Dopo aver raggiunto il minimo solare nel dicembre del 2019, il sole ha iniziato, seppur flebilmente, a incrementare la propria attività. Negli ultimi due mesi, infatti, ho avuto il piacere di ricominciare a osservare il sole “in luce bianca”.
Ho quindi deciso di pubblicare qualche nozione relativa a questo genere di osservazione e di presentare le caratteristiche tecniche del prisma di Herschel Baader Cool Ceramic. Alla fine dell’articolo è disponibile anche un interessante box curato da Raffaello Braga – che si dedica da anni alla ripresa della nostra stella – in cui riassume la sua lunga esperienza con questo performante prisma di Herschel.
L’osservazione in luce bianca
Se il Sole è esaminato attraverso un telescopio a tutte le lunghezze d’onda che il nostro occhio è in grado di percepire, si è soliti dichiarare che si sta compiendo una osservazione in “luce bianca”. Il bianco, infatti, rappresenta la totalità dei colori dello spettro visibile, che come risaputo, vanno dal violetto al rosso.
Osservando il sole in luce bianca potremo quindi ammirare tutti i dettagli presenti nella fotosfera. Ma cosa è possibile scorgere e con quali accessori e strumenti?
I dettagli osservabili
Con l’avvento dei sistemi amatoriali in H-Alpha gli astrofili hanno abbandonato l’osservazione in luce bianca, tuttavia il Sole riserva sempre della soprese e non è raro (nei momenti di grande attività) notare interessanti dettagli sulla fotosfera.
Ancora una volta, come ho spesso avuto modo di ribadire, è meglio avere una buona conoscenza di ciò che si andrà a osservare, piuttosto che un’ottima attrezzatura. Se poi le due caratteristiche si uniranno in concerto, la soddisfazione sarà maggiore.
La granulazione
Chi osserva la granulazione per la prima volta conferma di aver osservato “i chicchi di riso” sul Sole. In effetti queste strutture a basso contrasto sono molto particolari ma anche elusive e richiedono delle ottime condizioni di seeing. Consiglio di usare un visore binoculare per percepirle con maggiore facilità. Pensate che nel momento in cui sto scrivendo circa tre milioni di granuli ricoprono la superficie della nostra stella!
I granuli solari altro non sono che le parti sovrastanti delle colonne di gas che risalgono dalla zona convettiva del sole. La loro dimensione è compresa tra 1 e 5 secondi d’arco, con un valore intermedio di 2.5 “. Sono quindi alla portata di strumenti amatoriali, anche se la mia esperienza con rifrattori da 100 mm e da 130- 150 mm, mi porta a considerare che uno strumento perfetto per osservare con facilità questi dettagli sia un rifrattore da almeno cinque pollici.
Le facole
Sono delle strutture luminose, quasi simili a nuvole che circondano, talvolta, le macchie solari. Le facole sono le regioni in cui si stanno per formarsi le macchie solari anche se la loro genesi, dipenderà dalla potenza del campo magnetico che se fosse troppe debole non permetterebbe la loro nascita e evoluzione:
Di solito, le facole sono osservabili con maggiore facilità quando si trovano ai bordi del lembo solare. Questo perché, a causa dell’oscuramento del bordo, il contrasto tra zone chiare e scure apparirà piu’ marcato. In questo caso consiglio l’utilizzo di rifrattore con un diametro superiore ai 100 mm.
I pori
Non è molto semplice distinguere un poro solare da un granulo scuro. I pori hanno un diametro compreso tra 1 e 5 secondi d’arco, con una media di 2, 3 secondi d’arco. Potrei sintetizzare scrivendo che essi sono piu’ scuri dei granuli ma più chiari dell’ombra delle macchie solari. Sovente la loro durata è di pochi minuti, talvolta i pori piu’ grandi possono rimanere sulla fotosfera per qualche ora.
Più il poro è longevo e maggiore è la possibilità che da esso si sviluppi una macchia solare.
Le macchie solari
Sono i dettagli superficiali della fotosfera piu’ osservati e forse i piu’ conosciuti. Si sviluppano singolarmente o in gruppo e quando osservati a medio-bassi ingrandimenti appaiono circondati da un anello di colore grigio chiaro (la penombra) che circonda una zona molto piu’ scura (l’ombra).
