Montatura equatoriale Vixen GPD2

A parte i primissimi anni di osservazione del cielo ho sempre usato montature equatoriali, riservando quelle altazimutali, oggi tanto di moda, alle osservazioni terrestri. Ne ho avute quindi tantissime e un po’ di tutte le marche, Vixen, Towa, Kenko, Celestron, Meade, TAL ecc., ho perso il conto.

Per parecchi anni l’unico ausilio che ho utilizzato in aggiunta alla montatura è stato l’inseguimento siderale, praticamente indispensabile per disegnare e fotografare. A un certo punto volli installare un sistema Go-To, il Synscan della Skywatcher, su una Vixen GP ma durò poco, a parte le imperfezioni nel puntamento i motori non erano esattamente compatibili con la montatura giapponese e come risultato l’alberino di declinazione si deformò, problema che ho constatato recentemente anche nella GP di un amico, a cui è stato poi necessario sostituire una vite senza fine. E’ pertanto un innesto che sconsiglio, le montature della casa giapponese vanno usate coi loro motori MT-1 e basta.

Dopo aver acquistato il Takahashi Mewlon 210 ho sentito la necessità di un supporto un po’ più robusto e ho usato per qualche tempo una Celestron CGEM, montatura efficiente e precisa nel puntamento ma pesante come una nave, rumorosa e meccanicamente tutt’altro che perfetta. Montature di questo tipo costituiscono oggi la maggioranza di quelle prodotte in grande serie, tutte equipaggiate di GoTo e pertanto inutilizzabili senza l’elettronica di serie e senza corrente elettrica a disposizione. Questa cosa di dover dipendere da un computer per poter non solo puntare ma anche inseguire – essendo ormai quasi del tutto scomparsi i moti micrometrici manuali – mi ha sempre disturbato anche perché io osservo prevalentemente astri molto brillanti, in primis il Sole, per puntare i quali l’ultima cosa che mi serve è il GoTo, anzi mi riesce meglio puntarli manualmente.

Dopo più di due anni di utilizzo ho quindi ceduto la mia Celestron CGEM e ho deciso di tornare a usare, almeno per qualche tempo, una montatura con le sole funzionalità di base, quelle del resto con cui ho fatto astronomia per quasi quarant’anni. L’unica cosa che mi serviva (e mi serve) veramente è l’inseguimento siderale, i moti micrometrici manuali per quelle volte in cui non mi interessa disegnare o riprendere ciò che osservo, e i cerchi graduati per trovare Venere durante il giorno o astri non visibili nel cercatore la notte.

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A parte le solite montature cinesi che vanno per la maggiore (ma non tutte consentono l’inseguimento manuale) non ho trovato molto tra cui scegliere e ho dovuto considerare una Vixen. La scelta è caduta sulla GPD2, che offre una capacità di carico un po’ superiore alla mia vecchia GP sulla quale gli 8 Kg del mio Mewlon rappresentano un po’ il carico limite.

Sulla carta la Vixen GPD2 eredita le caratteristiche della vecchia e rinomata GP-DX: corone e viti in bronzo lavorate ad alta precisione (Vixen dichiara un’accuratezza doppia rispetto alla GP2), assi in acciaio inossidabile, un carico nominale di 10 kg per uso fotografico, cannocchiale polare illuminato, cerchi graduati, ecc.

La montatura è ben rifinita ma non quanto la vecchia GP-DX, che esteticamente era meglio curata. Comunque funziona bene, è robusta e precisa e sull’ottimo treppiede SXG-HAL 130 vibra pochissimo e denota un’ottima stabilità anche a pieno carico. Peccato per quei piccoli dettagli sui quali le vecchie GP e GP-DX erano un po’ più curate: ad esempio nella GPD2 mancano i noni sui cerchi graduati anche se l’indice è sufficiente a trovare gli oggetti in un oculare a grande campo, e in generale si ha l’impressione di una minore rifinitura e precisione, esteticamente parlando, rispetto alla vecchia GP-DX. Nel mio esemplare era presente anche un gioco nella sede dell’albero della vite senza fine di declinazione: per fortuna uno dei pregi della GP, e delle sue discendenti e imitazioni, è quello che anche una persona con poca propensione ai lavori manuali come il sottoscritto può metterci mano per fare manutenzione se necessario (in rete si trovano anche parecchi tutorials) e così è stato facile eliminare l’inconveniente.

