Ortoscopici di Abbe da 4 mm

A oltre un secolo e mezzo dalla sua invenzione, l’oculare ortoscopico conserva ancora oggi la sua piccola nicchia di mercato, apprezzato soprattutto dagli osservatori di pianeti ma anche, sempre più spesso, da chi si dedica a quella del cielo profondo, in particolare piccole nebulose, galassie e stelle doppie. La semplicità di realizzazione – 4 lenti in due gruppi, 4 superfici aria/vetro – unita a un campo cromaticamente e geometricamente più corretto di quello degli schemi più semplici come l’Huygens e il Ramsden, ne fanno un oculare universale dotato di grande nitidezza e in grado di offrire buone prestazioni con quasi tutti gli strumenti.

L’ortoscopico fa il suo ingresso nel mondo dell’ottica nel 1849 quando il matematico e ottico dilettante Carl Kellner – fondatore di quella che poi diverrà la Leitz – pubblica “Das orthoskopische Ocular, eine neu erfundene achromatische Linsencombination”, un libretto in cui descrive l’oculare che prenderà il suo nome e che offriva un campo più ampio e più corretto rispetto ai vecchi oculari di derivazione seicentesca affetti da forti aberrazioni extrassiali, denominato appunto “ortoscopico” nel senso più generale di visione corretta.

Col termine “ortoscopico” ci riferiamo però soprattutto all’oculare di Abbe e a quello di Plössl, nei quali, per ragioni storiche legate all’impiego in microscopia ottica, è soprattutto la distorsione lineare a essere stata corretta. Quello che chiamiamo Abbe è in realtà un’invenzione di Moritz Mittenzwey che risale agli anni ’80 del XIX secolo ottenuta aggiungendo una lente positiva a un tripletto di Steinheil, e successivamente perfezionata alla Zeiss. Il Plössl deve il nome al suo inventore, Georg Simon Plössl, che lo derivò dal Ramsden, ed è il più vecchio dei tre oculari ortoscopici risalendo al 1834. Il progetto originale era definito però semplicemente come “aplanatico” e fu solo nel terzo decennio del XX secolo che venne ridisegnato da Albert Koenig alla Zeiss che lo battezzò come “ortoscopico secondo Plössl“.

Macchie di aberrazione generate dall’oculare di Plossl e da quello di Abbe per rapporti focali di f/10 e f/5 e campi piani (da www.telescope-optics.net)

Un mito che è necessario sfatare è quello che vorrebbe gli Abbe migliori dei Plössl nell’osservazione planetaria o comunque di astri angolarmente piccoli. In realtà questo non è vero, se si guardano i diagrammi di ray-tracing di questi oculari si vede subito che sull’asse ottico i due schemi sono assolutamente equivalenti e che eventuali differenze sul campo sono da ascrivere piuttosto a variazioni rispetto ai progetti classici – ogni costruttore fa un po’ a modo suo – e a differenze nei materiali e nei procedimenti di produzione. Il mito origina dal fatto che i migliori oculari ortoscopici mai realizzati sono stati appunto degli Abbe, in particolare gli Zeiss progettati e prodotti in diverse serie sviluppate lungo quasi tutto il XX secolo fino all’abbandono della produzione astronomica da parte dell’azienda tedesca (e anche in microscopia l’oculare ortoscopico ha ormai ceduto il passo ai grandangolari). A ciò si aggiunge il fatto che molti Plössl commerciali avevano e hanno una qualità magari molto buona ma non proprio ai massimi livelli: ho sempre trovato, ad esempio, gli ortoscopici Vixen inferiori per correzione complessiva e nitidezza ai diffusissimi “Circle-T”, pur essendo entrambi prodotti giapponesi di un certo successo, e anche i tanto celebrati Plössl Clavé non mi hanno mai entusiasmato e li ho sempre trovati inferiori agli Abbe Zeiss. Ciò non toglie che oggi il mercato offra agli osservatori di pianeti degli ottimi Plössl a prezzi interessanti, prodotti sia in Giappone che in Cina e Taiwan: ciò deriva direttamente dal fatto che la realizzazione del Plössl, soprattutto nella sua versione simmetrica, è più semplice ed economica di quella dell’Abbe.