Spesso è anche possibile percepire delle piccole zone luminose “i ponti luminosi” che si sovrappongono all’ombra centrale.
Generalmente il ciclo di vita di una macchia solare è anticipato dalla visibilità (per 7-14 giorni) di una facola, successivamente all’interno della facola si generano dei pori che poi in alcuni casi si svilupperanno sino a formare la cosiddetta macchia d’ombra. Maggiore saranno le dimensioni della macchia e piu’ sarà facile discernerne la penombra.
Le macchie solari piu’ belle da osservare sono quelle più grandi che presentano delle “screziature” nere e grigie nella penombra. Un filtro di Herschel consente di ammirare la reale struttura delle macchie solari che sono composte da zone nere ma anche da zone di colore rosso e marrone scuro, e talvolta da ponti luminosi e filamenti. Seppure sia fattibile osservare le macchie solari con i piccoli rifrattori o con i binocoli 20×80, consiglio di ammirarle con un rifrattore da almeno 120 mm di diametro. L’esperienza visiva ne beneficerà.
I flare in luce bianca
I flare solari sono la manifestazione di una intensa attività magnetica solare che ha origine sulla Cromosfera. Sono bene visibili in H-Alfa ma spesso con la metodologia giusta e la costanza è possibile osservarli anche in luce bianca.
La prima cosa da fare è classificare le macchie solari. Allego una tabella esplicativa con la classificazione di McIntosh.
In linea di massima le macchie solari di classe D E e F possono produrre intensi brillamenti solari.
Inoltre se le macchie appartengono alle sotto-classi “ki” e “kc”, le possibilità di ammirare l’evento saranno maggiori.
Scordatevi quindi di ammirare un flare in luce bianca con mere osservazioni occasionali. Questo è un tipo di osservazione ove si raggiungono risultati concreti con costanza, tempo a disposizione e un’ottima metodica.
È meglio avvalersi di accessori specifici che abbiano una buona trasmissione nel blu, molti osservatori, infatti, prediligono i semplici filtri in Mylar da inserire sull’obiettivo, avvitando nel contempo sul barilotto dell’oculare un filtro blu che “lascia passare” la luce emessa dal flare.
Il telescopio ideale per le osservazioni solari
È possibile osservare il Sole con tutti i telescopi disponibili sul mercato, ma in base allo schema ottico utilizzato ed accessori specifici sarà possibile ottenere dei risultati piu’ o meno soddisfacenti.
La modalità piu’ semplice è di utilizzare uno specifico filtro solare, da applicare davanti all’obiettivo del vostro strumento.
Io, ad esempio, osservo spesso il Sole anche con gli spotting scopes o i binocoli giganti per tale motivo ho auto-costruito dei filtri solari avvalendomi della pellicola Astrosolar venduta da Baader Planetarium e distribuita in Italia da UnitronItalia.
Questi filtri sono in grado di assorbire il 99.999% della luce del Sole. I lati positivi sono la possibilità di utilizzare (quando il seeing lo permette) il diametro del proprio strumento, il conveniente prezzo di acquisto e la loro universalità. Prima di acquistare un filtro solare verificate bene le sue caratteristiche tecniche, controllando ad esempio la densità ottica, ossia la riduzione della luce, riferita come potenza di 10.
Un filtro con densità ottica pari a 5, comporterà una diminuzione della luce solare di un fattore pari a 10 alla quinta, ossia ben 100.000 volte.
Chi volesse sperimentare con i filtri solari potrebbe farlo senza particolari problemi, anche con un telescopio Newton, meglio se a medio-lungo fuoco che avrebbe il pregio rispetto a un semplice rifrattore acromatico di non mostrare aberrazione cromatica. Consiglierei un Newton da 150 mm aperto almeno a F/8 per ridurre la Coma. Strumenti dal diametro maggiore non solo i Newton, potrebbero essere utilizzati con un filtro obiettivo fuori asse.
