Rifrattore Skywatcher 72ED

di Raffaello Braga

Disponibile sul mercato europeo già da quasi un anno e mezzo, il rifrattore Skywatcher Evostar 72ED va ad ampliare la gamma degli apocromatici a doppietto di casa Skywatcher. Oltre a questo tubo si sono recentemente aggiunti il 150 mm, che ha conosciuto subito un immediato successo commerciale, e il piccolo 50 mm, una specie di cercatore di alte prestazioni.

Il tubo del 72ED. La compattezza gli permette di essere utilizzato persino su una montatura da tavolo.

L’Evostar 72ED è un piccolo apocromatico leggero da 420 mm di focale e 72 mm di apertura dichiarata (f/5.8). Ha la solita livrea nera Skywatcher con paraluce bianco, anelli, barra di colore verde e fuocheggiatore micrometrico con innesto da 2 pollici. A corredo viene fornita una comoda valigetta, forse ancora un po’ troppo grande se si tratta di portarsi lo strumento durante una passeggiata, ma robusta. Diagonale, oculari, cercatore e riduttore a 31.8 mm vanno acquistati a parte.

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Il tubo è lungo 42 cm e pesa, con anelli e barra, 1935 grammi. Poiché il paraluce non è retrattile la lunghezza misurata corrisponde anche alla lunghezza di trasporto; per confronto si consideri che un tipico 70ED, di quelli col tubo bianco venduti sotto vari marchi, ha invece una lunghezza di trasporto attorno ai 30-33 cm in virtù del paraluce retrattile e di un tubo – fuocheggiatore escluso – più corto. Nel caso dello Skywatcher il paraluce è inserito a pressione e lo si può pertanto facilmente rimuovere riducendo la lunghezza a 33 cm, ma poi occorre proteggere l’obiettivo con un tappo ad hoc. L’impressione è quella di un tubo che avrebbe forse potuto essere un po’ più corto, impressione poi confermata, come si vedrà, dalle prove sul campo. Il paraluce è chiuso da un comodo tappo a vite in metallo invece che dal solito tappo di plastica con foro centrale.

L’unico diaframma interno trasmette un po’ di luce al bordo. Non è un inconveniente grave, nella stragrande maggioranza delle occasioni sarà innifluente, mentre la luce riflessa sulla superficie interna del tubo fuocheggiatore può essere un problema più serio nelle osservazioni lunari e diurne. Anche qui si può rimediare facilmente con una vernice apposita o un vellutino sottile.

All’altra estremità troviamo un fuocheggiatore tipo Crayford con demoltiplica, un po’ diverso da quello dei modelli superiori ma dotato del consueto sistema di regolazione dello scorrimento. La corsa del tubo mobile è di soli 38 mm (contro i 78 mm dell’80ED), un valore accettabile per un newton ma scarso per un rifrattore. Inoltre l’attacco del fuocheggiatore al tubo non è il solito degli altri tubi Skywatcher e pertanto volendo sostituire il fuocheggiatore sarà difficile trovare qualcosa di compatibile.

Il fuocheggiatore somiglia a quello che equipaggia i newton dello stesso produttore. Il movimento è fluidissimo e la demoltiplica si rivela indispensabile sia nell’osservazione sia nella fotografia.

L’anello portaoculari, dotato di due semplici vitine di serraggio, è lo stesso che equipaggia anche gli altri ED (ha soltanto una lunghezza minore) e che sfrutta la stessa filettatura M54x1(f) presente sul tubo mobile; ma mentre in quei casi è possibile sostituire l’anello col Baader Click-Lock o col Baader Four-in-One, qui lo spessore ottico del sostituto ridurrebbe eccessivamente il backfocus già di per sé non abbondante. Per sostituire l’anello di serraggio è meglio acquistare il portaoculari TS con fascia in ottone (codice TSM54-2 nel catalogo online) che si monta anche sui fuocheggiatori dei Newton Skywatcher serie nera che hanno lo stesso filetto (in effetti si somigliano).

E’ consigliabile sostituire l’anello portaoculari originale (a destra) con quello a sinistra dotato di anello di serraggio in ottone.