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Altro mito da sfatare è quello della migliore correzione dei Plössl fuori asse rispetto agli Abbe, in realtà il maggior campo apparente dei primi non è quasi mai sfruttabile: si possono certamente fare dei Plössl ben corretti quasi fino al bordo – rapporto focale permettendo – come i Tele Vue, ma bisogna farli apposta e in genere non è così.

La differenza tra l’Abbe e il Plössl è piuttosto da ricercare nell’estrazione pupillare, che nell’Abbe è di solito un po’ maggiore. Ma come accennato più sopra le variazioni introdotte negli schemi classici dai vari progettisti fanno sì che questa regola patisca numerose eccezioni. Tra l’altro per lungo tempo gli ortoscopici sono stati progettati per lavorare bene solo con rapporti focali elevati, da f/10 in su, e solo recentemente i produttori di questi oculari hanno ampliato la loro utilizzazione anche verso rapporti focali più spinti come quelli che oggi vanno per la maggiore; di tutto ciò bisogna tenere conto quando si esaminano le prestazioni di oculari datati.

Nelle scorse settimane mi sono divertito a confrontare tra loro, sia nell’osservazione terrestre sia in quella astronomica, tre oculari di Abbe da 4 mm, in pratica gli unici ortoscopici giapponesi che è ancora possibile trovare in commercio. La focale di 4 mm è (ma soprattutto era) molto apprezzata da chi osserva i pianeti e le stelle doppie coi telescopi rifrattori e newtoniani, mentre risulta eccessivamente corta con la maggior parte dei catadiottrici e dei Cassegrain, che hanno tipicamente focali dal metro e mezzo in su: il possessore del classico acromatico o apocromatico da 10 cm a f/9 o f/10, ad esempio, con un 4 mm ricava un ingrandimento ottimale per l’osservazione di Marte e Saturno, pianeti che tollerano bene poteri elevati in relazione al diametro dell’obiettivo, oltre che della Luna e di stelle doppie strette. Con i riflettori da 15 o 20 cm a f/5 o f/6 si ottengono ingrandimenti meglio bilanciati in relazione all’apertura e utilizzabili con profitto per quasi tutti i corpi planetari.

Vediamo ora in dettaglio ciascun oculare esaminato poi passeremo al confronto vero e proprio.

TAKAHASHI ABBE 4 mm

Takahashi Abbe – E’ l’ultimo arrivato della serie di ortoscopici Takahashi ed è anche il più costoso tra tutti gli oculari qui descritti. Lo schema è quello classico di Abbe, la costruzione meccanica è curatissima e veramente al massimo livello, non sono riuscito a trovare una sola pecca. Il design è meno elegante rispetto ad altri prodotti simili ma in fin dei conti un oculare vale per quello che fa, non per l’aspetto che ha. Qualcuno ha lamentato l’assenza del paraluce in gomma, un accessorio di cui personalmente non ho mai sentito il bisogno.

EDMUND OPTICS 4 mm ABBE

Edmund Optics – Già da diversi anni la Edmund Optics ha un magazzino in Inghilterra e l’acquirente europeo dei suoi innumerevoli prodotti – moltissimi dei quali di interesse anche per l’astrofilo – non deve più pagare tasse di importazione extra-UE come invece accadeva nel passato: ai prezzi pubblicati online occorre solo aggiungere l’IVA e la spedizione. Per il 4 mm ortoscopico vale quanto detto per il Takahashi ma l’Edmund costa la metà e ha un design più essenziale. Ottimamente realizzato (bordo lenti annerito, multicoating efficientissimo, ecc. ecc.) sembrerebbe simile all’omologo venduto sotto il brand “Fujiyama” o “Astro-Hutech” se non fosse per il fatto che le specifiche ottiche sono leggermente diverse (vedi la tabella più sotto) e che costa qualche euro in meno anche dopo aver aggiunto l’IVA: si tratta dello stesso oculare ? non ne sono certissimo, infatti l’Edmund presenta analogie costruttive anche col Takahashi eppure si tratta chiaramente di due prodotti differenti. Lascio la domanda in sospeso.