In questa immagine, estrapolata dal web, ad esempio, potete vedere un classico filtro fuori asse collegato sulla lastra correttrice di uno Schmidt Cassegrain Meade
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Proiezione dell’oculare
E’ una tecnica un po’ anacronistica e la citerò rapidamente. Era già nota nel 1600, dove se ne trova traccia nel libro “Rosa Ursina sive sol” scritto dal gesuità C.Scheiner.
Si deve semplicemente puntare il telescopio privo di filtro verso il sole e proiettare l’immagine del Sole su una superficie bianca. E’ una tecnica abbastanza sicura, purché ci si ricordi di non osservare direttamente il sole o di mettere le mani di fronte al fascio di luce.
E ‘inutile dire che questa tecnica sia attuabile con i rifrattori (meglio non superare i 100 mm di diametro) e con oculari non cementati dallo schema molto semplice ( Ramsden o Huygens) ma anche con i Newton anche se, quest’ultimi risentono particolarmente della turbolenza focale interna peggiorata dal rimescolamento dell’aria calda con la fredda. Impossibile da praticare con i catadiottrici perché si potrebbero danneggiare i componenti interni.
Il prisma di Herschel
La maggior parte dei dettagli visibili in luce bianca sono flebili (a basso contrasto) e per questo motivo la differenza rispetto allo sfondo solare è minima. I ponti solari, ad esempio sono dettagli un po’ ostici da percepire e per questo motivo preferisco utilizzare un telescopio a rifrazione dotato di un valido prisma di Herschel che consente di ottenere delle immagini del disco solare piu’ nitide e contrastate e con meno luce diffusa, rispetto alla mera interposizione dei filtri solari.
Ma quando è nato questo prisma? Vediamolo insieme in questo box di approfondimento curato da Raffaello Braga
Il prisma di Herschel
di Raffaello Braga
L’uso dei prismi in vetro o costituiti da cristalli naturali, conosciuto fin dall’inizio del XVII secolo, venne diffuso in Europa dai missionari cristiani di ritorno dall’Oriente, e in principio questi curiosi oggetti vennero più che altro utilizzati per generare colori e giochi di luci.
Molti scienziati, tra cui Grimaldi e Boyle, effettuarono osservazioni sul fenomeno della dispersione di colori provocata da un prisma attraversato dalla luce, ma il primo studio sistematico si deve a Isaac Newton. In una relazione presentata alla Royal Society il 6 febbraio 1672 (“A New Theory about Light and Colors”) il grande fisico inglese dimostrò come la luce bianca fosse in realtà composta da diversi colori, e come il fenomeno della rifrazione fosse in relazione a questi colori, dipendente cioè dalla lunghezza d’onda della radiazione luminosa incidente. Questo principio è alla base del funzionamento dello spettroscopio e fondamento della spettroscopia, la cui applicazione in campo astronomico ha aperto la strada alla moderna astrofisica. Un altro pioniere nello studio dei prismi fu William Herschel, cui si deve l’importante scoperta della radiazione infrarossa: in un celebre esperimento effettuato nel 1800, Herschel collocò un termometro dietro a un prisma che scomponeva la luce del Sole, osservando che la temperatura misurata dal termometro aumentava sempre più andando verso la regione rossa dello spettro, per raggiungere il valore massimo oltre il rosso, dove l’occhio non percepisce più alcun colore.
I prismi non servono solo a scomporre la luce (nel qual caso sono detti prismi a dispersione) ma anche a rifletterla (prismi a riflessione), e al nome di Herschel è legato un tipo particolare di prisma a riflessione che viene impiegato come elioscopio, cioè per l’osservazione del Sole. A questo scopo il prisma deve riflettere la luce nella stessa misura per tutte le lunghezze d’onda (prismi acromatici) altrimenti l’immagine risultante non sarebbe utilizzabile per osservazioni visuali. Senza entrare nei dettagli (reperibili in un buon manuale universitario di ottica) ci limitiamo a dire che l’elioscopio di Herschel è costituito da una lamina di vetro in cui le due facce principali piane non sono parallele ma formano un piccolo angolo. In base alle leggi della rifrazione, la luce – e quindi il calore – che arriva dall’obiettivo del telescopio viene rifratta per circa il 90% sulla superficie incidente e attraversa la lamina (venendo in parte assorbita dal vetro), mentre solo il 5% viene riflesso a 90° e arriva all’oculare (si veda lo schema).