La scala per la regolazione dell’asse polare in altezza

Ho trovato invece molto regolari i movimenti degli assi (quello in declinazione un filo più duro ma ancora in misura accettabile), sufficientemente rifiniti i dettagli, trascurabile il backlash in Dec, un po’ meno quello in AR, che ho dovuto ridurre. Non praticando per ovvi motivi la fotografia a lunga posa, ho potuto fare a meno di preoccuparmi dell’errore periodico.

A differenza della sorella minore GP2, che viene fornita senza nessun accessorio (nemmeno un contrappeso!) la GPD2 oltre ai cerchi graduati monta di serie il cannocchiale polare (il cui illuminatore viene fornito smontato e se serve va posizionato sull’asse di AR), una livella a bolla e due contrappesi da 1.9 e 3.7 kg. Il treppiede va acquistato a parte.

Il cannocchiale polare fornito di serie è analogo a quello delle vecchie GP ma sono cambiati alcuni dettagli

Come motorizzazione vanno benissimo i miei vecchi MT-1 (ancora perfettamente funzionanti a quasi vent’anni dal loro acquisto) e la nuova pulsantiera DD-3, che sostituisce la vecchia DD-1. La pulsantiera viene fornita con un pacco batterie per otto batterie alcaline tipo D, altrimenti si può usare l’apposito (ma da acquistare a parte) alimentatore da rete o un qualunque altro alimentatore da 8 – 12 V e 1 A, tenendo presente che la pulsantiera richiede un connettore – positivo al centro rispetto alle vecchie pulsantiere – di un tipo poco comune e di difficile reperibilità. Anche l’alimentatore originale Vixen, infatti, è dotato di un adattatore intermedio, che fortunatamente si può trasferire anche su altri apparecchi (attualmente uso una powertank Celestron).

La pulsantiera DD-3 è ergonomica e funzionale ma il salto da 2x al 32x, per effettuare gli spostamenti in AR e Dec, è un po’ troppo ampio, un 16x come nella vecchia versione sarebbe stato preferibile.

La pulsantiera DD-3 a cui si collega l’alimentazione da 12V

Una volta installato il tubo del Takahashi Mewlon 210 sulla GPD2 (oltre 9 kg con diagonale, visore Baader Mark V e due zoom Vixen) i movimenti della montatura rimangono fluidi e regolari e l’inseguimento è perfetto, senza problemi di vibrazioni sia usando il motore che il movimento micrometrico manuale, soprattutto se si ha l’avvertenza di sbilanciare leggermente il telescopio in AR. Rispetto alla CGEM la GPD2 è ovviamente un po’ più sensibile al vento, quindi in serate ventose può essere difficile fare imaging in alta risoluzione, ma del resto in queste circostanze il seeing difficilmente è buono, quindi non è un handicap importante.

La GPD2 non può montare slitte Losmandy, accetta solo le barre standard.

L’alloggiamento per le slitte e il motore in declinazione, utile ma non necessario

ADDENDUM (2020)

Dalla prima redazione di questo test (2014) sono ritornato al GoTo (odiandolo con tutto il cuore ma non ho potuto fare diversamente occorrendomi una montatura di una certa robustezza) e intanto la GPD2 , come la GP2, è uscita di produzione. Il catalogo Vixen viene così a perdere uno dei suoi tradizionali cavalli di battaglia al posto del quale vengono proposti dei sostituti che, ancora una volta, non è possibile usare manualmente ma abbisognano almeno dello Starbook di base (Starbook ONE) e non sono nemmeno dotati di cerchi graduati così che oggetti celesti non visibili nel cercatore possono essere puntati solo facendo star-hopping (e da un cielo inquinato sai che divertimento…).