T-JAPAN ABBE 4 mm

Ortoscopico Circle-T Japan – E’ il vecchio Abbe con cui tantissimi astrofili della mia generazione si sono fatti le ossa – oltre ai diffusissimi orto Plössl della Vixen – e che oggi si trova solo come rimanenza di magazzino. E’ diffuso in due serie, col barilotto liscio e un vecchio coating azzurrino, col barilotto scanalato e un multicoating più efficiente, il mio appartiene alla prima produzione ma ne ho usati un paio della seconda e non ho mai notato grosse differenze. Una terza serie è stata prodotta per il mercato americano. Quando si comprano questi vecchi Abbe sul mercato dell’usato è bene controllare che il cemento del tripletto non si sia alterato e che non vi siano inquinamenti da muffe.

In questa tabella sono riassunte le caratteristiche degli oculari sopra menzionati:

Per non far torto all’altro schema ortoscopico tanto diffuso ho incluso nel test a scopo di confronto un paio di Plössl, per la precisione:

LONG PERNG 4 mm PLOSSL

Long Perng 4 mm – E’ un Plössl taiwanese poco diffuso in Italia e che si può comprare su ebay per qualche decina di euro, disponibile sia in Europa che negli USA.

PLOSSL DA 4 mm DI FOCALE DI PRODUZIONE IGNOTA

4mm “no-brand” – E’ uno dei tantissimi Plössl di cui è piena la baia, di provenienza ignota per quanto riguarda il fabbricante e venduti in Europa sotto un’infinità di vestiti e marchi differenti. L’ho preso per meno di 5 (cinque) euro direttamente dalla Cina spedizione inclusa e come vedremo li vale tutti e anche molto di più. Il costo ridicolo di questo accessorio, per giunta già maggiorato dal rivenditore cinese e comprensivo della spedizione in Italia, dà una misura di cosa succede al prezzo di un oculare (o di un telescopio) quando dal lontano Oriente arriva nei negozi e nei magazzini europei; non sarà un oculare di pregio, sia pure, ma comunque c’è da riflettere…

Gli oculari del test differiscono tutti tra loro per il coating applicato alle lenti. Qui sotto vediamo, da sinistra a destra, la lente superiore del T-Japan, dell’Edmund e del Takahashi.

Il T-Japan ha un multicoating azzurrino applicato soltanto alla superficie esterna della lente dell’occhio, mentre tutte le altre superfici hanno un coating monostrato in fluoruro di magnesio. L’Edmund ha un multicoating su tutte le superfici aria/vetro, come pure il Takahashi, ma quest’ultimo mostra un colore più pronunciato (il colore del coating corrisponde alla luce che viene riflessa maggiormente) e tendente al rosa.

Il Plössl LP possiede un multicoating simile a quello dell’Edmund ma più tendente al violaceo mentre l’oculare senza marca non evidenzia coating alcuno né, come si può vedere dalla foto qui sotto a destra, bordi delle lenti anneriti (ma anche alcuni OR Vixen non li hanno).

Al test hanno partecipato anche un paio di “intrusi” che ho voluto usare a scopo di confronto, un vecchio Vixen LV e un più recente TMB Planetary II, il clone cinese dei vecchi Burgess. Il motivo è che sempre più spesso troviamo in commercio oculari ad elevata estrazione pupillare specifici, a detta di chi li vende, per l’osservazione planetaria e spesso con campi apparenti superiori ai 50° tipici dei Plössl.

