Questo libro è stato pubblicato in inglese per la prima volta nel 1971, mentre il Copyright italiano risale a quattro anni dopo (1975) – il libro è edito da Mursia.
A prima vista questo libro non ha niente di “binoculare”, sembra il classico libro iniziatico, di taglio generico, per possessori di piccoli telescopi.
Eppure basta leggere le prime righe della prefazione per trovare un primo indizio.
Il libro è dedicato infatti
“A tutti gli scrutatori del cielo del passato, presente e futuro e in particolare a G.E.D. Alcock”
George Eric Deacon Alcock, di cui abbiamo parlato nel presentare il libro “L’astronomia con il binocolo” di Muirden, fu un grande osservatore del cielo ed un utilizzatore di binocoli di tutte le dimensioni.
L’autore tradisce la sua vocazione binoculare quando nel primo capitolo vengono illustrati gli strumenti dell’astrofilo.
Sono elencati, secondo la nomenclatura indicata:
- b) un telescopio rifrattore da 50 mm di diametro (25x,50x e 75x)
- c) un binocolo 10×80 con prismi inclinati, campo 7.5°
d,e) telescopi monoculari (d è un cannocchiale di puntamento per artiglieria)
- f) binocolo 7×35
- g) binocolo 8×30
- h) binocolo 6×30
- j) binocolo 7×25
- k) binocolo 6×24
- l) binocolo da campo tipo galileiano
- m) binocolo da teatro di tipo galileiano
Con la lettera a) viene indicato il principe degli strumenti:
un telescopio “binocolare” 25×105, campo 3°, “ex ricognizione militare”.
E un binocolo di questo tipo era proprio lo strumento principale di Alcock, qui ritratto in compagnia del suo fido strumento.
“Il libro delle stelle” conferma il taglio osservativo in tutta la sua struttura.
La parte principale del testo riguarda la descrizione del cielo e delle costellazioni secondo la classica suddivisione (per osservatori dell’emisfero Nord):
- le stelle circumpolari settentrionali
- stelle visibili in primavera
- stelle visibili in estate
- stelle visibili in autunno
- stelle visibili in inverno
seguita da una rapidissima carrellata sul cielo australe.
Le schede delle costellazioni sono molto ben fatte, a una descrizione generale della costellazione, segue un paragrafo sulla mitologia e l’origine del nome, e un elenco degli oggetti più interessanti ricco di notizie riguardanti l’osservazione, le particolarità, le curiosità storiche degli oggetti elencati, tutti alla portata di piccoli strumenti.
Se l’oggetto è alla portata del binocolo, questo viene indicato in maniera esplicita, es. “stella doppia alla portata di binocolo” oppure “ammasso aperto piuttosto debole ma ben visibile con binocoli 10×80”.
La parte meno attraente è costituita dal mini-atlante stellare: mappe dalla grafica un po’ confusa e una stampa di qualità non eccelsa (almeno nella mia edizione) rendono l’uso delle mappe un po’ difficile, soprattutto per gli inesperti.
Non manca un paragrafo destinato alla selezione dell’abbigliamento opportuno per una uscita osservativa, soprattutto per difendersi dai rigori del freddo – la foto esplicativa dell’osservatore binoculare in assetto invernale, devo dire, mi ha sempre suscitato una certa ilarità …
Concludiamo con la nota che troviamo nel paragrafo sulla costellazione dello Scudo:
“In questa regione del cielo si può effettuare un buon rastrellamento della Via Lattea con binocoli grandangolari. Vale anche la pena di sorvegliare attentamente per eventuali “novae”. Il 31 luglio 1970, G.E.D. Alcock scoprì la sua terza “nova”, una stella di magnitudine 6.9, nello Scudo.”
Paolo Morini : nato pochi giorni prima dell’inizio dell’Era Spaziale, ha scoperto il cielo e lo spazio durante la notte dello sbarco dell’Apollo 11. L’imprinting binoculare, irreversibile, gli fu conferito da un binocolo Zenith 10×50 (tuttora ben conservato – prezzo 10.000 lire nel 1970). Il prossimo binocolo sarà il quindicesimo.Si occupa anche di divulgazione astronomica e cura la rubrica del Cielo del Mese per la UAI