Dopo anni di immeritato oblio, gli elioscopi o prismi di Herschel stanno tornando di moda E’ già da diversi anni è presente sul mercato europeo un eccellente prisma fabbricato dalla Baader Planetarium di Monaco di Baviera, che utilizza i vetri della casa tedesca Zeiss.
La soluzione della Baader Planetarium: il prisma di Herschel Cool Ceramic
Dopo qualche anno trascorso a osservare il Sole con i classici filtri solari e il successivo acquisto di un “piccolo “prisma di Herschel da 31.8 mm, ho deciso di acquistare da UnitronItalia il prisma “Cool Ceramic” proposto da Baader. Ormai lo possiedo da qualche anno e lo uso con soddisfazione, principalmente con il mio rifrattore alla fluorite Takahashi FS128. Ma quali sono le caratteristiche principali del “Cool Ceramic”?
Inizio con il confermare che questo accessorio è utilizzabile soltanto con i rifrattori. Lo scrivo perché talvolta via e-mail alcuni lettori mi hanno chiesto se fosse possibile utilizzarlo con il proprio Schmidt Cassegrain, Newton o Maksutov. No! Compratelo solo se possedete un rifrattore, non importa se acromatico , ED, semi apo o apocromatico. Serve uno strumento a lenti.
In realtà sarebbe possibile modificare un Newton, sostituendo lo specchio diagonale interno con questo prisma, ma visto che oltre il 95% del calore è liberato dalla parte posteriore del prisma ci sarebbero evidenti riflessioni interne oltre alla formazione di aria calda in grado di creare una elevata turbolenza focale. Non parliamo poi dell’uso con un catadiottrico poiché si danneggerebbe irreparabilmente a causa del calore.
Come anticipato da Raffaello, per la costruzione di questo accessorio, Baader ha utilizzato un prisma Zeiss da due pollici di alta qualità, ottimizzato con un brevetto Baader in grado di eliminare la luce diffusa aumentando nel contempo il contrasto e la nitidezza delle immagini fornite.
In effetti, dalle varie prove pratiche effettuate nel corso degli anni, sono sempre stato in grado- seeing permettendo – di osservare il Sole anche a ingrandimenti superiori a 100X con una nitidezza che non avevo mai raggiunto prima, attraverso l’utilizzo di altri prismi di Herschel più economici e soprattutto con i vari filtri solari testati o acquistati durante la mia carriera di astrofilo.
Il Cool Ceramic è un accessorio modulare come la maggior parte della gamma Baader Planetarium, è quindi possibile collegare vari accessori attraverso il sistema T2. In dotazione sono presenti un naso da due pollici e un portaoculari da due pollici con sistema ClickLock. Con questo sistema “aperto” è possibile collegare anche le macchine fotografiche, adattatori senza particolari problemi.
Essendo simile a un classico diagonale da due pollici, il Cool Ceramic necessita di un back focus maggiore rispetto a un prisma di Herschel da 31. 8 mm. Per questo motivo, alcuni rifrattori che possiedono un back focus limitato potrebbero richiedere uno spessore ottico inferiore per raggiungere la messa a fuoco. In questo caso è necessario acquistare separatamente un portaoculari T2- 08 (ClickLock) e un adattatore T2-27.
Un’altra caratteristica che mi ha portato a scegliere questo prisma di Herschel è il suo interessante sistema di scambiatore di calore ottenuto utilizzando la ceramica.
I comuni prismi di Herschel fanno convogliare l’energia solare fuori dal sistema, attraverso uno specchio angolato. Si deve fare quindi attenzione a non esporre il corpo nel raggio di azione del fascio luminoso perché si potrebbe ustionare la pelle,
Oltre a questo problema, il prisma interno degli “Herschel classici “è soggetto a sporcarsi con la polvere o altri inquinanti.
Nel Baader Cool Ceramic, invece, è stata inserita una lamina metallica traforata che “cattura la luce” e che è ottimizzata con un piccolo pannello di ceramica che sigillando la finestra posteriore, fa diffondere il calore senza provocare danni.
