seguito V.2), più leggera e con diverse migliorie nell’intubazione. Vediamo dunque cosa è cambiato rispetto al precedente tubo (nel seguito V.1).

INTUBAZIONE

Il tubo ottico è più rifinito rispetto a V.1, la vernice lucida è stata sostituita da una vernice opaca, di bella finitura e aspetto gradevole, e in generale l’estetica è più piacevole.

Il tripletto apocromatico Tecnosky 115 f/7 seconda versione, tubo ottico con paraluce e fuocheggiatore completamente ritratti. Poiché la slitta tipo Vixen rimane molto vicina al tubo non è possibile usarla per il trasporto, ho perciò installato una maniglia TS sfruttando i fori M6 presenti sugli anelli. La lunghezza di trasporto è esattamente di 70 cm e il peso con anelli e barra è di 6 kg.

La semplice vernice lucida di V.1 è stata ora sostituita da una finitura più rugosa e di aspetto opaco (qui visibile molto ingrandita) di aspetto più gradevole. Il colore è sempre bianco ma di tonalità più morbida.

Rispetto a V.1 l’intubazione è stata migliorata anche all’interno aumentando il numero di diaframmi e rendendo l’opacizzazione più efficace.

L’opacizzazione del tubo è stata molto ben curata, sono presenti diversi diaframmi a bordo tagliente e l’abbattimento di riflessi e luce diffusa è pressoché totale.

Ne ha beneficiato soprattutto il tubo fuocheggiatore di 2.5 pollici di diametro che reca numerosi diaframmi a bordo tagliente.

L’interno del tubo mobile del fuocheggiatore dopo aver rimosso il riduttore da 2 pollici.

L’estremità del fuocheggiatore reca un filetto M68x1 femmina al quale è possibile collegare l’ormai vastissima raccorderia con questo passo disponibile presso i vari rivenditori. Personalmente in quanto imager solare ho particolarmente apprezzato questa caratteristica in quanto permette il collegamento diretto del modulo di pressure tuning del Lunt 50

Al rifrattore è possibile applicare direttamente questo modulo di pressure tuning per trasformare – in modo completamente reversibile – il rifrattore in un telescopio solare, basta avvitare il modulo sul filetto M68. Occorre però un ERF frontale a piena apertura per conservare il rapporto focale di f/7 e naturalmente un blocking filter adatto.

Il tubo mobile è mosso da un meccanismo a pignone e cremagliera in luogo del vecchio Crayford, che sta un po’ perdendo di attrattiva tra i costruttori e gli utilizzatori in quanto è meno efficace nel prevenire slittamenti. Il movimento è fluido e privo di irregolarità, l’escursione del tubo è notevole ed è presente la consueta riduzione micrometrica 1:10 e le regolazioni di resistenza e di blocco del tubo:

In dotazione vi sono due riduttori da M68 a 2 pollici e a 1.25 pollici. L’anello di riduzione da M68 a 2″ si può bloccare  – per evitare rotazioni indesiderate – per mezzo di tre piccole brugole.

Il backfocus misurato dall’estremità del portaoculari da 2 pollici è di 15 cm come nella V.1.

Il tubo è dotato, come l’altro, di paraluce scorrevole che riduce la lunghezza di trasporto a complessivi 70 cm. Rispetto alla V.1 la V.2 mi è parsa più sbilanciata verso l’obiettivo a causa del peso dei vetri non controbilanciato da un fuocheggiatore particolarmente pesante. Questo può essere un vantaggio nel momento in cui si montano accessori pesanti, altrimenti basta arretrare il tubo sulla montatura e dotarlo di un cercatore di 50 mm per raggiungere un miglior equilibrio.

OTTICA

Non ho avuto purtroppo la possibilità di comparare la V.2 di questo tripletto con quella che ho già recensito. Sulla carta l’obiettivo dovrebbe essere lo stesso o comunque molto simile, un NPN spaziato in aria con elemento a bassa dispersione in FPL-51. Accoppiando questo crown ad altri due vetri opportunamente scelti si ottiene una correzione molto buona dello spettro terziario e una soppressione soddisfacente dello sferocromatismo, mantenendo un costo tutto sommato abbordabile.

Come ho già avuto occasione di scrivere nel test sulla V.1, la resa di un obiettivo apocromatico non dipende soltanto dal tipo di vetro usato per l’elemento a bassa dispersione ma anche dai vetri ai quali è accoppiato, non si devono cioé giudicare a priori le prestazioni di un rifrattore basandosi soltanto su uno dei molti fattori che concorrono a determinarne la correzione. Infatti si può benissimo realizzare un tripletto in FPL-51 che abbia una resa pari o superiore a quella di un tripletto nel quale l’elemento a bassa dispersione sia un FPL-53 o uno dei suoi equivalenti, è il progetto nel suo complesso che determina la resa finale. Il motivo per cui i costruttori preferiscono usare vetri con un numero di Abbe superiore a 90 è che ciò permette un maggior controllo dello spettro terziario e dello sferocromatismo a parità di diametro e di rapporto focale rispetto a un tripletto in cui l’elemento a bassa dispersione possieda un numero di Abbe inferiore.