Il backfocus dell’Evostar 72ED, dall’estremità del portaoculari da 2 pollici, è di circa 12 cm: non moltissimo, a mio avviso, per un rifrattore che dovrebbe avere una certa versatilità come telescopio trasportabile, cannocchiale terrestre e astrografo. Col mio diagonale dielettrico Astro-Tech da 2 pollici diversi oculari da 31.8 mm non riescono a raggiungere il fuoco nemmeno usando un riduttore a profilo basso. Esempio:

  • Plossl Orbinar 40 mm: SI
  • Plossl Orbinar da 30 mm: NO
  • Tecnosky ED 25 mm: NO
  • Tecnosky ED 8 mm: SI
  • Takahashi LE 5 mm: NO
  • UWA 20 mm: NO
  • Vixen SLV 12 mm: NO
  • Vixen LV 9 mm: NO
  • Baader Hyperion (usando il barilotto inferiore): NO

Con questi oculari è perciò necessario usare un diagonale da 31.8 mm. Per quelli da 2 pollici, invece, inclusi i Baader Hyperion (in questo caso utilizzando la sezione maggiore) non sussistono problemi, soprattutto se sono dotati di lente di Smith che contribuisce a “pescare” il fuoco ed estrarlo. Usando oculari senza lente di Smith, tipo Koenig o Erfle, il fuoco si raggiunge per un millimetro o due e a patto di tenere gli occhiali se si è miopi, altrimenti si arriva in battuta col tubo mobile.

Questa caratteristica si traduce in qualche difficoltà nell’uso del visore binoculare, il quale va innestato su un diagonale di lunghezza ottica non superiore ai 40-42 mm, tipo i Baader T2, e in ogni caso necessita l’uso del correttore di tiraggio più forte (2.6x) essendo quello da 1.7x – anche mettendolo il più vicino possibile al fuoco primario – troppo debole per molti oculari: si riesce a focalizzare con i Tecnosky Planetary ED, ad esempio, ma solo portando alla battuta il tubo mobile; stesso discorso con i Baader Hyperion e sempre a patto, se si è miopi, di tenere gli occhiali. Ho effettuato le prove col Baader Maxbright che ha 110 mm di lunghezza ottica, con visori più “lunghi”, tipo il Mark V, ci vuole necessariamente il correttore 2.6x.

Con lo stesso visore non è stato possibile usare il prisma di Herschel Baader Cool Ceramic nemmeno col correttore 2.6x installato appena sopra i filtri neutri, non sono riuscito a raggiungere il fuoco con nessun oculare. Ci si riesce mettendo il correttore o una lente di Barlow prima del prisma, ma così facendo si espone un elemento ottico alla luce solare non filtrata. Dunque o si fa a meno del visore bino oppure si deve ripiegare sull’Astrosolar e usare un diagonale da 31.8 mm, in ogni caso coi limiti di cui sopra. Si tratta di problemi che non sussistono, o lo sono in misura minore, con gli altri ED di casa Skywatcher e nemmeno con gli acromatici a f/5 dello stesso fabbricante. E’ davvero un peccato che proprio questo piccoletto sia stato penalizzato, bastava che il tubo fosse un po’ più corto per ottenere uno strumento maggiormente fruibile.

Veniamo all’ottica. L’obiettivo dell’Evostar 72ED è un doppietto spaziato in aria che potremmo definire “classico” visto che si tratta di una configurazione ormai diffusissima, anche se i vetri impiegati possono essere i più diversi. A differenza dei “vecchi” 80ED, 100ED e 120ED in questo caso il produttore non dichiara il vetro impiegato per l’elemento a bassissima dispersione – l’altro è un Schott, comunque non meglio identificato – che però, a giudicare dalle prestazioni, non dovrebbe essere molto diverso dal “solito” FPL-53. Il trattamento antiriflesso MHC (Metallic High-Transmission Coating) appare molto efficiente. Le lenti sono trattenute nella cella, non collimabile, dal solito sistema gommino + ghiera filettata.