Oltre tutto, il piccolo pannello in ceramica funge da “cercatore solare” consentendo con rapidità e sicurezza di allineare il Sole con il campo divista fornito dall’oculare installato sul nostro rifrattore. Compio spesso osservazioni solari prolungate con il mio cinque pollici e anche dopo trenta minuti di utilizzo non ho mai rilevato preoccupanti aumenti di temperatura nella zona del prisma.
Il prisma di Herschel della Baader Planetarium è proposto al pubblico in due versioni: quella per le mere osservazioni visuali e quella per le osservazioni fotografiche. Io possiedo la prima.
Quali sono le differenze tra le due versioni? Semplicemente la presenza di ulteriori tre filtri ND per la ripresa fotografica. I due filtri in dotazione sono un Filtro ND 3.0 e un filtro Solar Continuum. Il filtro ND specificatamente progettato per l’utilizzo con questo prisma di Herschel abbassa la luminosità solare per consentire di osservare con estrema sicurezza, mentre il filtro dielettrico di colore verde aumenta il contrasto delle immagini solari.
In effetti la differenza di nitidezza e contrasto rispetto all’osservazione con i classici filtri è ben visibile anche dai “non addetti ai lavori”.
Ricordo ai lettori che è possibile rimuove il Solar Continuum ma non è assolutamente consigliabile osservare senza filtro ND, perché l’aumento di luminosità potrebbe rovinare la vista.
Il kit fotografico propone, invece, altri tre filtri ND aggiuntivi
(1.8/1:64; 0.9/1:8; 0.6/1:4) oltre a un sistema supplementare per installarli durante le riprese fotografiche.
A cosa servono? Semplicemente ad aumentare o diminuire la luminosità delle immagini in base alle proprie esigenze e alle condizioni osservative.
Sono anche disponibili degli accessori acquistabili separatamente come i filtri polarizzatori. (da utilizzare soltanto per le osservazioni visuali). È possibile comprare la versione piu’ economica da 31.8 mm da avvitare direttamente all’oculare, oppure la versione da due pollici su oculari dal medesimo diametro del barilotto. Per una maggior universalità d’utilizzo è consigliabile acquistare il filtro polarizzatore piu’ grande e unirlo a un anello riduttore T2-15 (che consente di ridurre rapidamente da 2” a 31.8 mm). In questo modo potrete utilizzarlo senza dove rimuove ogni volta il filtro.
Come anticipato in dotazione è presente un porta oculari Clicklock. Svitandolo sarà possibile collegare, grazie agli adattatori da due pollici e T2, reflex, mirrorless, camere CCD e anche le torrette binoculari proposte dalla Baader, coadiuvate dai correttori di tiraggio.
Insomma un sistema completo e affidabile per osservare il Sole in luce bianca.
Concludo, lasciando la parola a Raffaello Braga e alla sua esperienza pratica sul campo.
L’esperienza di Raffaello Braga
Sono un assiduo osservatore e fotografo solare e uso il Baader Cool Ceramic da una decina d’anni. Ho avuto diversi prismi di Herschel ma il Baader è quello che ho sempre trovato più soddisfacente e versatile rispetto agli altri disponibili sul mercato. I punti di forza del Cool Ceramic sono a mio avviso la qualità costruttiva e la compatibilità col sistema Baader T2. Per quanto riguarda la realizzazione ottica e meccanica ho usato il prisma con rifrattori fino a 150 mm e non ho mai notato problemi di surriscaldamento, e anche con strumenti aperti a f/5 la qualità dell’immagine è sempre rimasta ottima. La possibilità di inserire fino a tre filtri nell’apposito alloggiamento permette di scegliere sempre quelli più adatti alle condizioni del cielo e della ripresa coi CCD. In particolare per le riprese in luce bianca uso un ND1.8 più un Continuum aggiungendo eventualmente un ND0.6 secondo le condizioni di trasparenza del cielo e l’altezza del Sole sull’orizzonte. In visuale è necessario far uso sempre del filtro più assorbente cioé il 3.0, eventualmente aggiungendo un ND0.6 oppure un Continuum.