Il Vixen LV 4 è stato molto popolare una ventina d’anni fa quando rifrattori e newtoniani erano ancora i telescopi più diffusi, almeno in Italia. Gli LV erano reclamizzati soprattutto per la comodità d’uso rispetto agli oculari classici grazie al gruppo ottico negativo che permetteva di ottenere focali cortissime, utili per le osservazioni ad alto ingrandimento, unite a una buona estrazione pupillare che è l’unica loro caratteristica interessante, mentre come correzione complessiva gli LV, soprattutto nelle focali inferiori ai 9 mm, non sono mai stati entusiasmanti: forniscono buone immagini dei pianeti e di stelle doppie al centro del campo, meno buone, invece, della Luna e di oggetti estesi a causa della distorsione. L’ho incluso nella prova perché è molto conosciuto quindi è un buon termine di paragone.

Il TMB è più recente e la sua storia è raccontata in innumerevoli pagine web. Sulla scatola c’è scritto che ha 58° di campo, sul sito di alcuni rivenditori si parla di 60° ma visto che fa poca differenza non mi sono preso la briga di misurarlo. Anche perché, dopo tutto, 60° di campo non servono a nulla per osservare i pianeti: se si possiede un telescopio dotato di autotracking l’immagine se ne sta buona al centro del campo; se invece bisogna inseguire a mano o non inseguire del tutto osservando il pianeta che deriva lentamente, la nitidezza dell’immagine durante il tragitto dipende dal rapporto focale del telescopio, e se questo è molto aperto – i dobson hanno tipicamente rapporti focali compresi tra f/4 e f/5 – si potrebbe scoprire che in posizione extrassiale questi oculari sono troppo aberrati per fornire immagini accettabili e che occorre spendere molto più di 50 o 60 euro per poter osservare in questo modo.

PROVA SUL CAMPO

Per testare gli oculari mi sono servito del Takahashi Sky-90 senza correttore a f/5.6, dunque una prova abbastanza severa per uno schema ottico di oltre un secolo fa. Ho alternato la visione con la focale nativa (500 mm) a quella con l’Extender-Q che la porta a 800 mm facendo diventare lo strumento un f/9 (f/8.9) . L’Extender elimina il piccolo residuo di aberrazione cromatica e sferica dell’obiettivo e ne mitiga un po’ anche la coma, lasciando quasi inalterata la curvatura di campo.

Per una volta voglio rinunciare ai soliti preamboli e arrivare subito alle conclusioni: ho fatto così tanta fatica a trovare delle differenze fra i tre Abbe testati che non sono nemmeno sicuro di averne viste. I tre oculari sono infatti straordinariamente simili per tutto ciò che riguarda la correzione dalle aberrazioni in asse e fuori asse; conoscendo quanto siano tradizionalisti i giapponesi in queste cose non posso non pensare che anche i nuovi ortoscopici (Takahashi, Edmund e/o Fujiyama) non siano altro che minime variazioni sul tema di qualche vecchio e ormai consolidato progetto, magari proprio il T-Japan o un altro ancora precedente, visto che la storia dell’industria ottica giapponese data a ben più di un secolo fa.

In sostanza questi oculari forniscono immagini stellari perfette in circa il 50% del campo apparente a f/5.6 e in oltre l’80% a f/9. Ecco, a dirla tutta una differenza c’è: il Taka ha un campo appena più ampio degli altri (44°) ma altrettanto corretto fino al bordo, inoltre ha mostrato una migliore protezione dai riflessi dovuta con ogni probabilità a una migliore opacizzazione: ad esempio portando la Luna appena al di là del field stop, il Circle-T evidenziava qualche debole riflesso diffuso (è anche l’oculare col trattamento più vecchio e meno efficace), l’Edmund faceva solo un cortissimo e debole baffo di luce, il Takahashi niente, il campo rimaneva pulitissimo come se oltre il field stop non ci fosse nulla.

Nell’osservazione della Luna, di Venere e di Giove i tre Abbe mi sono sembrati in tutto simili, ma i due più recenti hanno mostrato un cielo più scuro intorno agli oggetti e quindi una nitidezza complessiva maggiore mentre il vecchio Circle-T ha penato di più pur offrendo, come si diceva, un campo ugualmente corretto.

Nonostante l’aggettivo che li caratterizza, gli Abbe hanno mostrato comunque una leggera distorsione lineare residua visibile anche sul bordo lunare portandolo alternativamente da un estremo all’altro del campo; nulla, però, rispetto agli oculari usati per confronto (vedi oltre). Assente invece la distorsione angolare.