L’obiettivo è apparso privo di imperfezioni e con un trattamento uniforme. Attorno alla cella è presente un velluto che fa attrito col paraluce perché non si sfili inavvertitamente. Tuttavia il velluto è piuttosto spesso e mettendo e togliendo il paraluce finisce per accartocciarsi. L’ho perciò sostituito con un vellutino più sottile che fa comunque il suo dovere ma non si rovina.

L’obiettivo spaziato in aria. La cella non è collimabile ma all’occorrenza si può intervenire inclinando il fuocheggiatore.

Mettendo l’occhio nel punto corrispondente al fuoco ho notato che il diaframma interno mascherava il bordo dell’obiettivo. Misurando l’apertura libera questa è risultata infatti di 69 mm invece di 72. Una differenza insignificante, dovuta a un banale errore di assemblaggio di questo esemplare, che però da inguaribile perfezionista ho preferito correggere: ho svitato la cella dell’obiettivo e con l’aiuto di un utensile (il tubo è troppo piccolo per infilarvi una mano) ho arretrato leggermente il diaframma di quel tanto che è bastato per recuperare i mm mancanti. A dirla tutta questo è un vantaggio perché in altri rifrattori che ho visto i diaframmi sono fissati permanentemente al tubo, o sono ricavati nel tubo stesso, e se si trovano nella posizione sbagliata non è possibile farci nulla. La collimazione ha richiesto un ritocco, fattibile lato fuocheggiatore dopo aver allentato le viti di fissaggio. Una volta allineato correttamente e puntato su Procione l’obiettivo è apparso molto ben corretto, simile in tutto al mio 80ED Skywatcher di cui possiedo un esemplare particolarmente ben riuscito. Le immagini intra ed extrafocali sono apparse circolari, prive di tensioni e astigmatismo e molto simili tra loro, con anelli ben visibili e definiti in entrambe le posizioni; a fuoco il disco di Airy era bianchissimo. Un debole residuo blu-violetto era visibile per qualche primo d’arco attorno alla stella ma visualmente non dava alcun fastidio (e di primo acchito nemmeno si notava) mentre in fotografia occorre probabilmente correggerlo durante il processing. Anche il bordo della Luna e i confini tra ombre e luci all’interno dei crateri non hanno mostrato colori spuri.

PROVA SUL CIELO (E NON)

Ho osservato la Luna e il Sole, quest’ultimo sia in luce bianca che in banda stretta. In luce bianca ho usato il visore binoculare e un filtro EMC in Astrosolar fotografico ND3.8, attenuando la luminosità con un filtro neutro, oltre a un prisma di Herschel Baader Cool Ceramic (in monoculare per poter mettere a fuoco). Il disco solare è sempre apparso bianchissimo, con la granulazione ben evidente e senza alcuna traccia di colore residuo né al bordo né attorno alle macchie (in questo caso erano le regioni attive AR12740 e AR12741). Molto interessanti sono stati i risultati ottenuti nell’imaging a 396.8 nm con un Daystar Quark Calcium che hanno mostrato uno sferocromatismo molto ben corretto a questa lunghezza d’onda.

Il classico test diurno sull’antenna illuminata dal Sole, ripresa al fuoco diretto con la mia Canon, mostra che l’aberrazione cromatica dell’obiettivo è stata molto ben corretta.

La Luna è un soggetto generoso in quanto a luce e contrasto, ho esperienza di pochissimi strumenti che mi hanno deluso nell’osservazione del nostro satellite. E’ comunque un test interessante perché rifrattori apocromatici non ben corretti tendono a mostrare dei confini meno netti tra ombra e luce e colori residui al lembo illuminato. Lo Skywatcher 72ED ha mostrato delle belle immagini, pur con la risoluzione di un 72 mm, ombre nette e un ottimo contrasto.

Le stelle doppie, anche strette in relazione al potere risolvente (1.9″ con la formula di Rayleigh) sono state ben risolte, con colori saturi e assenza di luce diffusa attorno alle componenti primarie.