Premesso ciò, il grafico della correzione del colore – dall’asse a metà del diametro – mostra uno sferocromatismo molto contenuto nel verde e nel rosso e un po’ più marcato nel blu. Tuttavia con questo obiettivo diversi astrofili in tutto il mondo hanno ottenuto bellissime immagini solari nella linea K del calcio (393.4 nm) in cui si distingue nettamente la granulazione inversa. Tanto per fare un esempio questa qui sotto è l’immagine della granulazione inversa della cromosfera solare ripresa attraverso un modulo Ca-K Lunt del tipo straight-through (non il diagonale):

Aspetto di una regione vicina al centro del disco solare ripresa col rifrattore Tecnosky 115 f/7 e modulo Lunt al calcio (393.4 nm). Si nota la granulazione che in questa regione spettrale appare invertita rispetto a quanto si osserva abitualmente in luce bianca: i granuli sono scuri mentre i loro bordi sono chiari. Stacking di 100 frames su 3000 ripresi con Chameleon 3.0 ed elaborati con IRIS.

come si può vedere è un’immagine molto nitida, paragonabile a quanto può mostrare un rifrattore acromatico a lungo fuoco – forse l’ideale per l’imaging solare in banda stretta – che però a parità di diametro necessiterebbe di una lunghezza focale e quindi di un ingombro notevolmente superiori.

Ottime anche le immagini solari in H alfa anche se in quest’ambito non c’è bisogno di un tripletto apocromatico per raggiungere buoni risultati, un comune acromatico, anche non lunghissimo, è senz’altro sufficiente, ma una buona correzione nella riga C certamente aiuta parecchio come si può vedere dalle immagini sottostanti.

L’immancabile star test ha mostrato una correzione molto buona, a fuoco le stelle appaiono da manuale, un piccolo disco contornato da anelli poco luminosi, regolari e senza luce diffusa. Non ho riscontrato astigmatismo.

Può essere interessante, visto che parliamo di apocromatici, citare il “test” per la correzione del colore suggerito dal noto costruttore americano Roland Christen:

“In lenses, the key is the color of the in-focus disc. The whiter it appears at focus, the better is the correction. In a lens with lesser color correction, the in-focus disc will appear more and more yellowish (at reasonably high powers of course). The resolution is not necessarily any different, but the main effect is that with better color correction, there is more light concentrated in the image, and fainter stars can be seen. Globulars, for instance, should look more crisp and the individual stars in the globular should have more of that sugar sparkle look.”

Un po’ di test che ho condotto approfittando di Giove e Saturno ben visibili nel cielo di settembre (2019) hanno dato ottimi risultati; Giove, ad esempio, mi è piaciuto di più osservato nel 115 Tecnosky che in un 120ED usato per confronto, in particolare il 115 Tecnosky ha mostrato una resa dei colori che mi è sembrata più equilibrata. Infatti messo fianco a fianco al mio Takahashi Mewlon 210 (Dall Kirkham 210 f/11.5)  il rifrattore, pur mostrando meno dettagli e un’immagine meno brillante, non ha assolutamente sfigurato nonostante il divario di apertura, mostrando un bordo planetario molto netto (una volta compensata la dispersione atmosferica con un oculare apposito), tanti dettagli soprattutto tra la NEB e la SEB(s) e colori molto saturi nonostante la piccola apertura e il pianeta basso sull’orizzonte sud.

Una carrellata di stelle doppie, alcune vicine al potere risolutivo teorico, ha confermato la bontà dell’ottica.

La stella multipla Sigma Orionis

CONCLUSIONI

A mio avviso la versione attuale di questo tripletto è significativamente superiore alla V.1 grazie alle migliorie nell’intubazione. Da questo punto di vista lo strumento non ha nulla da invidiare a rifrattori molto più costosi, per intenderci quelli che spesso vengono pomposamente definiti “blasonati”. Anzi, rispetto a certe realizzazioni “di pregio” tanto sbandierate il Tecnosky 115 è senza dubbio preferibile. Anche otticamente è uno strumento di tutto rispetto in grado di soddisfare sia l’astrofotografo sia l’appassionato di alta risoluzione visuale o, come si è visto, di osservazioni solari.

(Raffaello Braga – settembre 2019)