Mi ha stupito che tutti e tre gli Abbe calzassero come un guanto la superficie focale del Takahashi Sky-90 senza il minimo accenno di sfocatura al bordo del campo (tenuto conto del potere di accomodamento dell’occhio), una caratteristica non riscontrata invece nei Plössl, come vedremo. L’astigmatismo sfaldava l’immagine di diffrazione vicino al bordo a f/5.6 ma non ce la faceva a f/9, a questo rapporto focale la centrica, non intaccata dalla curvatura, rimaneva quasi inalterata fino al field stop. Benissimo corretta la cromatica laterale che invece è il tradizionale tallone d’Achille dei Plössl e anche degli oculari che incorporano un extender.

L’estrazione pupillare di questi Abbe – che fa storcere il naso a chi è abituato ai moderni wide field a pupilla alta – è sufficiente a osservare comodamente, di notte, tutto il campo visivo senza alcuno sforzo, soprattutto nell’Edmund e nel Circle-T che hanno un campo più piccolo. Gli oculari di Plössl, invece, avendo un campo apparente più ampio e un’estrazione pupillare minore, fanno soffrire decisamente di più: in generale io non consiglio mai i Plössl a focali inferiori ai 9 mm, nemmeno l’eccellente Tele Vue da 8 mm, oculare nitidissimo ma la cui scomodità rasenta la tortura anche per chi come me è abituato ad oculari old style.

Passiamo ora ai “rivali”. Il Plössl taiwanese inizia a mostrare immagini stellari sfocate appena fuori dal centro del campo e che al bordo diventano dei palloncini: questo oculare possiede infatti una superficie focale fortemente concava, diversa non solo da quella dell’apocromatico giapponese ma molto diversa anche da quella degli Abbe. Questa non è una caratteristica dei Plössl in generale ma di questo oculare in particolare, come ha dimostrato il confronto con altri Plössl in mio possesso, meno sfocati al bordo. Ho notato che sostituendo l’Extender-Q con la Barlow Zoom Baader, che introduce una curvatura di campo opposta a quella dell’obiettivo (in pratica agisce come un field flattener) la curvatura risultante (ma non la distorsione) viene attenuata. Le immagini stellari e planetarie al centro sono apparse comunque perfette, com’era da attendersi, si tratta quindi davvero di un ottimo oculare per le osservazioni hires di oggetti angolarmente piccoli. Peccato che il maggior campo apparente rispetto agli Abbe non sia fruibile a meno di non impiegare un aggiuntivo ottico o un telescopio con una superficie focale più simile a quella dell’oculare. Nell’osservazione della Luna, inoltre, questo Plössl ha mostrato una distorsione fortissima, sia lineare che angolare, persino maggiore di quella del Vixen LV che da questo punto di vista è tra i peggiori: i crateri e gli altri dettagli della superficie lunare apparivano inalterati solo se portati esattamente al centro del campo. Ottimo invece il contenimento di riflessi parassiti e immagini fantasma.

Il Plössl cinese no-brand se l’è cavata alla grande e ha mostrato di gradire maggiormente lo strumento impiegato rispetto al Long Perng, anche se a prezzo, come vuole l’ottica, di un maggiore astigmatismo extrassiale; maggiore, a parità di distanza dall’asse, di quello degli Abbe. Tuttavia se a f/5.6 astigmatismo e cromatica laterale erano evidenti, a f/9 lo erano assai meno e l’oculare ha dato ottime immagini, nitide e incise a dispetto dell’apparente assenza di coating. Come l’altro Plossl, anche questo evidenziava un po’ di sfocatura andando dal centro al bordo del campo e un po’ di distorsione, ma in misura molto minore. Un pochino di luce diffusa si è palesata nell’osservazione lunare, ma era da attendersi: ho avuto (e ho) oculari più scadenti di questo Plössl pagati dieci o venti volte tanto.