Lo strumento va d’accordo con molti oculari ma ovviamente non con tutti. Con i Baader Hyperion (68°) il 72ED fornisce un campo ben corretto eccetto che al bordo, ma considerando il rapporto d’apertura mi sembra un ottimo risultato. Una certa curvatura di campo costringe, tra centro e bordo, ad un aggiustamento del fuoco di circa 1 mm, e risultati simili li ho ottenuti con altri oculari dotati di lente di Smith. Con oculari privi di questa caratteristica, come gli Erfle, i risultati non sono ovviamente molto buoni, un po’ per la coma, un po’ per l’astigmatismo (un Erfle vorrebbe almeno un f/10 per dare buoni risultati) diciamo che il campo corretto arriva a malapena al 70% del campo apparente. Meglio tutti gli altri schemi con l’eccezione dei più semplici.

Ho apprezzato molto questo obiettivo nell’osservazione terrestre, in cui offre un’immagine brillante dai bei colori nitidi e saturi, con poca luce diffusa nonostante l’opacizzazione migliorabile. Per apprezzare maggiormente i pregi dell’ottica occorrono un visore binoculare e un prisma raddrizzatore, pertanto durante le prove ho usato un prisma da 2 pollici Tecnosky a visione raddrizzata davanti al quale ho messo il correttore Baader da 1.25x per poter raggiungere il fuoco. Direi proprio che quest’ottica non fa rimpiangere un ottimo spotting scope, mi spiace solo di non aver avuto a disposizione anche un oculare zoom con cui divertirmi.

ASTROFOTOGRAFIA

A causa del suo piccolo diametro l’Evostar 72ED non è certamente un telescopio votato all’alta risoluzione. A parte l’impiego come strumento solare, telescopio portatile e cannocchiale terrestre, anche questo tubo rientra nell’ormai sempre più numerosa famiglia degli astrografi, soprattutto in abbinamento a un riduttore-spianatore. In commercio se ne trovano diversi, lo Skywatcher porta il rapporto focale a f/4.9 mentre il TS, ad esempio, a f/4.58, ma ve ne sono altri ancora compatibili con questo tubo. Poiché la mia specialità è l’imaging solare e planetario l’amico astrofotografo Andrea Pastore è stato così cortese da fornirmi alcune immagini del cielo profondo che ha effettuato proprio con l’Evostar 72ED e il suo correttore. Alcune di queste immagini sono riportate nel seguito.

CONCLUSIONI

L’Evostar 72ED mi è abbastanza piaciuto ma non ne sono rimasto del tutto soddisfatto. L’ottica è molto valida e ben corretta, l’intubazione è leggera e il paraluce, anche se non retrattile, è rimovibile quindi si tratta di un telescopio che si porta in giro senza problemi, anche in uno zaino o una borsa più piccole di quella fornita a corredo, ed è inoltre utilizzabile praticamente su qualunque montatura o astroinseguitore. Avrei però preferito un’intubazione meglio progettata e più fruibile proprio perché l’ottica lo avrebbe ampiamente meritato.

E’ lecito a questo punto chiedersi se sia meglio lo Skywatcher 72ED o i suoi concorrenti nella stessa fascia di prezzo, diciamo sotto i 400 euro.

Avendo posseduto o provato tanti ED direi che la risposta dipende dall’uso che se ne vuol fare tenendo conto che con quel budget la scelta è ristretta. Se si desidera avere allo stesso tempo un rifrattore ultra-trasportabile, estremamente versatile, di buone prestazioni e ancora ben utilizzabile come astrografo allora il tripletto 60 mm f/6 che ho già recensito costituisce a mio avviso una valida alternativa. Se non si vuole sacrificare l’apertura si possono invece considerare i vari 70 mm ED in FPL-51 o vetri similari venduti sotto svariati brands: l’intubazione è più curata, in particolare lato fuocheggiatore, ma bisogna tollerare un certo cromatismo residuo che può risultare fastidioso in fotografia, meno in visuale.

Il prezzo del 72ED si aggira intorno ai 350 – 370 euro (2019), dipende dal rivenditore. Al prezzo occorre aggiungere, se non si possiedono già, gli accessori e, per l’astrofotografia, un correttore-riduttore. Ringrazio l’amico Andrea Pastore per le immagini del deep sky.