Anche se il prisma viene fornito con un portaoculari da 2 pollici consiglio di sostituirlo con un portaoculari più corto perché il Cool Ceramic ha una lunghezza ottica significativa e a meno di non usare un rifrattore con molto backfocus ci si potrebbe trovare in difficoltà nel mettere a fuoco con alcuni oculari o nelle riprese al fuoco diretto. Baader fornisce un anello adattatore (#1508035) sul filetto inferiore del quale si avvitano i filtri neutri mentre all’altra estremità c’è un filetto T2 maschio al quale avvitare un portaoculari standard da 31.8 mm.
Il portaoculari di serie va in ogni caso rimosso per l’osservazione con i visori binoculari, che apre tutto un altro mondo rispetto all’osservazione con un solo occhio: il Sole ha infatti luce e contrasto in abbondanza e l’assorbimento dovuto ai prismi non costituisce un problema mentre aumenta considerevolmente la percezione del dettaglio. Con il Cool Ceramic il correttore 2.6x è praticamente obbligatorio con le torrette Baader, bisogna solo trovare la posizione più adatta in cui inserirlo in funzione del backfocus disponibile. Io lo avvito direttamente nel corpo della torretta dopo aver rovesciato il gruppo ottico all’interno del barilotto in modo che la superficie convessa della lente convergente sia rivolta verso l’obiettivo. L’alternativa – senza cambiare l’orientamento del gruppo ottico – consiste nel posizionare il correttore direttamente sopra i filtri alzando il raccordo T2 di qualche millimetro tramite una prolunga alla quale appoggiare il correttore stesso (altrimenti il barilotto andrebbe a urtare i filtri).
Oltre alle riprese in un luce bianca il Cool Ceramic si presta ottimamente anche a quelle col filtro Baader K-line Baader (390 – 398 nm) e col filtro G-band (430 nm) prodotto da Andover. Si tratta di filtri molto scuri che rivelano caratteristiche interessanti della granulazione e delle regioni attive e coi quali il prisma andrà usato senza filtri neutri o al massimo con un filtraggio molto leggero. Questi filtri vanno impiegati esclusivamente in ambito fotografico (a valle del prisma, avvitandoli sul naso del CCD) coi rifrattori acromatici a lungo fuoco o con quei (pochissimi) apocromatici ben corretti alle piccole lunghezze d’onda.
E’ poco noto ma il Cool Ceramic fa passare abbastanza luce da poter essere usato anche col filtro Lunt al calcio: bisogna soltanto rimuovere il blocking filter originale e, tramite qualche raccordo, usare al suo posto il filtro Baader K-line e inserire il tutto nel portaoculari del prisma: con aperture dell’ordine di almeno 10 cm è possibile ottenere delle buone immagini anche in questa regione dello spettro solare.
Raffaello Braga
- Approfondimenti
Per chi volesse leggere un testo ben ideato e in lingua italiana, non posso che suggerire il manuale di Jamey L.Jenkins : “Come si osserva il Sole – metodi e tecniche per l’astronomo non professionista”
- Sito web di Raffaello Braga dedicato alla fotografia solare
https://imagesofoursun.wordpress.com/
Prezzi
Il Kit visuale Baader Cool Ceramic è attualmente disponibile presso lo Shop di UnitronItalia a 462 euro mentre il Kit fotografico costa 530 euro.
Disclaimer
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Piergiovanni Salimbeni è un tester e giornalista indipendente iscritto all’Albo Professionale dei Giornalisti della Lombardia. Si è laureato presso l’Università Statale di Milano con una tesi riguardante : ” I danni da inquinamento elettromagnetico e il caso Radio Vaticana”. E’ responsabile dei siti web: www.binomania.it e www.termicienotturni.it. Pubblica video recensioni sul suo canale YouTube. Dal 1997 collabora con mensili e quotidiani nazionali, sempre nei settori di sua competenza: ottica sportiva, astronomica, fotografica, sistemi per la visione notturna e termica, geologia lunare. Coltiva da sempre la passione per la scrittura, nel 2020 ha esordito con pseudonimo con un editore classico, mentre nel 2022 ha pubblicato su Amazon il suo secondo romanzo “Il Purificatore”, disponibile anche in formato e-book. Nel tempo libero leggi molti libri, pratica tiro sportivo a lunga distanza, fototrappolaggio, digiscoping, fotografia di paesaggio.