Il Vixen LV 4 si è confermato quell’oculare scomodissimo che è sempre stato nonostante l’elevata estrazione pupillare: non si capisce mai dove bisogna tenere l’occhio senza perdere una parte del campo visivo e senza che l’immagine si colori di blu e di rosso. Per evitare questo problema bisogna tenere l’occhio alla distanza fissata dal paraluce in gomma, ma allora non è più possibile osservare tenendo gli occhiali. La lente dell’occhio tende a riflettere tutte le luci intorno, al punto che in città l’oculare è inutilizzabile se non si mette la testa sotto un telo. Distorsione lineare e angolare sensibili, leggera aberrazione cromatica laterale, dominante giallina. Può essere considerato un rivale degli Abbe ? assolutamente no: nitidezza e contrasto al centro sono molto buoni quindi è sicuramente un buon oculare planetario – io stesso l’ho usato per anni col mio acromatico Vixen 102 – ma oggi rispetto ai più recenti oculari ad alta estrazione pupillare il Vixen LV fa un po’ la figura del fossile.

Rispetto al Vixen il TMB Planetary II è notevolmente più comodo, l’effetto di parallasse è quasi assente, non riflette le luci circostanti, ha poca distorsione e al bordo mostra centriche appena più allungate mentre la cromatica laterale è paragonabile a quella del Vixen (e parliamo di 58° contro 45°…). A f/5.6 le immagini sono buone sulla maggior parte del campo e a f/9 è ancora meglio. Al centro il contrasto è molto buono ma purtroppo l’opacizzazione è carente e genera riflessi e luce diffusa che nell’osservazione lunare sono molto evidenti. Anche questo oculare non rappresenta, secondo me, una valida alternativa agli ortoscopici.

CONSIDERAZIONI FINALI

Gli Abbe si confermano ancora oggi i migliori oculari per hires e da questo punto di vista secondo me non hanno rivali, salvo oculari ancora più semplici il cui impiego è però limitato a telescopi con rapporti focali alti. Il 4 mm Edmund costituisce a mio avviso un ottimo acquisto per chi è interessato all’osservazione di pianeti e di stelle doppie strette, e nonostante la corta focale non è così scomodo come si potrebbe pensare. Il Takahashi dà qualcosa in più ma a un costo che non è proporzionato, e infine chi ancora avesse in casa un T-Japan farebbe bene, a mio avviso, a tenerselo.

I Plössl sono pure oculari interessanti, ma nella focale qui considerata sono eccezionalmente scomodi. Per avere una panoramica un po’ più ampia delle differenza con gli Abbe ho fatto un po’ di confronti ulteriori che non riferisco in dettaglio per non farla troppo lunga. Ad esempio ho preso Il Tele Vue da 8 mm e il GSO da 9 mm paragonandoli con un Taka e un T-Japan, e ho fatto lo stesso col GSO da 12mm, un 12.5 mm senza marchio e di nuovo un Takahashi e un vecchio circle-T, poi coi 18 e 17 mm, ecc.: ne è emerso che gli Abbe sono sempre un spanna sopra i Plössl in termini di correzione fuori asse mentre al centro del campo i due schemi sono quasi sempre indistinguibili, le differenze derivando, come ho già scritto, da come vengono realizzati.

Per quanto riguarda gli oculari a “pupilla alta” di fascia economica (non mi interessa qui considerare i top di gamma, ma a titolo di esempio si può leggere in proposito l’articolo di Bill Paolini sui Baader Morpheus e il mio sui Tele Vue DeLite) oltre a quelli di cui ho riferito sopra ho avuto occasione di usarne altri nel corso degli anni, ad esempio i Paragon ED, i Planetary HR, ecc., ma gli unici che mi sento davvero di consigliare in alternativa agli Abbe sono i Tecnosky ED, che avevo già recensito in questo articolo e che mi erano piaciuti davvero tanto (ne ho ancora qualcuno). Gli altri non mi hanno mai soddisfatto e ho sempre finito per venderli.

RINGRAZIAMENTI: a nessuno perché tutti gli oculari provati appartengono alla mia dotazione personale 🙂